"Litighi ancora con George?" mi voltai verso Harry ed alzai un sopracciglio curioso, cercando di capire di cosa stesse realmente parlando.
Ma venni attirato dal colore rosato delle sue labbra, che improvvisamente mi erano parse troppo vicine."George?" chiesi un po' confuso, e la cosa non migliorò affatto, perché la sua vicinanza mi metteva un po' in allerta.
"George, il gallo" fece divertito, sorridendo così tanto da far spuntare le fossette sulle guance.
In un primo momento rimasi immobile alla ricerca del messaggio ricevuto, ma quando capii - dovevo connettere il cervello, insomma - roteai gli occhi al cielo e sbuffai una risata che lo rese imbronciato. "Perché stai ridendo, adesso?" mi riprese. Si tolse un guanto dalla mano e mi pizzicò un fianco con fin troppa energia. Saltai sul posto e cercai di dargli un colpo con i fianchi, ma servì solamente a far barcollare me perché evidentemente le sue ossa sembravano essere molto più resistenti delle mie.
"George? Davvero? Il gallo si chiama George?" continuai a prenderlo in giro, cercando di rimettermi in piedi e non piegarmi ancora dalle risate, pensando a non rompere le uova. Ne tenevo tre in una sola mano ed ero sinceramente terrorizzato di romperle e fare una frittata - oltre a subirmi Willow.
"Qualcosa in contrario?" il naso all'insù offeso e le labbra arricciate. Era davvero carino quando si comportava in quel modo, aveva un non so che di bambinesco che mi inteneriva parecchio.
"Dai un nome a qualsiasi animale qui?" chiesi allora, più curioso, appoggiando la schiena al parapetto del pollaio ed incrociando le braccia.
Si tolse il capello, leccandosi le labbra in un gesto che non mi sfuggì affatto e poi sorrise. "Smettila di prendermi in giro o stasera non ti porto nel mio locale preferito" mi puntò un dito sul petto e mi sorrise, così vicino alla bocca da sentire il suo respiro caldo - troppo caldo - infrangersi contro il mio viso.
Rimasi interdetto e potei giurare di aver scorto delle screziature dorate e nocciola nei suoi occhi, che delle volte parevano addirittura blu. Come avevo fatto ad accorgermi di tutti quei dettagli? Beh, Harry non era di certo uno che passava inosservato... ed i suoi occhi delle volte si illuminavano tutti, incredibile.
"Stasera?" interruppi la mia risata ed i miei pensieri, cercando di capire che razza di idea avesse in mente.
"Sì" rispose con un sorriso.
"Verranno anche gli altri?" la mia domanda gli fece per un attimo storcere il naso. Non riuscii a capire la sua reazione, si limitò a poggiarsi esattamente come me e guardare avanti.
"Ricordi quando ti dissi che di solito vado da solo? Beh" si fermò e si voltò a guardarmi.
Aggrottai la fronte senza capire. Davvero, quel ragazzo delle volte era un vero e proprio mistero. Non riuscivo mai a capirlo, non del tutto almeno. Ed in quel momento era più indecifrabile che mai.
"E' il mio posto, lo conoscono ma non vanno mai. Non è per loro" parve rispondere alla mia tacita domanda - evidentemente troppo esposta nel mio sguardo - concludendo con un delizioso sorriso ad impreziosire i suoi occhi.
"E cosa ti fa credere che sarà il mio?" ed il suo sorriso mi mise davvero inquietudine. Aveva una strana luce nello sguardo, - sembrava urlare, vedrai come ti riduco! Cosa poco consona al momento da pensare - e rimasi a fissarlo inerme e sinceramente terrorizzato dalla qualsiasi cosa uscisse dalle sue labbra.
"Infatti non lo è" si avvicinò ancora più felino verso il mio corpo, inducendomi a strisciare come un verme alla mia sinistra. "Ma imparerai a ballare la Quadriglia, stasera" mi fece l'occhiolino e si leccò le labbra, staccandosi da me e correndo via verso il suo fido destriero - era diventato malinconico il cavallo, da quando ero tornato a snobbarlo? - lasciandomi lì come un povero cretino.
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The Longest Ride
FanfictionLouis è un ragazzo di città, un po' con la puzza sotto al naso e viziato. Ha vissuti tutti i suoi 23 anni di vita a Chicago, ma una bravata spinge i genitori a mandarlo tre mesi in Tennessee, dalla nonna. Non è certo il posto adatto a Louis, abituat...