La luce del giorno era smorta e fiacca. Jim calcava il marciapiede fradicio della pioggia notturna, senza cercare con lo sguardo le crepe. Tirava dritto con gli occhi puntati davanti a se, e quando giunse dove la strada si curvava verso il basso, Jim svoltò risoluto per arrampicarsi fino alla casa di riposo con in tasca una scelta.
Mentre ormai varcava la soglia dell'edificio, un forte vento si alzò di colpo. Come il lembo di un pesante tappeto che viene sollevato da terra, rollò lungo la strada, spazzando le poche foglie che ancora non erano marcite. Soffiava come un mantice quel vento gelido, spingendo la gente a cercare riparo dal suo morso e trascinando grosse nubi livide sopra la casa di cura.
Jim dovette usare parecchia forza per contrastare il polso di ferro del vento e riuscire a chiudere la porta. Solo però dopo essersi passato una mano tra i capelli arruffati e voltatosi verso il corridoio, si rese conto che la vera bufera stava imperversando dentro e non fuori.
I vecchi si riversavano fuori dalle loro stanze come fiotti di vomito convulso, incespicando nelle loro ciabatte logore; sembravano voler fuggire da qualcosa. Erano come ratti a bordo di una nave in procinto di essere ingoiata dalle acque di un mare affamato, che cercano ottusamente un buco in cui infilarsi per sfuggire al loro destino.
Jim, immobile e con la bocca che si andava lentamente allentando spalancandosi, guardava confuso la scena. Non aveva mai visto i vecchi sciamare in quel modo, e ne rimase inquietato. Si rese conto che non aveva la più pallida idea di cosa fare e per un istante considerò seriamente l'idea di battersela. Poi l'energumeno in divisa da infermiere, esplose come un proiettile fuori da una stanza. Jim si accorse con orrore che aveva il viso rigato da graffi sanguinanti e strappi sfilacciati si aprivano sulle maniche pallide della sua divisa; ciò nonostante manteneva la sua espressione granitica, ed anche se a Jim parve di scorgere un barlume di sgomento e paura nei suoi occhi scuri, sembrava ancora del tutto efficiente e motivato a spegnere il più in fretta possibile quella guerriglia grottesca. Jim scollò i piedi dal pavimento e si mosse in soccorso dell'infermiere. Nello stesso momento sentì lo scalpiccio di altre scarpe gommate raggiungerli, forse la sommossa era ormai ai suoi sgoccioli, e Jim era certo che ci sarebbero state pesanti rappresaglie da parte del personale, ma al momento desiderava solamente che i vecchi tornassero ai loro affari sgualciti e ripetitivi e lo lasciassero sgattaiolare dall'altra parte dell'edificio, dalla sua chitarra.
Seguirono attimi di confusione generale, dove le urla si annodavano tra loro. Ci si spintonava per tentare di acciuffare e sedare i più riottosi cercando di non farsi cavare gli occhi. Tentando ora con le buone, ora con le cattive di ripristinare un'ordine che sembrava essersi spezzato, spruzzando schegge di follia che si erano conficcate negli sguardi infiammati dei vecchi.
Jim girava su se stesso, tentando di afferrare un' azione da compiere; sballottato e urtato dai corpi che gli finivano addosso, tentò di focalizzare la sua attenzione su qualcuno in particolare. Notò allora un vecchio che sbraitava alzando le braccia al cielo, aveva la bocca spalancata e nera come se fosse rivestita di petrolio, gli occhi rovesciati a mostrare una sclera lattiginosa e biancastra come albume ed era isolato dal resto della massa, era il biglietto vincente di Jim.
Respiro profondo e via.
Si spinse fuori dal ventre gorgogliante della ressa, cercando di non badare alle mani umide e ruvide che lo artigliavano, agli aliti che puzzavano di pastina scotta e brodo vegetale, alle lacrime che sprizzavano fuori dagli occhi catarrosi del vecchio che gli si riversò tra le braccia inciampando nel tubo del proprio catetere.
Jim tentò di fissare lo sguardo sul vecchio che aveva puntato, era sempre in disparte e sembrava ragliare verso il soffitto e d'un tratto glisembrò una grossa, grossissima cazzata la sua decisione ma, in quel casino non c'era molto altro da fare e poi in definitiva Jim non era mica capitato li per caso, ci si aspettava collaborazione da parte sua in una situazione del genere, quindi, decise di continuare ad arrancare nella direzione prescelta.
C'era quasi ormai.
I corpi frementi erano ormai alle sue spalle e mentre gli infermieri iniziavano ad avere la meglio a colpi di siringhe imbottite di sedativo, Jim si allungava verso il suo prezioso e solitario vecchino.
Gli era quasi addosso quando una mano tenace gli arpionò un braccio. Jim stizzito e sorpreso cercò di strattonare il braccio per liberarsi della presa ma quella resisteva caparbia.
Si voltò allora, certo di trovarsi avvinghiato addosso un decrepito in preda alla frenesia, invece si ritrovò a fissare due umide labbra imbellettate da un rossetto color ciliegia.
Jim rimase appiccicato con gli occhi su quella bocca che fremeva come se stesse mormorando qualcosa; profonde rughe penetravano nelle labbra, sezionandole in tanti piccoli spicchi, rendendole simili ad un copertone consunto e squarciato a colpi di machete. Del rossetto era sbavato, allungandosi oltre il bordo della bocca disegnava un ghigno beffardo sulla faccia pallida e raggrinzita della donna.
La mano di lei ancora stringeva il braccio di Jim e non sembrava volerlo mollare; si fece ancora più vicina, continuando a muovere le labbra, fissando i suoi occhi opachi in quelli di lui. Jim era travolto dal momento, avrebbe voluto staccarsela di dosso come si fa con una ragnatela appiccicosa che ci si incolla alla faccia improvvisamente, eppure una fetta della sua attenzione si era agganciata a quella bocca rossa ciliegia e voleva sapere cosa stesse sussurrando.
Intorno a lui, le urla coriacee dei vecchi si sopivano, le voci concitate degli infermieri si mescolavano sciogliendosi nell'aria, il tempo rallentava come un cuore in procinto di fermarsi e lui si accostò con l'orecchio per carpire a quelle labbra il loro segreto.
Aveva l'alito caldo e puzzolente come la spazzatura lasciata a cuocere sotto il sole d'agosto, ma Jim era curioso, insolitamente curioso e si avvicinò ancora di più.
Il borbottio era serrato e concitato, Jim non riusciva a comprenderne il significato.
Poi di botto la voce della vecchia si accartocciò e si trasformò in un rantolo di sorpresa e terrore. Jim si voltò di scatto, e la vide portarsi una mano alla bocca ancora più infuocata e rossa.
Sangue, tanto sangue le scorreva fuori dalle labbra rotte come se fosse stata colpita da un pugno rabbioso, mollò e riacciuffò il braccio di Jim stringendolo con un vigore disperato, gli si appiccicò all'orecchio teso e con una voce gorgogliante e liquida gli parlò.
- Lesto come un ratto arriva... non senti? NON SENTI? - lo interrogava la vecchia, incalzandolo con la sua voce angustiata. Poi come se qualcosa l'avesse afferrata per i capelli arruffati, Jim vide la testa della donna scattare all'indietro stirandole i tendini del collo. Quella mugolò di dolore, poi la testa le si piegò di colpo da un lato così repentinamente, che Jim sentì lo schiocco secco dell'osso esplodere come una fucilata, poi la vecchia crollò a terra come un sacco troppo pesante per restarsene in piedi. Jim barcollò all'indietro in preda al panico e finì addosso al vecchio che aveva preso di mira. Si voltò di colpo per finire a fissare dentro la bocca annerita di quest'ultimo; la lingua scura si contorceva, i denti consumati e gialli tremavano, e la voce catarrosa del vecchio che lo investì come un vento putrido carico dell'odore di mille carogne arrostite.
- Ti vuole... oh si ti vuuolee! - Il vecchio sembrava canzonarlo sinistramente.
Jim non capiva che cazzo avessero nella testa marcia quei vecchi pazzi, ma prima dipotersi dare una risposta, il vecchio spalancò la bocca e Jim in preda allo sconcerto fu sicuro di vedere in fondo alla gola buia le corde vocali saltare una ad una come quelle di una chitarra suonata con troppa foga.
Jim era già in fuga quando il sangue eruttò fuori dalla cavernosa bocca del vecchio.
Urlava a pieni polmoni e solo quando le sue grida si spensero, lasciandolo in un silenzio colmo di sbigottimento, si rese conto di quanto fossero state alte.
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Disco Inferno (#WATTYS2015)
KorkuL'inferno è sempre in ascolto. Trattiene il respiro, fin quando non sente la giusta melodia. La musica può salvarvi... la musica può dannarvi...