Capitolo XII - Alfa Puro

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Fu difficile lasciare l'abbraccio freddo di Stiles e risalire in superficie, in quella piccola cucina dove tre paia di occhi la stavano aspettando.
«Malia» la chiamò con fermezza Deaton, «vieni a sederti».
Lo sceriffo doveva essere andato a lavoro e in casa erano rimasti solo Alan, Scott e Derek. Suo cugino era in piedi, appoggiato al piano cottura con le braccia conserte, mentre gli altri due erano seduti al tavolo. Scott la squadrava con una punta d'astio, ma Malia non si lasciò intimorire e prese posto proprio accanto a lui con indifferenza.
«Be', di cosa volevate parlarmi?» chiese scontrosa.
Il druido fece un sospiro e intrecciò le mani sul tavolo pensieroso.
«Stasera ci sarà la luna piena» cominciò, ma lei lo interruppe quasi subito.
«Ho già imparato a controllarmi, quello che è successo a Stiles non ha cambiato le cose».
«Non si tratta di Stiles, né di te, almeno non direttamente» intervenne Derek avvicinandosi.
Era preoccupato, glielo leggeva sul volto stanco e nella mandibola serrata.
«Stiamo parlando della Lupa del Deserto» disse Scott secco, mandando al diavolo tutti i preamboli. «Deaton sa che per riavere i suoi poteri deve ucciderti in una notte di luna piena e, dopo quello che ti è successo con quei mercenari, abbiamo motivo di credere che sarà stanotte».
«Con tutte queste morti inspiegabili la tua passerebbe inosservata» confermò il druido.
Malia restò per un po' in silenzio a soppesare le loro parole, poi disse:
«Fatemi indovinare, volete che io mi nasconda da qualche parte per impedirmi di incontrarla?»
«No» Derek scosse la testa. «Di sicuro ti sta tenendo d'occhio e non c'è modo di nasconderti senza che lei lo sappia, quindi tu dovrai restare visibile e fare da esca».
Malia allora balzò in piedi, facendo cadere la sedia a terra, e batté le mani sul tavolo.
«E poi? Voi la uccidete mentre io resto a guardare in un angolo?!»
Anche Scott si alzò in piedi e le diede una spinta per farla voltare verso di sé.
«No, Malia! Te l'ho già detto, noi non uccidiamo nessuno! Avere questi poteri non ci dà il diritto di decidere chi vive e chi muore!»
«E cosa vuoi fare, portarla alla polizia?! Con quale accusa e quali prove?»
«La porteremo ad Eichen House, così come abbiamo portato Peter e...»
«Così come porterete me quando vi farà comodo, giusto?! La famigliola riunita!»
«BASTA!»
L'urlo cavernoso di Derek li fece sobbalzare e calò il silenzio.
«Questo è il piano e tu dovrai attenerti alle nostre direttive, è chiaro?» disse rivolto a Malia.
«Perché voi siete gli Alfa?»
«Già, e tu invece sei a malapena una Beta».
«Non per molto!» esclamò Malia e fece per uscire dalla stanza, ma Derek le afferrò un braccio con tale impeto che si sentirono le sue ossa scricchiolare.
«Devi imparare a rispettare le gerarchie».
Nonostante il dolore al braccio, Malia lo guardò con fiera strafottenza.
«Vaffanculo».


*



Da quanto tempo non dormiva? Giorni, settimane? In quel momento le sembrarono anni.
Il caffè aveva smesso di far effetto da parecchio tempo, ma le regalava l'illusione di poter chiudere il sonno in una tazza e berlo in un paio di sorsi scuri e amari.
Isaac era seduto sul divano, Cora stava invece in piedi al centro della stanza e parlava fitto fitto al cellulare con qualcuno, probabilmente Derek.
«Be', ci sono novità?» chiese quando la vide mettere il telefono in tasca.
«Sì. Io e Isaac abbiamo la serata libera, mentre tu devi restare qui in attesa di, non so, nuovi ordini, credo» si strinse nelle spalle con la solita indifferenza.
Alla notizia il ragazzo balzò in piedi entusiasta e prese la giacca.
«Non ricordo nemmeno da quanto tempo è che non ho la serata libera!»
«Meno male, ne saresti sconvolto» Cora gli fece l'occhiolino e ridacchiarono complici.
«Scusate, ma non vi sembra strano che proprio in un momento così delicato Derek decida di darvi la serata libera? Non ha dato nessuna spiegazione o...?»
«Chi, Derek? Oh, andiamo! Ormai dovresti conoscerlo abbastanza da sapere come funzionano le conversazioni con lui» rispose Cora.
«Sì, ma io intendevo dire...»
«So cosa volevi dire» la interruppe Isaac. «Anche noi siamo preoccupati, ma il punto è proprio questo: stasera o domani potremmo essere morti, quindi dobbiamo sfruttare al meglio questi pochi momenti di... chiamiamola normalità, ok?» sorrise rassicurante.
Kira prese fiato per dire qualcosa, ma poi ci ripensò e abbassò lo sguardo alla tazza di caffè.
«Va bene» annuì, «se avete bisogno di me, chiamatemi. E mi raccomando, occhi aperti».
«Sì, mamma» Cora le fece la linguaccia, mentre Isaac la trascinava fuori, scuotendo la testa divertito.
Quando fu certa che i due fossero usciti dallo stabile, prese il cellulare e cercò il nome di Derek nella lista delle ultime chiamate. Soppesò con gli occhi le poche lettere del suo nome e stava per premere il tasto verde della chiamata, quando una folata di vento gelido la fece rabbrividire. D'istinto si voltò verso la vetrata e vide che la portafinestra era aperta.
Poggiò il telefono sul ripiano della cucina e, con il cuore in gola, andò a chiuderla.
Vide che il tramonto, ormai vicino, era stato coperto da una coltre di nuvole scure e minacciose, mentre l'odore nell'aria era lo stesso che aveva sentito l'ultima volta che era stata nel bosco con Scott.
La Morte era vicina e pronta a reclamare anime per ingrossare le fila del suo corteo.
Non c'era nessuno fuori sul balcone, ma uno scoppio violento sul tetto le fece saltare il cuore in gola. Guardò il telefono per un momento, incerta sul da farsi, poi un secondo scoppio la convinse ad agire subito senza chiamare Derek.
Avrebbe dovuto cavarsela da sola.
Indossò la giacca, prese la katana e salì in cima al tetto, pronta ad affrontare qualsiasi cosa fosse arrivata lì. Il vento freddo le frustò il viso, scompigliandole i capelli scuri, Kira si guardò intorno, la spada salda tra le mani, ma non c'era traccia di nessuno.
Abbassò la guardia e fece per tornare indietro, quando un terzo scoppio a pochi passi da lei le rivelò cosa stesse accadendo: fulmini, che si abbattevano come bombe sul palazzo.
Ci fu un quarto fulmine e dopo una nebbia fitta e chiara si addensò attorno a lei, non lasciandole scampo. Non vedeva quasi più, era come nuotare dentro un bicchiere di latte, puntò la spada davanti a sé, girò su se stessa più volte, nel vano tentativo di non farsi cogliere di sorpresa, poi un coro di voci le riempì la testa con una forza tale da metterla in ginocchio. Urla e flebili sussurri, uniti insieme per riferire un solo messaggio.
«Mano, ricordati qual è il tuo compito. Ricorda qual è il tuo posto».
Kira piantò la spada a terra e si aggrappò ad essa, mentre le lacrime minacciavano di uscire.
«Io ho fatto tutto il possibile» disse, ma le voci esplosero infuriate.
«NO! La Caccia reclama l'anima perduta del ragazzo! Compi il tuo destino o accetta le conseguenze».
«Quali conseguenze?» chiese in allarme, ma non ricevette risposta.
Un vortice di aria fredda la investì e in breve la nebbia venne spazzata via.
Rimasta sola, Kira provò un terrore incontenibile, corse giù per le scale a rotta di collo e, senza fiato, si richiuse la porta alle spalle con un brutto tonfo.
Guardò il loft vuoto, il silenzio era un ronzio assordante che le riempiva le orecchie, e allora comprese quali fossero le "conseguenze".

L'odore della Morte || Teen Wolf FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora