«Pioverà» disse Scott guardando le nuvole scure all'orizzonte. L'aria era carica di elettricità e poteva già avvertire l'umidità della pioggia trasportata dal vento.
«Ti sbagli, è in arrivo una tempesta. La sento, posso percepire la potenza dei fulmini» rispose Kira preoccupata.
Si mise a sedere sulla coperta e sollevò una mano per accarezzare qualcosa di invisibile persino agli occhi di Scott. Il suo sguardo vagava inquieto tra alberi e cielo e una lacrima le solcò il viso.
Il giovane licantropo si alzò in piedi e camminò fino al ciglio del dirupo per annusare di nuovo l'aria. C'era qualcosa che lo turbava, aveva già sentito quell'odore, così dolciastro da nausearlo, così aspro da intimorirlo.
«Non è solo questo, vero?»
Kira lo raggiunse. «No, c'è qualcos'altro. Sembra una sorta di avvertimento, come se stia per accadere qualcosa di terribile».
«Morte» sibilò lui, mentre il vento smetteva di soffiare.
Lei lo guardò con gli occhi sbarrati, troppo sconvolta per muovere un passo o dire qualcosa, ma poi il suo telefono cominciò a squillare e la suoneria ruppe il lugubre silenzio in cui era caduto il bosco, riscuotendola.
«Pronto? Sì, sto bene» mentì, il cuore ancora martellante. «Sono con Scott, sì al solito posto... Mamma, io...» sospirò «va bene, a dopo».
«Che succede?» le avvolse un braccio attorno alle spalle con il solito fare protettivo.
«Mia madre dice che la tempesta potrebbe avere uno strano effetto su di me» sospirò ancora una volta guardandosi la punta delle scarpe.
Scott ci pensò su, mordicchiandosi le labbra.
«Mmh, quindi potremmo dire che questa è... la tua luna piena?» chiese incerto.
«Sì, qualcosa del genere. Ecco perché ho paura di non riuscire a controllarmi. E se fossi io la portatrice di morte stanotte?» disse, sempre più agitata. O meglio, terrorizzata. Il cuore di Kira batteva veloce come le ali di un colibrì e dai suoi occhi scuri, carichi di lacrime, traspariva tutta l'apprensione e le incertezze accumulate nel tempo.
Scott avrebbe fatto qualunque cosa per aiutarla, ma la ferita di Kira era interna e invisibile, niente che i suoi poteri potessero assorbire o curare. Non si sentiva così impotente dall'ultima morte a cui aveva assistito...
«Ehi, non ti preoccupare» le posò un bacio delicato a fior di labbra. «Ti riaccompagno a casa, lì sarai al sicuro e tua madre saprà cosa fare» disse, ostendando una sicurezza che però non aveva.La moto fendeva l'aria leggera, rombando per la strada che costeggiava il bosco. Quando arrivarono a casa di Kira il vento aveva ripreso a soffiare forte, mentre la temperatura era scesa al punto che il loro fiato si condensava in bianche nuvolette. Noshiko li stava aspettando sulla soglia, le braccia conserte e lo sguardo severo puntato su entrambi. La situazione doveva essere più grave di quanto avessero immaginato.
«Vuoi che resti con te?» chiese Scott togliendosi il casco.
«Sarà una notte difficile per Kira, non ha bisogno di altre distrazioni» disse la signora Yukimura, con un tono che non ammetteva repliche.
«Mamma!» protestò la ragazza «Lui è...»
«Il tuo alfa, lo so. Tuttavia non ha le conoscenze necessarie a gestire una Kitsune, sono certa che capirà».
In quel momento anche il padre fece capolino dall'ingresso, lo salutò con un cenno della testa e si rivolse alla figlia: «Kira, vieni, è tardi!».
«Mi dispiace» gli sussurrò Kira sfiorandogli le labbra.
Scott ebbe appena il tempo di abbracciarla prima che sparisse dietro il portone e l'ultima cosa che vide furono gli occhi chiari e luminosi di Noshiko.
Avrebbe voluto portare via Kira con sé, ma era fin troppo responsabile per fare una cosa così stupida, quindi si costrinse a rimettersi in sella alla moto e tornare a casa da solo.
Un profondo senso di inquietudine gli afferrò la gola nel momento esatto in cui varcò la porta, come se una mano invisibile cercasse di strangolarlo. Sentiva Kira sempre più distante, una figura sfuggente, la proiezione di un sogno non destinato a durare. I suoi poteri erano un flusso di energia in perpetuo mutamento, l'aura della Volpe diventava più grande ogni giorno che passava, così come la sua forza e la sua aggressività.
Avevano rinunciato alle serate con il resto del branco, dopo l'ultima volta in cui aveva quasi infilzato la mano di Lydia con una forchetta mentre discutevano di un film. La colpa della banshee era stata di aver riso troppo rumorosamente a una battuta fatta da Scott.
Da quella sera maledetta vedeva di rado la ragazza dolce e un po' timida di cui si era innamorato, sostituita da un'altra Kira, che stentava a riconoscere nel suo cupo mutismo, nei suoi esplosivi accessi di rabbia. I loro incontri, sempre più sporadici, erano per lui un'incognita, non sapeva mai chi si sarebbe presentato all'appuntamento, se Kira o la Kitsune.
Un fulmine squarciò per un breve istante il crepuscolo e Scott sentì il cuore stringersi. Non sapeva in cosa consistessero gli allenamenti di Noshiko, le aveva chiesto più volte di parlargliene, ma lei aveva sempre glissato sull'argomento, come fosse una cosa di poco conto. Il che gli faceva presupporre il peggio.
Tossicchiò per scacciare il nodo che non voleva saperne di sciogliersi, aprì il frigo in cerca di una birra, ma trovò solo delle tristi lattine di cola sottomarca.
Era un licantropo, aveva affrontato mostri di ogni genere, il suo corpo si rigenerava al punto che gli era impossibile ubriacarsi, eppure non era libero di bere una birra!
Nel momento in cui chiuse lo sportello rischiando di romperlo, qualcuno iniziò a bussare con insistenza e, dai colpi poderosi e familiari, non gli riuscì difficile intuire chi fosse.
«Ehi, Liam!» sorrise al visitatore inaspettato dandogli una pacca sulle spalle che lo sbilanciò in avanti.
Liam Dunbar, il suo beta, il fratello minore che non aveva mai avuto. Un mezzo sorriso di compiacimento gli illuminava i grandi occhi blu, mentre tra le mani aveva la sacca sportiva e una grossa busta di carta.
«Ehi, Scott!» gli fece eco «Scusa l'ora, spero di non aver disturbato» si sollevò sulle punte per guardare alle sue spalle.
«Tranquillo, niente donne stasera. Mia madre ha il turno di notte e Kira... be', lei è con i suoi genitori» disse, una lieve nota stonata alla fine della frase.
«Ho qui delle birre con cui non ci ubriacheremo, patatine e Xbox. Serata da veri uomini?» Liam inarcò le sopracciglia e corrucciò la bocca.
«Dai entra» gli disse Scott ridacchiando.
Come poteva dirgli di no? Avere lì il suo beta gli dava una certa dose di sicurezza, lo faceva sentire a casa.
Ed era così che si sentiva quando tutti erano insieme: a casa, in famiglia. Il branco era il suo porto sicuro, l'insenatura che lo teneva al riparo dagli scogli impedendogli di affondare nell'oblio dell'oscurità che lo avvolgeva. Non poteva dimenticare la folle frenesia che lo aveva colto nell'ultima battaglia per proteggerli, la bramosia di squarciare la gola dei sicari e sentire scorrere il sangue tra i denti e fra gli artigli. Quando si trovava da solo, nel buio della sua stanza, il ricordo del piacere provato in quel momento lo atterriva. Cosa sarebbe accaduto se lo avesse assecondato? Di una cosa però era certo, senza di loro avrebbe ceduto, non ce l'avrebbe fatta.
Liam si gettò a peso morto sul divano in salotto, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
«Stiles non c'è?» chiese mentre armeggiava con la cerniera del borsone, tirandone fuori cavi e controller.
Scott si chinò e prese la console per collegarla al televisore.
«No, ci siamo visti stamattina, ma poi non l'ho più sentito. Ultimamente è molto impegnato con Malia, cerca di insegnarle a essere umana e cose del genere».
Spegnere il cervello e accendere la console. Aveva davvero bisogno di una serata da adolescente e così il beep prodotto dalla Xbox lo gratificò come un punto segnato a lacrosse.
Liam nel frattempo aveva piazzato un pacchetto di patatine gigante al centro del divano e, quando Scott prese posto, gli porse una birra aperta.
«Al penultimo giorno di libertà! E a Scott, che nonostante l'età e l'esperienza, pensa che Stiles faccia davvero l'insegnante» esclamò con la bocca piena, facendo tintinnare le due lattine.
«Ma è vero!» rispose l'altro con scarsa convinzione.
Liam gli rivolse uno sguardo serio, il più serio del suo repertorio e, senza interrompere il contatto visivo, si cacciò in bocca un'altra manciata di patatine. Con le guance gonfie come quelle di uno scoiattolo e le briciole su tutta la maglietta continuò a guardarlo con la stessa espressione e poi entrambi scoppiarono a ridere.
«Va bene, hai ragione, ma io volevo...»
«Certo che ho ragione! Quale pazzo farebbe diversamente? Brindo anche a Stiles e Malia» portò alle labbra la lattina semivuota e tracannò l'ultimo sorso.
La partita di Left 4 Dead stava per iniziare.
«Stavo pensando,» disse poi, mentre orde di non-morti invadevano la schermata «se un giorno saremo sul lastrico, intendo dei completi falliti, potremmo comunque guadagnare partecipando a squallide gare di bevute con ricompensa al vincitore»
«Sì» rispose Scott falciando uno zombie a metà e spaccando il cranio a un altro «potremmo partecipare anche ai combattimenti clandestini, magari in Messico».
Stavano giocando da pochi secondi e Liam aveva già fatto fuori molti più zombie di lui. Era un quindicenne, videogiocatore incallito e con i riflessi di un lupo mannaro, cosa avrebbe potuto fare contro quella combo micidiale?
«Intendi come animali?»
«Ovviamente! E stasera al lato sinistro c'è El Destructor, il pollo più feroce di Acapulco eeee sul lato destro troviamo Scott McCall, il lupo mannaro. Chi la spunterà? Vi prego pubblico, un po' di calore per i due sfidanti!»
Liam fece il verso della folla in delirio, senza perdere la concentrazione sullo schermo e poi scoppiò di nuovo a ridere, trascinando anche Scott.
La serata proseguì tranquilla su quella scia, tra zombie uccisi senza pietà, snack di dubbia origine e fiumi di birra ghiacciata.
La tempesta alla fine era arrivata in tutta la sua violenza e molto spesso cali di corrente avevano interrotto le loro sessioni di gioco. Di tanto in tanto, quando un tuono più forte degli altri rimbombava minaccioso, il pensiero tornava a Kira e allora Scott sospirava rabbuiandosi.
Liam ebbe il tatto di non fargli domande, mai nemmeno un accenno, forse per non rovinargli l'umore o forse semplicemente perché non era interessato a conoscere ogni dettaglio della sua vita.
Dopotutto erano parte di un branco, non di un club di comari.
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L'odore della Morte || Teen Wolf Fanfiction
Fanfiction[COMPLETA] Quando una violenta tempesta si abbatte su Beacon Hills, Lydia ha una visione di sangue e morte che la porterà a fare una scoperta sconvolgente: nuove creature strisciano nell'oscurità pronte ad attaccare in cerca di vendetta. Nel frattem...