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Apro gli occhi.
È notte fonda.
La finestra è spalancata.
Colpa del vento, probabilmente.
L'aria nella stanza è gelida e mi fa rabbrividire fin alla punta dei capelli.
Mi alzo malvolentieri.
E lancio un urlo.
Un gatto.
Bianco a macchie grigie.
Mi osserva.
Vado per chiudere l'imposta, ma una lunga coda impertinente me lo impedisce.
Miagola.
-Va' via! Sció!

Non vuole andarsene.
Prendo la prima cosa che mi capita a tiro - una sciarpa che avevo abbandonato sulla testiera del letto- e provo a cacciarlo.
Spaventato dalla mia aggressività, miagola forte e se ne va.

Sospiro di sollievo, prendo un paio di calze lunghe fin sopra al ginocchio e le indosso.
I miei piedi sembrano due ghiaccioli.
Mi raggomitolo sotto le coperte e chiudo gli occhi.

Sembra impossibile avere un po' di pace.
Un rumore mi fa sobbalzare.
Quel gatto.
Fingo indifferenza, troppo stanca per alzarmi di nuovo.
Infastidito, per ripicca suppongo, inizia a strisciare le sue unghie - o artigli direi io - sul vetro.
Il rumore é insopportabile.
Sono costretta ad alzarmi.
-Vuoi andartene per la miseria?

Sono costretta a parlare a bassa voce per non disturbare, ma vorrei urlare con tutto il fiato disponibile quando con un sobbalzo entra nella mia stanza, ancora miagolando.
Apro la porta e cerco di farlo uscire.
Fa strisciare la coda sui miei piedi.
Ruffiano.

E poi...di scatto afferra l'abito adagiato sulla mia poltrona rosa cipria e scappa via.
Lo maledico in tutte le lingue del mondo e inizio ad inseguirlo.
Sono furiosa.
Stupido gatto odioso.
Spero non abbia distrutto la stoffa con la sua presa goffa.
Amo quell'abito.
Color glicine a costine, aderente sulla vita e svasato in corrispondenza dei fianchi.

Esce fuori, in direzione del giardino.
"Per la miseria! Tutte a me capitano."
L'aria è frizzantina.
In cielo domina una luminosa luna piena, a tratti avvolta da fasci di nubi color blu scuro.
Come drappi di velluto intorno al candido collo di una giovane dama.
Respiro il silenzio e il vento pulito, riempiendomi i polmoni.
Intanto continuo ad inseguirlo.
Non vuole fermarsi.
Mi stringo nel mio cardigan di lana e inizio a correre.
È tardi ed ho sonno.
Mi sento presa in giro da un gatto.
Che nervi.

Ad un tratto, lo vedo svoltare a destra.
Accelero il passo.
Più veloce che posso.
Sono vicina.
Sempre più vicina.
Salto leggermente per afferrare il malcapitato abito e...
Puff.....
Ahia!
Cado a terra.
Sbatto il mento e tutto il lato destro del corpo.
Il gomito ed il ginocchio stanno urlando in aramaico, suppongo.
Il leggero rumore di uno strappo mi arriva alle orecchie contemporaneamente e il mio cuore versa una lacrima.
"Povero vestito".
Sono rossa in viso per la rabbia, per la fatica, per il freddo e...per l'imbarazzo.

Tra tutti i momenti della giornata, perché proprio ora?

Con i capelli arruffati, senza un filo di trucco, con il pigiama a pantaloncini nero con i bordi bianchi ricamati, le calze fin sopra il ginocchio e il cardigan di lana...
Sexy o casalinga disperata?

Mi volto per scappare, nella speranza di non essere vista con il buio della notte dalla mia parte.
Ma...
Mi ritrovo ad implorare tutte le divinità di tutte le epoche e di tutti i Paesi del mondo affinché il mio corpo possa dissolversi o sprofondare e tornare cenere della terra.
-Buonasera, India.

Un dio greco in parte nascosto sotto un grande salice piangente dai capelli biondo scuro e lo sguardo curioso, mi osserva da dietro un paio di piccoli occhiali rotondi in metallo.
Un leggero sorriso gli increspa quelle maledette labbra meravigliose.
Con un scatto chiude il blocco che regge sulle ginocchia.
E si alza.
Io, immobile.
-Buonasera..., Dimitri.

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