"Ti cammasti?" chiede Ignazio all'amico. (Ti sei calmato?)
Piero lo guarda come se fosse stato in guerra e poi annuisce leggermente.
"Si " borbotta piano "M'ero preso uno spavento enorme" ammette.
Sono in uno dei corridori dell'auditorium e hanno già avvisato tutti dell'incidente di Gianluca e per questo motivo hanno rimandato tutti i concerti della settimana e forse annulleranno anche quelli della settimana avvenire se Gianluca starà ancora male.
Ignazio sorride e da una pacca a Piero "Nun ti preoccupari, sta bene, ora si riprende. La ragazza è stata brava!" dice per rassicurarlo.
"Scusate" mi intrometto io uscendo dell'infermeria.
I due si girano a guardarmi.
"Il vostro amico starà per svegliarsi, vi consiglio comunque di fargli fare un check up completo domani, quando starà meglio." gli consiglio.
"Certo, lo portiamo in qualche ospedale o clinica" concorda Ignazio "Pensi potrebbe avere qualcosa di grave?" chiede preoccupato.
"Penso di no, ma è meglio escludere l'ipotesi di un trauma celebrale e altre complicazioni." spiego.
"Grazie, molte. Sei arrivata al momento giusto!" la ringrazia Piero.
"Di niente. Adesso io non ho più niente da fare qui perciò credo sia meglio andare via" dico.
"Aspetta non vuoi prendere qualcosa, un bicchiere d'acqua, un succo? Mi sembravi agitata pure tu!" dice Ignazio gentile.
"Si infatti, così un succo me lo prendo pure io" dice esausto Piero.
È anche pallido poverino.
"Beh ..."
"Avanti" mi interrompe Ignazio "Senza fare storie, andiamo a prendere qualcosina e poi ti lasciamo in pace per oggi" insiste.
Per oggi?
Sospiro e mi arrendo.
"Va bene" accetto "Controllo un ultima volta Gianluca" dico.
Loro annuiscono "Ci trovi alla fine del corridoio svoltando l'angolo!" dicono e poi vanno via.
Io rientro nello stanzino e noto che Gianluca è già sveglio e si sta guardando intorno.
"C-chi sei?" dice insicuro con un braccio dietro la schiena.
Non si ricorda che l'ho suturato io, il dolore forse era troppo e anche l'anestetico.
"Tranquillo, ti ho ricucito io" dico in termini semplici indicando la sua testa.
"Ah" dice capendo "Scusa"
Scuoto la testa avvicinandomi leggermente "Non preoccuparti. Come ti senti?" chiedo.
Abbassa lo sguardo come per pensare, sicuramente è abbastanza confuso e dolorante.
"Sento la testa pesante e mi fa malissimo" risponde con gli occhi semi chiusi.
Mi avvicino fino a ritrovarmi quasi difronte a lui che è seduto sul lato del materassino e gli osservo il viso con serietà per vedere se si sta estendendo il livido o ne stanno comparendo altri.
Per fortuna quelli che ci sono non sono molto grandi.
"L'effetto dell'anestetico è svanito, potrai prendere degli antidolorifici ma devi farteli prescivere da un medico" dico.
"Ok allora li prendo!" afferma aspettando che faccia qualcosa, come prendere un blocchetto per le ricette.
"Oh, no io non posso prescriverteli, non sono un medico." chiarisco.
"Cosa? Ma mi hai ricucito?" obietta confuso "Aspetta non sei mica una ciarlatana?" dice agitandosi.
Mi viene quasi da ridere.
Certo che ha molta fiducia negli estranei.
"Una che?" dico ridacchiando "No, sto frequentando l'università di medicina e ho una certa pratica. Non cucio teste alle persone perché mi diverto." rispondo.
"Oh, scusa. Scusami tanto io ... Cioè mi agito facilmente!" borbotta mortificato.
Siamo già a due volte che si scusa, è molto fragile.
"Ho notato!" rispondo sorridente.
Lui rimane un pò spiazzato dalla mia risposta decisa.
Io sono così.
Salto i convenevoli.
"Senti, ti conviene stare sdraiato, il mal di testa peggiorerà nelle prossime ore e poi domani starai meglio. Dico a qualcuno di venire qui per farti portare non so da qualche parte .." dico.
"Alloggiamo nell'hotel qui accanto" mi informa.
Non che volessi saperlo.
"Bene! Riposati allora ..." dico.
Lui annuisce e si sdraia come gli ho detto.
Prendo le mie cose e sto quasi per uscire dalla stanza quando mi sento chiamare.
"Anna!"
Mi giro verso di lui.
"Grazie mille" dice un pò insicuro.
Gli sorrido lievemente.
"Di niente" rispondo.
Mi fa un cenno con la mano e lo saluto uscendo dell'infermeria.
Sembrava molto confuso e insicuro e mi fa tenerezza, aveva uno sguardo quasi perso ma al tempo stesso molto dolce e profondo.
E gli occhi ... gli occhi sono qualcosa di particolare, forse sarà il taglio che hanno o forse il colore ma di sicuro c'è ne sono pochi di occhi così in giro.
Aspetta, che sto facendo?
No Anna, abbiamo detto niente più fantasticherie sugli uomini.
Tanto son tutti uguali.
"Ah eccoti pensavamo che Gianluca ci stesse provando come al solito" scherza Ignazio venendo nella mia direzione.
Ecco!
È solito provarci come tutti gli altri.
Non ha niente di particolare.
"No, no! Mi dispiace molto per la cosa da bere, ma mi sono appena ricordata di avere un impegno e devo andare" dico.
Non so perchè ma ho bisogno di rinchiudermi in camera e mettermi a studiare per non pensare.
Lo dico sempre ... pensare troppo fa male alla salute.
Ecco perchè mi ritrovo sempre in situazioni assurde, ma lo sanno tutti che è impossibile fermare i pensieri.
"Ah, certo. Non ti vogliamo costringere. Tranquilla." dice Ignazio.
"Ok, beh vi consiglio di portarlo in un posto tranquillo, mi ha detto che alloggiate in un hotel e sarebbe meglio che dormisse per un pò di ore." dico mentre chiudo la mia borsa che ho lasciato aperta nella confusione del momento.
"Certo. Ci si rivede in giro ..." dice Piero porgendomi la mano e aspettando che mi presenti.
Già sono ore che sono qui e non mi sono nemmeno presentata.
"Anna. Anna Leonardi" dico stringendogli la mano sia a lui che a Ignazio.
Poi di colpo mi blocco.
Aspetta!
Io mi sto presentando solo ora.
Come ha fatto Gianluca a chiamarmi per nome?
Sono sicura di non averlo mai detto...
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Ed eccocmi dinuovo qui a chiedervi come vi sembra fino ad ora la storia?
Io mi sto completamente immergendo in questo nuovo microcosmo e spero anche voi stiate capendo le dinamiche di questa storia.
Detto ciò, vi saluto e vi do appartamento alla prossima...-Jey

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Noi Siamo Amore
Fiksi PenggemarEd ecco che accade l'impensabile. Due vite completamente diverse, due mondi distanti, ma simili e complici si scontrano. Si scontrano fino a capire di non poter fare a meno l'uno dell'altro.