Fragile equilibrio

16.2K 645 385
                                    


Capitolo 07


Non appena metto un piede fuori vado incontro all'aria gelida della notte, che mi colpisce con prepotenza e mi spinge a stringermi in me stesso, non avendo altro da stamani che una semplice maglietta a maniche corte. Inizio a sfregare le mani per darmi un po' di sollievo, ma smetto di tremare quando un'inaspettata fonte di calore mi viene posata sulle spalle, che guardo e non posso che rimanere sorpreso da ciò che vedo: ...la sua giacca. Fisso lo sguardo su di essa, passando gli occhi su ogni minimo dettaglio che in questi mesi ho completamente tralasciato, non avendola mai avuta così vicino e per un motivo non ostile; ora invece è qui, sulle mie spalle e mi sta privando del freddo che aveva già cominciato a entrarmi nelle ossa, agevolato dalla stanchezza. La sfioro appena con una mano, immaginando che basti così poco affinché sparisca lasciandomi privo di protezione, ma rimane invece e non mi viene neanche sfilata via e per uno strano caso mi piace sentirmela addosso, pesante e calda come un abbraccio. Un suo abbraccio, non di quelli che mi da per tenermi o afferrarmi, intendo uno vero che non ho ancora ricevuto ...no, basta Stiles! Questo non è un abbraccio e tanto meno il suo, questa è solo una giacca come tutte le altre, se non che appartiene alla stessa persona che ha trasformato in un incubo le mie ultime ore e potrebbe ricominciare.

Apro la bocca verso di lui per dire qualcosa, ma non ne esce niente e per la prima volta non so proprio che dire, ho la testa piena di idee sul fatto che sia stato gentile e che allo stesso tempo possa essere solo un modo per raggiungere i suoi scopi. Ci pensa un brivido di freddo a farmi smettere di pensare e indossare completamente il capo-spalla senza fare storie, chiudendolo bene sul davanti, anche se lo sento troppo grande per il mio fisico più asciutto e minuto, non perfetto come il suo che fa invidia persino alle copertine delle riviste.Comunque, se devo proprio entrare in argomento, ho appena cominciato a sviluppare un po' di muscoli e bisogna dare alla natura un po' di tempo, o a Finstock e ai suoi dannati allenamenti.

Sbuffo guardando in alto, saltellando da un piede ad un altro incapace di stare fermo, di rilassarmi e di resistere alla tentazione di afferrarlo per la maglia e chinarlo su di me, solo per posare le labbra sulla sua fronte e sentire se è caldo. E come al solito mi rendo conto di aver agito dopo averlo fatto... «Ehm... sì, a-avevo ragione» dichiaro piano schiarendomi la gola, continuando però ad avvertire come un nodo, che si presenta ogni volta che siamo vicini. Troppo vicini.

«Su cosa?» mi chiede e subito mi concentro sul suo sorriso, quello che tanto odio e lo sa. Ma lo fai apposta sourwolf? Dillo, maledetto invece di farmi venire voglia strappartelo via, in ogni senso e non sto scherzando. Anche io so essere terribilmente odioso quando mi ci metto, sai?

«Non hai la febbre, sei semplicemente matto Hale. Deve essere di famiglia, secondo me dovresti preoccuparti visto i precedenti, non vorrei ritrovarti a distruggere vetrine di videonoleggi o che so... sexy-shop? Tu li frequenti i sexy-shop? Io non posso, mio padre mi ucciderebbe se ci entrassi e ho la faccia riconoscibile, ci abbiamo provato io e Scott a tredici anni, ovviamente siamo stati scoperti. Ma è anche colpa mia, sai? Non sai quanto sia difficile scegliere fra le varie marche di preservativi, sapevi che ci sono i gusti? I gusti!! Non che abbia mai avuto il desiderio di leccarne uno, ma mi chiedo quello alla cioccolata come sia al sap-ehi, che fai?!!» mi interrompe senza motivo afferrandomi per un braccio che porta dietro la mia schiena, usandolo per spingermi di più a se minacciando il mio autocontrollo, già misero di suo. Ma basta! Non mi ha già confuso abbastanza le idee prima? Un attimo di pietà è chiedere troppo a quanto pare. «Lasciami sourwolf, non sono un giocattolo!!»

Non mi risponde e la cosa mi fa arrabbiare e agitare, ed io odio essere agitato, più lo sono e più combino casini. Voglio solo un minuto per me, non voglio molto se non un momento solo con me stesso per elaborare una contromossa o qualcosa da dire. Spalanco la bocca non per parlare, ma per l'impatto che ho con la parete dell'edificio che si affaccia nel vicolo buio è stretto che è riuscito a scovare ancora, chiedendomi se l'avesse previsto o spuntino volontariamente al suo volere per lasciare che giochi con me. Rilascio l'aria a fatica, costretto fra il muro e il suo corpo, che mi da a malapena modo di respirare. «Der-» non mi lascia neanche pronunciare il suo nome, che di nuovo le sue labbra si avventano sulle mie e con forza cercano un modo di oltrepassarle, riuscendoci senza grosse difficoltà, arrivando a saggiare anche il resto che si arrende subito al suo passaggio.

Remember on RecallDove le storie prendono vita. Scoprilo ora