Capitolo XII - Visioni Diaboliche

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La risata di Lafayette restò impigliata nella mente di Jim, come un amo in una rete metallica arruginita. Gli sembrò di sentirla graffiare il fondo della sua coscienza, anche mentre ingollava l'ultima birra che aveva in frigo. Era esausto, ma il piglio prepotente del sonno tardava a farsi vivo. Rotolò allora dal letto sfatto al divano e sprofondò nel cuscino, fino a sentire la durezza delle molle sotto le natiche. Puntò il telecomando, devastato dalle cadute e rivestito di nastro adesivo nero contro il televisore e l'accese.

Il bagliore dello schermo gli sbiancò il viso. Saltava tra i canali, frenetico e spazientito, nulla sembrava in grado di afferrare la sua attenzione. Si sentiva divorare da una profonda sensazione di urgenza, come se il tempo non fosse abbastanza veloce a scorrere e lo stesse lasciando marcire, come immondizia sotto il sole. Gli prudevano i polpastrelli, terribilmente. Jim iniziò a sfregarsi le punte delle dita contro i pantaloni del pigiama, cercando di sedare quel terribile fastidio.
Aveva ricomiciato anche a sudare, avvertiva una febbre violenta e bollente cuocerlo da dentro; pensò di alzarsi e andare a rovistare nell'armadietto del bagno ma i suoi muscoli erano molli e sfatti e Jim desistette subito. Si guardò intorno, roteando le palle degli occhi alla ricerca di qualcosa in grado di fiaccare quella terribile sensazione di estranietà ma, anche i vecchi muri di quella casa tanto famigliare, ora gli sembravano ostili. 

Tornò a fissare lo sguardo sulla superficie pallida dello schermo e si trovò a fissare nella stanza buia della vecchia dalle labbra di ciliegia. Il morso rovente che lo attanagliava iniziò a sciogliersi, lasciandolo in una pozza di sudore gelido. Un vago ronzio usciva dalle casse del televisore, cozzando contro le orecchie di Jim. Cerco di sottrarsi a quella vista scuotendo la testa istericamente, ma il sibilò metallico che pronunciò il suo nome lo inchiodò al'istante.

Jim tornò a fissare lo schermo, ciuffi di capelli molli di sudore gli si erano appiccicati alla fronte e alle guance. Qualcosa si muoveva nella stanza buia. Qualcosa sussurrava nascosta in quelle tenebre fitte. Repentina come una schiaffo, una mano sbucò fuori dal buio e si tese disperata verso Jim. Al dito medio portava una fede quella mano, e aveva calli sporgenti sulle punte dei polpastrelli.

"L'altra mano me l'hanno tagliata Jim..." gli disse disperata la voce di sua padre.

"Mi obbligano a mangiarla ogni notte... ogni notte... ".  Piangeva come un bambino.

Poi qualcosa trascinò via il corpo e la mano fu nuovamente inghiottita dalle tenebre. Prima di vomitarsi addosso e svenire, Jim vide comparire sulla soglia della camera la vecchia. Era nuda e rattrappita e si teneva le mani giunte a coppa sotto la bocca. La lingua vermiglia si srotolò di colpo mostrando il marchio incandescente e stavolta Jim lo vide bene, molto bene.

Un nodoso e deforme serpente nell'atto di divorare se stesso, partendo dalla coda.

Poi con un crepitio statico, il telivisore si spense.



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