Alzarsi dal letto con fatica, lavarsi, rassettare casa, uscire a comprare qualcosa da mettere sotto i denti, andare a lavoro, chiamare Becca la mia migliore amica, o scambiare qualche messaggio.
Ecco com'era la mia vita, niente più niente meno.
Un semplice schema che eseguivo tutti i giorni senza particolari deviazioni.Zero emozioni era il mio motto, l'unica sicurezza per non soffrire più.
Provavo sentimenti puri per pochissime persone e una di queste era Becca.
Grazie alla borsa di studio che avevamo ottenuto, avremmo dovuto fare l'esperienza del college insieme. Ma la vita volle che io ci rinunciassi.Infilai svogliatamente il vestitino nero per andare a lavoro. Truccai leggermente il viso con un velo di fard, una passata di mascara e un po' di rossetto rosso che faceva contrasto con la mia pelle chiara. Ravvivai i capelli troppo lunghi e di un castano insignificante passandoci le mani, districando i nodi.
Uscii di casa correndo, come tutte le sere, per non arrivare in ritardo.
Al luxury non erano permessi ritardi, nemmeno cinque minuti erano tollerati.Quattrocentocinque erano i passi che separavano il mio appartamento dalla metro, cinquecentodue quelli che distanziavano la fermata dal club.
Li contavo ogni sera, era una sorta di gioco.
Mai che mi trovassi con gli stessi passi.Le pause di trenta minuti duravano sempre troppo poco, tra un panino mangiato velocemente e qualche frase buttata li con Sophia, che era adorabile (quando non era sotto pressione).
Ritornai in postazione in preciso orario e inizia di nuovo il percorso snervante tra i tavoli.
Ero diventata quasi una macchina, eseguivo gli stessi movimenti senza distrazioni.
Quella notte però qualcosa mi tormentava, non so precisamente per quale motivo, ma cercavo di captare con gli occhi una presenza che purtroppo era assente.
Uno sconosciuto, aveva catturato il mio interesse e non riuscivo a darmi una spiegazione."Attenta!". La voce del cliente al mio fianco mi fece realizzare quello che stava accadendo. Mi prese al volo prima che finissi dritta come uno stoccafisso sul pavimento del luxury. Al diavolo quei tacchi, li odiavo!
"La ringrazio" Parlai all'uomo che aveva evitato che mi catapultassi a terra.
Quando finalmente lo guardai mi resi conto che più che un uomo era un ragazzo, non molto più grande di me. "Dammi del tu" disse con espressione gentile.
Di sicuro era molto carino, con l'area da ricco surfista californiano.
"Certo, come preferisce".
Lo vidi inarcare un sopracciglio."Come preferisci" mi corressi.
In automatico mi nacque un piccolo sorriso."Ecco adesso va meglio" disse mettendo in bella mostra, con un sorriso strappa mutandine, la sua dentatura perfetta.
"Piacere io sono Jack". Allungò la mano verso di me e la strinsi prontamente.
"Cara" dissi guardandolo negli occhi. Per quanto poteva essere bello, in qualche modo non mi suscita nessun tipo di imbarazzo.
"Ovviamente sarebbe inutile chiederti di bere qualcosa insieme".
"Si, sarebbe inutile" risposi sorridendo. Ci stava provando?
Dio! da quanto ero fuori da queste cose?
"Peccato, mi sarebbe piaciuto scambiare due parole con te". Il suo tono mi parve seriamente dispiaciuto. "Anche a me sarebbe piaciuto, ma purtroppo come vedi sono a lavoro". Fui sincera, infondo fare due chiacchiere e sorseggiare gratuitamente dell'ottimo champagne, in compagnia di uno strafigo non era male come idea.
"Allora per questa sera mi accontenterò di guardati". La sua voce divenne più seria, sensuale.
Sorrisi leggermente intimidita o forse solo basita. Mai mi era passato per la mente che uno dei clienti potesse prendermi in considerazione.
"Adesso devo andare, è stato un piacere conoscerti Jack". Parlai in fretta, lanciandogli un gran sorriso per saluto.
"Il piacere è stato mio Cara".
Sentii le sue parole quando ormai già ero di spalle, pronta a raggiungere Sophia."Che fine hai fatto?". Sophia mi parlò con finta area di rimprovero, ammiccando in direzione di Jack.
"Vedo che già sai cosa ho fatto" sorrisi.
"Ragazza tu lavori troppo" sentenziò e non era la prima volta che lo faceva presente.
Da quando avevo iniziato il mio lavoro al club, avevo accettato da subito tutti i turni della settimana e quel solo giorno libero obbligatorio, era un vero e proprio strazio.
La solitudine è bella quando la cerchi, non quando è una perenne compagna della tua vita.
"Sai che sto meglio qui che a casa da sola". Parlai mentre fingevo di essere distratta con la lista dei clienti, per nascondere l'espressione triste del mio volto.
"Dovresti uscire Cara, farti una vita, divertirti. Hai solo ventidue anni, non puoi continuare a vivere così".
Sophia sapeva tutto di me. Le avevo raccontato la mia storia una notte alla fine del turno. Era stata per più di un'ora a sentire le mie parole e ad asciugare le mie lacrime.
Pianse insieme a me, per il mio dolore e mi aiutò in qualche modo a non sentirmi così sola. Almeno per qualche istante.In quel momento realizzai che dovevo smettere di pensare a quello sconosciuto, che con molte probabilità non avrei più rivisto, e soprattutto ricordai a me stessa che non c'era spazio per le emozioni nella mia vita.
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In The Deep
RomanceQuando credi che la vita non abbia più niente in serbo per te, che valga la pena di essere vissuto... proprio in quel momento arriverà un uragano che travolgerá ogni tua certezza. Porterá con sé gioie e dolori, restituendoti il "senso della vita"...