Buio ecco cosa c'era davanti ai miei occhi. Un immenso futuro ricco di nulla, se non di sacrifici e sofferenze. Avere ventidue anni e non riuscire a scorgere la luce, ti induce a pensare che nulla di buono ti capiterà mai. E quel sorriso che avevo sempre stampato sul volto aiutava.
Aiutava a far credere al modo che tutto andava bene, che i problemi che mi avevano sempre afflitto non esistevano e in alcuni momenti, forse solo attimi, aiutava anche me.
Per alcuni istanti della mia banale vita riuscivo a credere che forse la speranza per me c'era ancora, che nulla infondo era perduto.
Ma un gesto, un suono o anche solo un battito di ciglia, nel frastuono di un locale notturno, mi riportava alla realtà.
Mi circondavo di gente che non mi apparteneva, di facce che avrei voluto il più delle volte prendere a schiaffi e forse ripensandoci, provavo per la loro superficialità, semplicemente della gelosia. Si, perché anche io avrei voluto avere la loro bella vita, i loro sorrisi divertiti, i loro sguardi persi nel futuro.
Amavo e odiavo confondermi con persone lontane anni luce da quello che era la mia esistenza.
Mi aiutava a non pensare l'inferno che vivevo dentro, mi aiutava a credere che forse stando con loro la mia vita sarebbe stata più semplice e la tristezza che avevo dentro avrebbe fatto meno male.
In realtà portavano solo più dolore, altro sale sulla ferita che già bruciava persistente sulla mia pelle.Mi aggiravo come ogni notte nella sala con le luci soffuse del luxury. Accompagnare uomini ricchi ai tavoli era il mio lavoro, che non avrei mai intrapreso se non avessi avuto realmente bisogno di quelle ore lavorative per distrarmi dalla mia vita, non era una questione economica il lavoro era la mia terapia.
Uomini che prenotavano tavoli da tre mila dollari per una sola sera, in quel club per gente di "alto livello", solo per mostrare i loro averi.
La semi oscurità che era sovrana nel locale, oltre a dare al tutto un'area di finta privacy, mi permetteva di nascondere il mio sguardo vuoto e assente, agli occhi dei clienti.
La prima regola che ti veniva detta, quando entravi a far parte dello staff del luxury, era "sorridi sempre".
E in quel momento non ricordavo quando era stata l'ultima volta che avevo sorriso realmente negli ultimi anni, dopo quella notte oscura.
Sorrisi falsi e ipocriti erano tutto quello che mi apparteneva.Donne che accompagnavano e intrattenevano uomini facoltosi erano all'ordine del giorno in quel posto. Tutte preparate per non passare inosservate e curate nei minimi particolari, che nemmeno a pagare oro avresti trovato un buco di cellulite sulla loro pelle perfetta.
Cercavo di ricordare quando era stata l'ultima volta che avevo affidato i miei capelli ad un esperto, quando era stata l'ultima volta in cui mi ero seduta in un salone di bellezza e la cosa strabiliante fu che non riuscivo a ricordarlo.Arrivai al banco all'entrata del locale, dove accoglievamo i clienti, pronta ad accompagnare la prossima combriccola di ricconi senza morale.
"Cara accompagna il signor Chapman al tavolo 4" la voce di Sophia, il mio capo ma soprattutto mia amica, mi fece ritornare nel presente.
"Certo! Prego mi segua". Mi rivolsi allo sconosciuto senza degnarlo di uno sguardo, avanzando verso il tavolo senza preoccuparmi che chi fosse alle mie spalle mi seguisse.Il bello di quel lavoro era che non importava nessuno sforzo fisico, l'unica toppa erano le scarpe con il tacco troppo alte e il vestito troppo corto e stretto.
Una musica lenta e sensuale faceva da accompagnatrice alla serata spensierata che i clienti intendevano passare al club, e alleviava se pur per poco i miei pensieri.
"Questo è il vostro tavolo, potete accomodarvi".
Indicai davanti a me il tavolo di vetro costeggiato da raffinati divanetti in velluto nero.
"È così distratta che non si è nemmeno accorta che sono solo".
La voce profonda che proveniva da dietro le mie spalle mi colse di sorpresa.
Mi voltai lentamente cercando di inventarmi una qualsiasi scusa plausibile, ma quello che uscì dalle mie labbra, quando posai gli occhi sull'uomo davanti a me, furono solo mormorii senza senso.
"Io... io... mi scusi signor Chapman". La mia mente andò completamente in corto circuito alla vista di quell'essere assurdamente affascinante. Aveva il volto girato a tre quarti verso di me, lasciando la parte destra del viso in penombra. Ma anche la vista di un solo lato del suo volto metteva in evidenza la bellezza.
Fui completamente catturata da quello sguardo che riuscii a perforarmi.
La stazza era sconvolgente e il completo sartoriale che indossava metteva in evidenza un fisico asciutto e delineato.
"Non si preoccupi signorina..." allungò la mano verso di me e fu in quel momento che notai, tra la stretta della sua mano sinistra un bastone.
Ero stata così distratta da non accorgermi nemmeno che il cliente aveva difficoltà a camminare, ero andata a passo spedito verso il tavolo, senza preoccuparmi di chi c'era alle mie spalle.Distolsi lo sguardo dalla sua mano per non cadere in ulteriori gaffe e mi presentai. "Rollins, ma può chiamarmi Cara signor Chapman". Mi procurò una strana sensazione alla bocca dello stomaco il contatto con il suo palmo.
Non poteva avere più di trent'anni e pure i suoi modi rispecchiavano esattamente quelli di un uomo di altri tempi.
"Cara" Ripetette il mio nome sussurrandolo e fu quasi come ricevere una carezza.
Fece qualche passo, diretto verso il tavolo per accomodarsi e fu in quel momento che vidi per la prima volta la parte destra del suo viso, che fino a quel momento era stata nascosta dai giochi di ombre che creavano le luci.
Una lunga cicatrice che partiva dalla tempia, passava per il sopracciglio, senza però intaccare l'occhio e finiva sul labbro inferiore, faceva da portabandiera a una serie di altri piccoli segni che incorniciavano la guancia e metà del collo, proprio sotto l'orecchio, dietro la barba appena accennata, che era perfettamente curata.
Non so che espressione si dipinse sul mio volto, so solo che fui completamente sorpresa da quella vista. Come era potuto succedere? Quel viso perfetto rovinato da chi sa quale dolore."Ha visto qualcosa che non le piace?". La voce dell'uomo, che in quel momento era seduto sul divano, che con gli occhi fissava ovunque tranne che dalla mia parte, apparve irritata.
"No, assolutamente signor Chapman" la mia voce risultò tremante e non riuscii più a guardarlo dopo l'offesa che gli avevo recato fissandolo in quel modo sconsiderato.
Non aspettai un secondo in più per andare via, in quel momento avrei preferito scomparire.
Passai il resto della serata a far attenzione a non guardare nella direzione di quell'uomo che aveva suscitato in me sensazioni strane e contrastanti, e tra un pensiero e l'altro pensai che quelle cicatrici lo rendevano ancora più bello.Non so come era potuto succedere, ma quegli occhi mi erano entrati dentro, smuovendo una parte di me che non sapevo esistesse. Forse una risposta c'è l'avevo. Quegli occhi così intensi assomigliavano tanto ai miei. Erano vuoti e spenti.
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Ragazze commentate, fatemi sapere cosa pensate... sono curiosa di leggere le vostre opinioni su questo primo capitolo...
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In The Deep
RomanceQuando credi che la vita non abbia più niente in serbo per te, che valga la pena di essere vissuto... proprio in quel momento arriverà un uragano che travolgerá ogni tua certezza. Porterá con sé gioie e dolori, restituendoti il "senso della vita"...