Capitolo XI - Il turno è finito

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Tuffò la faccia nei palmi delle mani colmi di acqua gelida. Il fiato gli si mozzò in gola, mentre lo schiaffo freddo dell'acqua gli ricordava chi era e che ore fossero. Corse a lavoro, portandosi dietro il ricordo confuso degli incubi notturni.

La routine della sua vita, riprese a pompare non appena varcò il portone d'entrata della casa di cura. Jim si lasciò risucchiare da quell'imbuto umido e dolente, senza però lasciare andare la presa sul pensiero di Lafayette.

Le ore si consumarono lente. In una sfiancante monotonia fatta di lamenti e chiacchiere soporifere. Jim si ritrovò persino a desiderare un decesso, almeno per scuotere quella terribile atonia generale. Controllava di continuo l'orologio appeso nella sala della televisione, mentre la sua mente veniva rosa dal desiderio di mollare il lurido scopettone umido e battersela. Fuori dalle finestre opache, Jim di tanto in tanto occhieggiava il cielo. Era carico di pioggia e gravava funesto sopra la casa di cura. L'aria era talmente gravida di umidità, da rendere appiccicoso anche il respiro che usciva dalla bocca di Jim.

Quando la pioggia iniziò a cadere, sottile come aghi di pino, dall'ingresso principale giunsero le voci ancora fresche del cambio della guardia. Jim faceva schifo. Puzzava di sudore come un animale dopo ore di monta frenetica. Il suo turno era finalmente terminato ma, doveva prima fare una rapida visita a qualcuno.

Cercando di non dare nell'occhio si diresse dove la corrente elettrica era solo un vago ricordo. Percorse rapidamente i corridoi sperando di trovare la stanza vuota, sperando che Lafayette avesse alzato i tacchi alle prime luci del giorno.

Niente affatto.

Lafayette se ne stava seduto sullo scheletrico letto, intento ad accarezzare la chitarra di Jim.

"Quella è mia!" Esplose Jim colpito da un attacco di gelosia.

Lafayette alzò un sopracciglio con fare interrogativo.

"Tua? E chi lo ha deciso?" gli chiese sardonico piegando un labbro verso l'alto.

"Io." Rispose perentorio Jim. "Dammi qua." E si avventò verso l'uomo con l'intento di strappargliela dalle mani.

Lafayette non oppose la minima resistenza.

"E adesso leva le tende nonno!" gli intimò Jim.

Ma Lafayette non aveva esattamente quello in programma.

"Me ne vado ma, prima lascia che io inizi bene questa nuova giornata. Suona per me...vuoi?" gli chiese guardandolo fin dentro il fondo degli occhi.

Jim raddrizzò la schiena, alzò il mento in tono di sfida, poi docile come un agnello si sedette accanto a Lafayette ed iniziò a suonare.

"Tu hai talentoJim... un talento innato...e credimi, io posso aiutarti. Non lo diresti ma, ho amici che prendono molto sul serio il mio giudizio." Lafayette soffiò quelle parole dolci come melassa nelle orecchie diJim, che senza rendersene conto aprì il suo viso ad un sorriso orgoglioso.

"Quanti anni hai detto di avere Jim?" Buttò li distrattamente Lafayette.

"Come?" chiese Jim un po' stralunato.

"I tuoi anni!" insisté Lafayette.

"Ah, venticinque." Si affrettò a rispondere Jim.

Lafayette sorrise, sorrise di gusto.


Disco Inferno (#WATTYS2015)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora