CAPITOLO 7 - Figlio di nessuno

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Allo scoccare dell'ora, io e Francis eravamo già pronti per recarci alla nostra prima lezione teorica. Eravamo così desiderosi di scoprire i segreti di quel luogo a noi ancora sconosciuto, da aver preparato il materiale per lo studio con largo anticipo. Tutti i volumi, i blocchi per gli appunti e la cancelleria erano riposti in bell'ordine nelle nostre bisacce, fornitici, così come tutto il resto del materiale per gli studi, Frederick e Sophie.

Gli oggetti all'interno degli zaini, così come i nostri cuori, sbatacchiarono rumorosamente quando discendemmo la scalinata, attraversammo il portico e percorremmo le strade, a quell'ora del pomeriggio poco affollate, nonostante il sole avesse donato agli abitanti di quella dimensione una tregua ed esso avesse fatto spazio alle nuvole e alla brezza fresca.

Accelerammo il passo per timore di fare tardi e di perderci i primi istanti di quella riunione che tanto avevamo bramato. Nel giro di poco tempo, arrivammo alla centrale, sorvegliata, proprio come la prima volta in cui l'avevamo vista, da Esteban e George, piantonati davanti alla struttura di vetro con lo sguardo vigile.

Una volta varcato l'ingresso, chiedemmo al primo dove si sarebbero tenute le lezioni e lui ci invitò a seguirlo con un cenno del capo. Ci scortò per uno dei tanti corridoi verniciati di azzurro e decorati da ritratti di purificatori famosi,  conservati in teche antifurto; scendemmo per una rampa di scale di marmo e, infine, svoltammo a destra.

«Siamo nel posto giusto» ci comunicò Esteban, poggiando le sue mani sulle nostre spalle. «In ogni caso, il mio lavoro è terminato. Buona fortuna, ragazzi.»

Lo salutammo e, colmi di aspettative, ci incamminammo verso il corridoio, dove, in un istante, si erano riversati gli altri ragazzi solo per vedere chi fosse arrivato. Il loro rumoroso vociare, le mani alzate in segno di saluto e i coretti di gruppo mi trasmisero molta allegria e non potei fare a meno di essere loro grata per ciò, perché, in una situazione come quella, un po' di felicità era tutto quello di cui io e Francis avevamo bisogno.

«Siete voi!» esclamò May, venendoci incontro e sorridendoci. «Vi aspettavo. Prego, entrate.»

A seguito di quelle parole, la ragazza ci aprì la porta e, con un gesto delle braccia che sembrava inglobare l'intero ambiente, ci mostrò l'aula pulita, ordinata e profumata di fresco.

Avevo visto uno spazio del genere solo nelle foto. Sembrava uno di quelli utilizzati nelle università dei mortali. Alte gradinate si trovavano nella parte destra dell'aula, mentre, a sinistra, una cattedra di legno non molto lunga copriva la parte inferiore dello schermo su cui  sarebbero state proiettate delle immagini.

Ci guardammo attorno un po' spaesati e, dopo qualche istante di silenzio dovuto allo stupore, ci rivolgemmo a May. «L'altra sera non ci avevi detto che anche tu avresti iniziato i corsi» le feci notare.

«Volevo che fosse una sorpresa» ammise la ragazza, mostrandoci un sorriso timido. «E poi, data la situazione in cui eravate, non mi sembrava importante rifilarvi una notizia del genere.»

«A noi avrebbe fatto piacere!» ribattei. «Eravamo un po' agitati dall'idea di non conoscere nessuno, qui.»

«Farete presto nuove amicizie, ne sono sicura» cercò di rinfrancarci May.

Annuimmo, non sapendo cos'altro aggiungere. Poco dopo udimmo un rumore di passi provenire dal fondo del corridoio. Curiosi di capire chi stesse arrivando, ci affacciammo sulla soglia della porta, così come tutti gli altri.

«Tutti dentro, ragazzi!» ci ordinò lei con una voce simile al cinguettio degli uccelli, tanto era vivace.

Noi ci accomodammo ai nostri posti, in una delle prime file. Com'era prevedibile, io mi sedetti di fianco a Francis e May accanto a noi.

LEGENDS - I guerrieri (DA REVISIONARE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora