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Andare a lavoro per me era un vero e proprio sollievo, una sorta di terapia. Quel giorno però non fu proprio così.
C'era qualcosa dentro di me che vagava liberamente. Un pensiero fisso che non voleva mettersi da parte nemmeno per il caos di clienti che aleggiava al club. E dopo che Sophia aveva lanciato la bomba "ieri un cliente ha chiesto di te" non potendomi però spiegare di chi si trattava, avevo una sorta di pressione alla bocca dello stomaco. Lavorare con quell' ansia non fu affatto facile.
Poteva essere stato chiunque a chiedere di me, c'erano parecchi clienti abitudinari, ma per ovvie ragioni, speravo che fosse stato uno in particolare.
Mentre accompagnavo i clienti ai tavoli, i miei occhi non facevano altro che girovagare per il locale, alla ricerca di qualcuno. Alla ricerca di lui.
Mezz'ora prima che il turno finisse, avevo ormai perso le speranze di rivedere colui che desideravo poter di nuovo incontrare.
Poco prima di staccare, la mia fortuna volle che Sophia fosse occupata a parlare con uno dei soci sull'andamento del club e il punto di domanda che mi aveva fatto compagnia per l'intera serata era ancora presente.
Mi strinsi nel mio solito giubbino di jeans, salutai Sophia da lontano con un cenno della mano e mi avviai all'uscita.
Quando fui all'esterno la mia testa andò dritta in quella direzione, quasi come se avessi percepito la sua presenza grazie alle vibrazioni che il mio corpo sentiva quando lui era nei paraggi.
"Pensavo ti sarebbe servito un passaggio".
Quella voce, che mi provocava uno strano effetto, era a pochi passi di distanza. Proprio difronte, Alexander era fermo sul marciapiede, vestito con uni dei suoi soliti completi formali.
Un Dio, ecco cosa era! Un Dio Greco...
Quelle imperfezioni erano un inno alla bellezza più pura!
"Chi le assicura che io accetti?". Cercai di apparire sicura di me.
"Nessuno signorina Cara, ma un uomo può sempre sperare che una donna come te accetti un passaggio nel pieno della notte, fino a casa". Una donna come te... Volevo dare un significato a quelle parole, ma era praticamente impossibile per me mettermi a pensare con una distrazione del genere d'avanti agli occhi.
"Può ritenersi fortunato Signor Chapman...".
"Alexander". Mi reguardì.
"Può ritenersi fortunato Alexander, una donna come me, accetta volenti un passaggio da un uomo come te". Non so di preciso dove mi uscirono quelle parole. Forse ero impazzita o semplicemnte quel po' di carattere, che avevo nascosto da qualche parte, rifiorì al momento giusto.
Mettiamola che fui fortunata, perché lo sguardo incendiario che mi restituì dopo quelle mie parole, non lo dimenticherò mai più.
Riuscì in un attimo a farmi sentire donna, desiderata... come non capitava da una vita, come forse non era mai capitato...
La forza di uno sguardo, fatto dall'uomo giusto, per una donna può essere malattia e cura. Fu cura.
Entrai in auto senza aspettare che mi accompanasse allo sportello, sentivo di avere una sorta di confidenza con quell'uomo, quando in realtà lui non mi aveva nemmeno ancora chiesto di dargli del tu.
In un attimo, come se un fulmine mi avesse svegliato dallo stato di shock, mi domandai cosa ci facesse lui fuori al club a quell'ora della notte. Non era stato al locale o semplicemente non l'avevo notato...
Quasi come se avesse in qualche modo intercettato i miei pensieri, rispose alle domande mai pronunciate.
"Mi trovavo a passare di qui. Ho appena finito una sorta di cena di lavoro, che si è dilungata troppo. Mi sei venuta in mente e ho pensato di tentare".
Il pensiero che non era venuto direttamente per me, mi provocò un certo dispiacere. Aveva però anche detto che gli ero venuta in mente, era sempre qualcosa di positivo... almeno si ricordava di me.
"È stato gentile da parte sua". Mi limitai a rispondere.
"Devo però anche ammettere di essermi ricordato a che ora stacchi e forse ho fatto coincidere io stesso tutto". In un attimo sentii le mie guancie andare a fuoco. Anzi tutto il mio corpo era una fiamma rovente. Quello che aveva detto poteva significare solo una cosa. Voleva rivedermi!
"È stato lei a chiedere di me ieri al club?". Mi lanciò un'occhiata sfuggente.
"No". Si limitò a rispondere.
Poi continuò a parlare.
"I clienti domandano di te?". Il tono della sua voce non sembrò tranquillo come era di solito.
"In realtà non è mai capitato. Ieri era il mio giorno libero e qualcuno ha chiesto di me. Pensavo fosse lei". Pronunciai le ultime parole diminuendo il tono di voce per l'imbarazzo.
"Purtroppo sarà stato qualche altro cliente". La sua voce fu molto più rigida nel pronunciare quelle ultime parole. L'area nell'abitacolo prese una sfumatura diversa. Dopo quell'ultima frase restammo un silenzio fino a che l'auto non accostò sotto il mio palazzo.
C'era dell'imbarazzo, lo potevo percepire sulla pelle. Per una strana ragione eravamo diventati di nuovo due estranei, anche se infondo lo eravamo sempre stati.
"La ringrazio Alexander. La prossima volta non si disturbi più ad accompagnarmi..." non feci in tempo a terminare la frase che la sua mano si poggiò delicatamente sul mio viso.
"Cara per me non è un disturbo. Se questo è l'unico modo per rivederti allora penso che non sarà l'ultima volta." In un primo momento non capii bene il significato di quelle parole... Ma il solo aver sentito che voleva rivedermi mi creò una serie di brividi incandescenti.
Avrei voluto rispondere che anche io volevo rivederlo, che stranamente mi capitava di pensarlo quasi tutto il giorno, ma ovviamente non lo feci.
"Allora grazie Alexander". Mi limitai a dire.
Vidi il suo viso avvicinarsi al mio lentamente. L'area sembrava quasi inesistente intorno a noi. Si fermò a qualche centimetro da me, con un sorriso dolce sulle labbra. Volevo baciarlo, volevo che lui avvicinasse le sue labbra alle mie. Non lo fece, deviò la strada lasciandomi un lieve bacio sulla guancia.
"Buonanotte Cara". Sussurrò vicino al mio orecchio.
Restammo per qualche secondo vicini, con i visi che quasi si sfioravano e tutto in torno a noi sembrò fermarsi di colpo. Quel primo contatto fece nascere in me una strana sensazione. Non mi bastava, volevo di più...
"Buonanotte Alexander".
Uscii dall'auto con i suoi occhi puntati sul mio corpo. Quasi potevo sentirne il peso.
Sentivo che quell'uomo mi desiderava tanto quanto facevo io...
Cosa diavolo mi stava succedendo?

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