7."Che maleducato"

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Tornai a casa dopo una lunga passeggiata.

Avevo avuto modo di pensare, meditare su ciò che avrei potuto fare della mia vita.

Ero più di una volta stata tentata di raggiungere Luke a casa sua, non avevamo mai litigato prima, ed ero nuova anche in questa situazione, ma poi ci ragionavo su, e constatavo che no, non mi sarei fatta mettere i piedi in testa da uno stupido ragazzino senza un briciolo di buon senso, e, in questo modo, finivo per tornare indietro per poi rifare la medesima strada e, come un'idiota ripetere il tutto.

Dopo due ore di conflitti interiori ero appunto tornata a casa con la determinazione giusta per porre fine a questa scomoda decisione dei miei genitori e quindi, urlare loro dietro di tutto affinché mi lasciassero vivere la mia solita e monotona vita per ancora un paio d'anni.

Ovviamente due ore erano veramente troppe per poter pensare solo a questi due fattori, infatti spesso la mia mente era tornata al 'ragazzo della porta d'ingresso' - così avevo deciso inconsciamente di chiamarlo - e ai suoi bellissimi occhi scuri semplicemente perfetti.

Avevo ormai intuito che si trattasse dell'affascinante cameriere che avevo notato il giorno prima al solito bar. E non potevo fare a meno di pensare che la mia prima impressione su di lui era stata COMPLETAMENTE ed INDISCUTIBILMENTE esatta.

L'unica domanda alla quale non riuscivo ancora a dare una risposta era il perché si trovasse lì, all'ingresso di casa mia.

Non poteva essere amico di Austin: mi era bastato ricordare gli sguardi assassini che gli aveva rifilato quel pomeriggio al centro commerciale.

Non poteva nemmeno essere là per me, come non aveva senso fosse là per i miei genitori.

Intenta nel fare questi pensieri mi ero bloccata davanti alla porta di casa, e appena me ne resi conto lasciai correre, mettendo in primo piano la mia imminente scenata.

Entrai in casa sbattendo la porta e subito mi diressi in cucina dove immaginavo ci fosse la mia famiglia riunita a mangiare.

Varcata la soglia della stanza ero già pronta psicologicamente per alzare la voce, ma la scena che mi ritrovai davanti mi fece rimangiare tutto per far uscire un suono spezzato dalla mia bocca.


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Mi schiarii la gola e attirai l'attenzione dei presenti.

ero lì da qualche minuto e non si erano accorti della mia presenza fino ad allora.

"Ciao tesoro, dove sei stata? Eravamo così preoccupati, ti abbiamo chiamata ma non hai risposto al cellulare. Abbiamo pensato volessi stare un po' da sola così non abbiamo insistito." mi sorrise mia madre.

"Ehm si scusate, avevo il telefono scarico -mentii- sono uscita per fare una passeggiata e ho perso la cognizione del tempo, avevo bisogno di pensare..." dissi alludendo volontariamente al trasferimento.

"Va bene amore, va a lavarti che è pronto in tavola e non dovremmo far aspettare i nostri ospiti.." mi ammonì papà

"sono vecchi amici miei e di tua madre, la famiglia Hood, è da anni che non li vedevamo, e per caso io e David - continuò facendo cenno ad un uomo grassoccio coi capelli bianchi dall'aria molto simpatica - ci siamo incontrati sta mattina dal meccanico e ci siamo messi d'accorto per questa cena improvvisata."

Sorrisi gentilmente all'uomo e mi avvicinai per presentarmi.

"Piacere Maya"

"Piacere mio, sei davvero una bellissima ragazza, se ne vedono poche di semplici come te ormai in giro..." si complimentò mettendomi in imbarazzo.

Lo ringraziai e mi avvicinai alla donna seduta affianco a mia madre, assomigliava molto a qualcuno, ma non ricordavo chi in quel momento.

Mi presentai educatamente e lei fece lo stesso sfoderando un dolce sorriso.

Li congedai per andarmi a lavare il più presto possibile.

Andai direttamente in bagno dimenticando i vestiti da mettere dopo la doccia.

Aprii l'acqua e rimasi lì probabilmente per troppo tempo, dato che, mi sentii chiamare dal piano di sotto.

Rendendomi conto dell'immenso ritardo, mi misi un asciugamano addosso per coprirmi il corpo e, guardando se avevo dimenticato qualcosa nella stanza aprii la porta, ma, appena mi girai per uscire, andai addosso a qualcuno. Era stata ormai la seconda volta in una giornata, stavo diventando davvero sbadata.

Raccolsi la spazzola caduta a terra e vidi quelle due vans nere.

Oh no, non di nuovo...

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Alzai lentamente la testa e lo vidi lì, in tutta la sua bellezza, fasciato da dei jeans neri e una camicia bianca, il tutto incorniciato da un fastidioso, ma adorabile, ghigno stampato in volto.

"Dobbiamo smetterla di incontrarci così" disse per poi porgermi la mano e farmi alzare

"Ehm..si, sc..scusa.."risposi alla sua provocazione.

Odiavo infinitamente la mia timidezza, mi bloccava, in qualsiasi situazione.

"Oh, no, non preoccuparti, è stata colpa mia, non guardo mai dove metto i piedi - si giustificò cambiando la sua precedente espressione provocatoria in un caldo sorriso - che maleducato, non mi sono ancora presentato - mi porse la mano che afferrai titubante - io sono Calum"


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16.09.2015 22.04


Molly :D


HE IS EVERYTHING TO HER (calumhood)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora