Capitolo 4

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In casa Hamilton regnava il silenzio, interrotto soltanto dalla biro che picchiettava ritmicamente sul libro di più di trecento pagine di diritto internazionale.

Juliet sbuffò, facendo muovere una ciocca di capelli che era sfuggita dall'ormai disfatta crocchia che si era fatta non appena si era seduta sul divano del salotto, e voltò stancamente pagina nonostante di quello che aveva letto fino a quel momento non si ricordasse niente.

Lanciò uno sguardo all'orologio appeso alla parete di fronte a lei, erano soltanto le tre di pomeriggio e lei era già stanca di "studiare", aveva fame e sete, le scappava la pipì ma era troppo pigra per alzarsi ed andare in bagno.

Chiuse gli occhi cercando di ripetere ciò che aveva appena letto ma i trattati europei in quel momento le sembravano la cosa più inutile e noiosa del mondo. Il telefono che squillò la fece tornare alla realtà.

Guardò confusa il numero del mittente, non salvato in rubrica, e poi rispose.

«Pronto?» disse, appoggiandosi allo schienale del divano ed allungando le gambe, rimaste incrociate fino ad allora, sul tavolino.

«Juliet?»

La ragazza rimase per un attimo in silenzio, cercando di riconoscere quella voce che sentiva lontana e disturbata. «... Sì?»

«Juliet» la voce prima incerta si fece decisa, «sono Harry.»

La ragazza rimase in silenzio, troppo sorpresa per dire qualunque cosa. Harry era l'ultima persona dal quale si sarebbe aspettata una chiamata in un noioso venerdì come tanti.

«Harry Styles, l'amico di Agathe» aggiunse il ragazzo, che interpretò il silenzio da parte di Juliet nella maniera sbagliata.

Lei rise, «so chi sei!» esclamò poi divertita, «vuoi dirmi anche quando sei nato e dove vivi, giusto per farti riconoscere meglio?»

Harry sorrise, «sono nato il primo febbraio e vivo a Friedrichshain.»

«Bene, altro?»

Il riccio sorrise, «sì, domani sera cosa fai?»

Juliet si alzò dal divano e si diresse verso la cucina, «non ne ho idea, perché?»

«Esci con me.»

La ragazza rimase con la bottiglia d'acqua a mezz'aria e il fiato sospeso, poi si lasciò andare in una fragorosa risata. «Stai scherzando, vero?»

«Perché dovrei, scusa?»

Juliet prese un respiro profondo prima di parlare: «non credo sia una buona idea» disse soltanto.

«Non ti sto chiedendo di sposarmi, ma solo di uscire e divertirti un po'. Ci saranno anche gli altri, ti ricordo che è un obbligo a cui devi assolvere» ribatté Harry, fiero.

«Non voglio tornare a casa ubriaca» constatò lei.

Harry sorrise ed annuì, «okay...»

«Né tantomeno fatta. O peggio, ritrovarmi nel letto di uno sconosciuto, senza vestiti, e non ricordarmi niente di ciò che è successo.»

«Tranquilla non ti stupro, non succederà niente di queste cose, prometto» rise il riccio.

Juliet prese un respiro profondo, «allora va bene, accetto. A che ora passi a prendermi?»

Harry fu colto all'improvviso da quella domanda, il fatto è che non ne aveva idea nemmeno lui, «alle nove e mezza» disse poi.

«E come mi devo vestire?»

Il riccio sorrise, «come vuoi, puoi rimanere anche in mutande se vuoi.»

«Ah ah ah» Juliet finse una risata scocciata, «intendevo se elegante o normale, dato che non so dove andiamo.»

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