Chapter fifteen

187 25 12
                                    

Megan POV

Finalmente ero a casa, ero tornata all'interno di quelle mura, dove tutto era iniziato, dove da poco mi sentivo realmente parte della famiglia.
Mi guardavo attorno, come se fosse passato solo un giorno dal mio arrivo in questa casa, invece erano capitate così tante cose che era come se fosse passato mezzo secolo.

Poggiai le valigie sul pavimento, era tutto in perfetto ordine, proprio come lo avevamo lasciato; questo significava che nessuno era venuto a farci "visita" durante la nostra breve assenza.
Mi avvicinai al frigorifero e lo aprii, presi un pò di succo e un bicchiere; bevvi tutto d'un sorso cercando di rilassarmi.

Sarei rimasta da sola per un pò, e questa casa sarebbe diventata la mia unica protezione, il mio castello.
Accesi il telefono curiosa di vedere se qualcuno mi aveva cercata.
Avevo un messaggio di Justin; lo cancellai senza nemmeno leggerlo.

Un leggero brivido mi percorse la schiena, sentivo la sua mancanza sebbene non lo vedessi da sole poche ore.
Avevo bisogno di una bella doccia calda, di quelle rigeneranti, che ti fanno stare subito meglio.

Corsi di sopra, dove c'era il bagno mio e di Justin, guardai bene quella stanza prima di dirigermi verso l'altra porta. Ricordai la prima notte con lui, e tra i pensieri più belli apparve anche una macchiolina nera, oscura, rappresentava l'ultima notte che passai con quel ragazzo. Per quanto potessi essere forte, non lo sarei mai stata abbastanza per chiudere i miei pensieri con un lucchetto e lasciarli a marcire dentro la parte più buia della mia mente; avrei tanto voluto che uscissero tutti, anche sottofoma di lacrime, in quel momento poco m'importava il modo in cui sarei riuscita a sfogarmi, ero sola.

Presi l'intimo che mi era rimasto nei cassetti, vista la mia scarsa voglia di aprire la valigia; andai in bagno e mi immersi immediatamente sotto l'acqua tiepida della doccia.
In pochi minuti sentii il mio corpo rilassarsi, lasciai che tutto ciò che provavo venisse fuori; il mio fu un pianto isterico, uno di quelli che non vorresti mai usare nella vita per dare libero sfogo a te stessa, uno di quelli che fanno male, che ti lacerano dentro, nel profondo della tua anima.

Ad un tratto quello sfogo diventò paura, un attacco di panico che mi fece pietrificare sotto il getto d'acqua.
Cercai di respirare più lentamente che potevo.

" Inspira ed espira, inspira ed espira " la vocina insulsa della mia coscienza aveva ragione, dovevo solo calmarmi e sarebbe passato tutto.

Piano piano il battito iniziò a regolarsi, le mie mani smisero di stringersi a vicenda e tutto il mio corpo prese di nuovo il controllo di se stesso.
Uscii immediatamente dalla doccia, avendo paura che potesse ricapitare ancora. Anche se non lo volevo ammettere avevo bisogno di Justin, delle sue parole rassicuranti, delle sue braccia così forti e protettive, capaci di farmi sentire a casa; ma il mio orgoglio non poteva crollare, dovevo rimanere forte, indipedente.

" Gli manchi e lo sai " ed ecco di nuovo quella che era la mia coscienza

" Esci subito dalla mia testa "

" Non posso idiota, sei tu che mi fai parlare "

" Non posso essere io, non posso dire una cosa e poi contraddirmi "

" Lascia perdere, tanto non ci arrivi "

Sbuffai.
Stavo diventando così psicopatica da parlare da sola?

Indossai un asciugamano, lo legai all'altezza del seno e mi buttai sul letto.
Raccolsi i capelli in una coda di cavallo in modo da non bagnare in alcun modo i cuscini, visto che stanotte ci avrei dormito sopra.

" Chiamalo " insistì quella che diceva essere, me.

Scacciai di nuovo quel pensiero.
Ammetto che qualcosa mi diceva di prendere il telefono e scrivergli, ma c'era anche una forza interiore che mi costringeva a rimanere con i piedi per terra, a lui non mancavo, lui era con lei, lui amava e voleva lei, non me.

Revenge - All it's over.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora