Capitolo XIV - Ibrido

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L'odore dolciastro e nauseabondo della Morte le aveva riempito le narici e si era piantato in un angolo della sua mente come un parassita putrescente e, se chiudeva gli occhi, poteva quasi sentire i suoi tentacoli avvinghiarle i pensieri.
Si sentì soffocare e fu costretta ad alzarsi dal letto, come se il solo fatto di camminare e guardare fuori dalla finestra potesse liberarle il petto dal peso delle sue responsabilità. Asciugò il sudore dal viso con il bordo della canotta e portò indietro i capelli scuri, poggiando la fronte contro il vetro.
Le strade della città erano deserte, la luce dei lampioni si rifletteva sull'asfalto umido e sulle pozzanghere lasciate dalla pioggia battente; un nuovo giorno stava nascendo dietro le spesse nuvole grigie e già cariche di pioggia.
Aveva freddo, la temperatura era calata di molto negli ultimi giorni, e il suo respiro si condensava appannando la finestra; sfregò le mani sulle braccia nude per scaldarsi, ma il sudore le aveva incollato addosso una patina ghiacciata. Gettò uno sguardo dietro di sé, sul letto dove Derek continuava a dormire, coperto dalla vita in giù solo da un lenzuolo.
Quella era la seconda alba da quando Corinne era morta, il secondo giorno che sorgeva da quando la Caccia Selvaggia le aveva fatto visita. Si era presa cura di lui - dopo che era quasi morto a causa dello strozzalupo - ed erano bastate poche ore di stretto contatto perché l'istinto e i suoi sentimenti repressi prendessero il sopravvento.
Scott era stato la dolcezza del primo amore adolescenziale, a modo suo lo amava ancora, ma non poteva più negare ciò che provava per Derek. Un amore maturo, un amore bruciante e insostenibile.
Un imprevisto sulle strade di entrambi che aveva il potere di distruggerli, pensò.
Doveva andare via da lì, era arrivato il momento di affrontare da sola i propri demoni.
Indugiò sul suo viso per qualche attimo, voleva imprimerlo a fondo nella sua mente prima che fosse troppo tardi, poi raccolse in fretta i vestiti sparsi sul pavimento e uscì di soppiatto dalla stanza.
Stava per aprire il portone d'ingresso, ma una presenza alle sue spalle glielo impedì.
«Kira...» la chiamò con voce roca, mettendo una mano sulla sua spalla.
«Dove stai andando?»
«Mi dispiace Derek, non posso più restare» disse, scostando la mano dalla sua spalla con freddezza.
Derek sospirò, la mandibola serrata e gli occhi stretti in due fessure.
«Credevo che le cose fossero cambiate dopo ieri sera».
«Io non... non so cosa...» balbettò incerta.
«Basta così, non dire altro» disse secco.
Kira si lasciò sfuggire qualche lacrima, incapace di contenere anche quelle emozioni, ma le scacciò subito via e lo guardò negli occhi risoluta.
«È stato solo uno sbaglio».
Vide qualcosa incrinarsi in lui, ma poi il suo cellulare squillò nella stanza accanto e Derek andò a prenderlo senza degnarla di un ulteriore sguardo.
«Pronto?» lo sentì dire con voce fiacca.
«Derek! Presto, dovete venire tutti a casa di Deaton, è urgente!»
«Liam aspetta, cos'è successo?»
«Riunione straordinaria, fate presto, non posso dirvi altro» disse il ragazzo e poi riagganciò.
«Hai sentito?» le domandò brusco raggiungendola.
«Sì».
«Allora mettiti una giacca e chiama gli altri, vi aspetto in macchina. Avrai tempo per le tue pagliacciate da eterna indecisa un'altra volta, promesso».
Guardò la schiena di Derek e avvertì l'angoscia nel petto concretizzarsi in un grosso grumo nero, qualcosa che premeva di uscire, un fardello che non poteva più reggere da sola.
«Derek aspetta, ti prego. Devo dirti una cosa...»

*


La casa di Deaton mostrava ancora i segni della battaglia, le finestre erano state coperte da assi di legno, alcuni mobili e i tappeti erano stati gettati via, mentre sul pavimento stazionava malinconica una grossa macchia di sangue secco.
Malia non riusciva a smettere di guardarla, sentiva che quella macchia era anche dentro di lei. Uccidere sua madre l'aveva danneggiata a tal punto che, se non fosse stato per Stiles, l'avrebbe seguita all'inferno.
Non aveva avuto il coraggio di tornare a casa e guardare Henry negli occhi, vedere la sua reazione alla notizia che aveva ucciso ancora. Lui l'aveva già perdonata per aver distrutto la sua famiglia, temeva che avesse esaurito tutte le scorte di comprensione e perdono per il resto della sua vita.
Era quindi rimasta chiusa nella cantina con Stiles, aveva pianto per due giorni, unendosi a lui con il corpo e con il sangue per affogare il dolore nel piacere. Sapeva che Stiles l'aveva assecondata tutto il tempo per non farle del male e per questo provava disgusto verso se stessa.

L'odore della Morte || Teen Wolf FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora