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Quel profumo l'avrei riconosciuto tra migliaia di fragranze diverse, mi era rimasto impresso tanto quanto l'uomo che lo portava.
Girai lo sguardo seguendo la scia e i miei occhi incontrarono quello che già mi aspettavo di vedere.
Il signor Chapman in compagnia di altri uomini, tutti in completi di alta sartoria, si apprestavano ad accomodarsi proprio nel tavolo di fianco a quello dove avevo appena accompagnato gli ultimi clienti.
Per qualche istante mi persi nei miei pensieri e in quella visione di fascino allo stato puro. Erano passate un paio di settimane dal primo incontro e dovetti ammettere che i ricordi non gli davano giustizia.

Gli occhi azzurri di Chapman, che con molte probabilità si era sentito osservato, cadderò su di me.
Restò per pochi attimi a fissarmi e dall'espressione che gli vidi in volto mi parve di capire che stesse quasi attendendo di incontrarmi da un momento all'altro.
Alzò la mano in segno di saluto, regalandomi un debole sorriso, quello che però fece andare il mio corpo in ebollizione fu la sensualità del suo sguardo.
Presa dal momento, per qualche stupido motivo che non mi seppi spiegare, girai le spalle per andare via senza degnarlo nemmeno di uno stupido sorriso.
Da quando lavoravo al luxury mi era capitato di incontrare uomini belli e affascinanti quasi tutte le sere ma mai mi era capitato di rincretinirmi in quel modo.

Andai da Sophia a revocare i miei trenta minuti di pausa, ne avevo assolutamente bisogno.
Uscii dal retro del locale e mi accomodai sulle scale. Avevo bisogno di prendere area e ficcarmi bene nella mente che quell'uomo non era adatto a me.
Non ero di sicuro alla sua altezza e non dovevo assolutamente lusingarmi per il modo in cui mi guardava, con molto probabilità era solo perché gli facevo tenerezza.
Riuscii a dare solo due morsi al panino, non avevo fame. In realtà era qualche giorno che il mio appetito non si faceva sentire.
Forse perché si avvicinava la data che tanto odiavo.
Presi l'ultima boccata d'aria prima di entrare.
Varcai la porta ripetendo nella mente quello che mi ero imposta, facendo del mio meglio per non guardare verso il suo tavolo.
"Signorina Cara". Fui quasi certa che nell'udire quella voce il mio cure si fermò.
Alzai leggermente lo sguardo per incontrare a pochi centimetri dal mio corpo l'uomo che desideravo senza riuscirmi a dare ragione.
"Non mi dica che non si ricorda di me. Sono certo che un viso come il mio non si dimentica". Era chiaramente un allusione alle cicatrice, ma per me non era di certo quello il motivo per cui il suo viso non si dimenticava.
"Certo che mi ricordo. Signor Chapman, giusto?". Cercai di impostare il tono della voce, non volevo far trapelare l'imbarazzo.
"Giusto". Rispose fissandomi ardentemente negli occhi.
Come diavolo potevo reggere quello sguardo?
Fui la prima a distoglierlo, ovviamente, ma fu lui a continuare il discorso.
"Sono lieto di rincontrarla Cara". "Anche io Signore. Però la prego mi dia del tu".
"Certo come preferisci". Posò di nuovo quel suo sguardo di fuoco su di me e presa da una nuova ondata di imbarazzzo, in automatico, abbassai leggermente il viso .
"Adesso se non le dispiace dovrei tornare a lavoro, la mia pausa è terminata". Guardai l'orologio da due soldi che avevo al braccio, mancava un minuto all'inizio del turno.
Chapman copiò il mio stesso gesto, guardando il rolex che portava elegantemente sul polso sinistro.
"Ti danno solo trenta minuti di pausa su un turno di quanto, sei ore?". Ci misi qualche secondo per rispondere. Non perché non sapessi quante ore lavoravo, ma perché da quello che aveva detto capii che aveva notato la mia assenza dal locale e con molte probabilità si era allontanato dagli amici solo per venire a vedere dove mi ero cacciata.
In effetti cosa ci faceva d'avanti alla porta dell'uscita sul retro?
"In realtà il turno è di otto ore, ma a volte anche di nove. Dipende da quanti clienti ci sono". Mi continuò a guardare quasi come fosse incantato.
"Adoro il suono della tua voce". Le sue parole mi colsero completamente di sorpresa.
Mi sorse un dubbio, avevo sentito bene o era tutto frutto della mia immaginazione?
Dovevo andare via subito, allontanarmi da quell'uomo, che per una come me piteva essere o il più grande dei sogno o il più brutto degli incubi.
"La ringrazio" Parlai con tono di voce sicuro, senza far trapelare nessuna emozione.
"Adesso devo davvero andare. È stato un piacere rincontrarla".
"È stato un piacere anche per me Cara".
Dio quella voce. Era la più bella che avessi mai sentito, ogni volta che l'ascoltavo mi pareva di sentire una melodia.

Ritornai in postazione con cinque minuti di ritardo.
Sophia mi guardò con aria interrogativa, cercando di nascondere un sorriso. Come volesse dirmi -dopo dobbiamo parlare-.
Era passato un anno ormai che lavoravo al club e non avevo mai fatto nemmeno un minuto di ritardo.
Sopratutto non mi era mai capitato di intrattenermi a parlare con i clienti, mi limitavo alle frasi di rito.

Il signor Chapman mi guardò per l'intera serata.
Non fu facile continuare a lavorare con quegli occhi ardenti puntati addosso.
Non che non mi facessero piacere, ma lavorare per due ore in quel modo, per quanto era eccitante, era allo stesso tempo scomodo per una che era fuori dal giro come me.

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