Fiato bollente sul collo, dita sottili a stringerle i fianchi e calore che si diffondeva in milioni di scintille dal ventre al resto del corpo.
Lei e lui erano niente, non esistevano, non avevano più un nome o un'identità, erano la somma delle loro sensazioni e dei loro respiri affannosi, che si intrecciavano in una dolce sinfonia.
Lei non si curava delle unghie conficcate nel materasso né del ritmico incontrarsi e scontrarsi dei loro corpi.
Lui non faceva caso al caldo, al sudore che gli imperlava la fronte, né ai crampi alla schiena.
In un lampo di lucidità, Malia si sentì felice e la paura la colpì al petto come una freccia. La vita le aveva insegnato un'importante lezione: la felicità si paga a caro prezzo.
Emise un gemito soffocato, ma Stiles lo interpretò come un verso di insoddisfazione. La fece sollevare e la intrappolò in un abbraccio possessivo, facendo aderire la schiena di Malia al suo torace. Le baciò il collo, succhiando e mordendo la pelle salata, mentre con una mano iniziava a massaggiarle il seno e con l'altra scendeva giù sul ventre e poi più giù, strappandole un grido.
Malia si appoggiò alla sua spalla, le palpebre socchiuse e la fronte aggrottata. Immerse le mani tra i suoi capelli umidi e Stiles le catturò le labbra famelico.
Ogni loro contatto era più intenso e diverso dal precedente, ogni volta sembrava fosse l'ultima.
Era come se volessero consumarsi a vicenda, non c'erano mezze misure, quando le loro labbra si toccavano davano vita a un incendio difficile da spegnere.
Si staccò quel tanto che bastava per guardarlo in viso, negli occhi una richiesta implicita.
Tra loro funzionava così, le parole non servivano, era sempre stato tutto un gioco di gesti e sguardi.
Stiles si fermò, il petto che si alzava e abbassava frenetico, lasciandola libera di muoversi. Lei allora girò su se stessa e si stese sul materasso, inducendolo a fare altrettanto.
Lui la scrutò senza sfiorarla, reggendo tutto il proprio peso sulle braccia. I sensi di Malia erano troppo annebbiati per riuscire a capire cosa si celasse dietro la sua espressione enigmatica.
Si era persa.
La sensazione di freddo e mancanza la fece rabbrividire, si morse le labbra e sospirò, cingendogli i fianchi tra le gambe, ormai incapace di controllarsi.
Stiles si passò una mano tra i capelli e poi riprese a baciarla, le mani che si muovevano bramose dal viso, al collo, alle spalle. Quando entrambi furono di nuovo a corto d'aria, ripercorse con la bocca la strada tracciata dalle dita, baciò la pelle tesa tra i seni, si soffermò su di essi, li assaporò come fossero due soffici e deliziosi dessert, lambendoli con calma e dedizione.
La sua eccitazione premeva sulla coscia di Malia, lei la stuzzicò con i polpastrelli e sentì il sorriso del ragazzo allargarsi mentre avvolgeva un capezzolo tra le labbra.
«Stiles...» gemette inarcando la schiena.
Stiles si puntellò sui gomiti. Gli occhi velati dal desiderio e le labbra rosse e gonfie, la guardò con tale intensità che, quando scivolò dentro di lei, Malia singhiozzò sorpresa.
«Sei bellissima» sussurrò con voce spezzata, carezzandole il viso «Io... vorrei che non... finisse»
«Non finirà... non deve finire»
Stiles iniziò a muoversi lento e deciso e il mondo intorno a Malia prese a sfumare, i contorni sempre più sfocati, non c'era altro che il suo volto: le iridi nocciola, gli zigomi alti illuminati dalla luce del primo pomeriggio, il naso da folletto e la bocca, che profumava ancora di caramella alla fragola.
Non era solo la sua àncora, era il suo personale angolo di Paradiso.
Ad ogni affondo, ad ogni sospiro, ad ogni ansito, cresceva in lei la consapevolezza di essere nel posto giusto: era a casa, Stiles era la sua casa.
Si aggrappò alle sue spalle, i pugni chiusi per proteggerlo dagli artigli, inarcò la schiena e poi si abbandonò ad un urlo liberatorio.
Ormai al limite delle forze e della resistenza, Stiles la chiamò più volte per nome e infine si perse in lei nel culmine dell'estasi.«Ti sei ferita» sussurrò, strofinandole la punta del naso sulla guancia.
«Non è vero» gli scompigliò i capelli umidi.
«Sento odore di sangue»
«Ah, ma sei proprio un segugio» sbadigliò «non sapevo ti fossi affezionato ai tagli sulla schiena».
Lui rise sommessamente.
«Erano sexy e poi mi piaceva vantarmi in giro... ahia! Se mi strappi i capelli non è la stessa cosa» si finse offeso.
Era così sereno, con gli occhi chiusi e quel sorrisetto a increspargli le labbra a cuore, mentre lei, che lo avrebbe protetto a costo della vita, si sentiva un grosso bersaglio luminoso per la Morte.
Poteva avvertirla strisciare subdola come un serpente.
Erano passate più di tre settimane dalla visita alla centrale di polizia e da allora le cose non avevano fatto altro che peggiorare. I casi di persone scomparse si erano moltiplicati, con un'importante differenza: i corpi venivano trovati martoriati nei posti più disparati.
Non c'era uno schema, le persone colpite appartenevano a tutte le fasce d'età e classe sociale e ogni morte era diversa dalle altre, con solo tre costanti: i delitti venivano compiuti nelle ore notturne, i cadaveri presentavano sia squarci irregolari che tagli netti, infine – ma questo lo sapevano solo in pochi – gli organi interni erano ad uno stato di decomposizione più o meno avanzato.
Malia diede un'occhiata alla lavagna di Stiles e si rese conto di quanto tutto il loro impegno fosse inutile. Non era mai stata così tanto caotica, c'erano ritagli di giornale e bigliettini incollati uno su l'altro, una miriade di nomi scritti con colori diversi e una quantità spropositata di fili rossi privi di collegamento.
Sapeva di essere egoista anche solo a pensarlo, ma sarebbe voluta fuggire via dalla California con Stiles. Era stanca di lottare, stanca di attendere... e quello non era nemmeno l'unico dei suoi problemi.
«Stiles?» disse tesa, smettendo di accarezzarlo. Un rumore all'esterno aveva messo in allerta i suoi sensi sviluppati.
«Mmm, che c'è?» le rispose mezzo addormentato.
«Sta arrivando un'auto e non è quella di tuo padre»
Stiles si sollevò di colpo, i capelli per metà incollati alla testa.
«Vuoi dire che riconosci persino il rumore del motore?»
«Sì, ho dovuto imparare. Non è colpa mia se ti piace farlo in posti... strani»
Lui sorrise malizioso.
«Non c'è niente da ridere!»
«Oh, ma io non sto ridendo» le diede un piccolo bacio. Rovistò nel mucchio di vestiti sul pavimento e indossò i pantaloni della tuta.
«Dove vai?» si sporse in avanti e lo bloccò per un braccio. Stiles la guardò stranito.
«Tranquilla, vado solo alla finestra a controllare» disse e lei fu costretta a mollare la presa.
E se si fosse trattato di un agguato? La verità lo avrebbe esposto a un pericolo maggiore, ma come poteva proteggerlo senza destare sospetti?
Grazie all'aiuto di Jordan era entrata in possesso di documenti riservati e fotografie che lasciavano ben poco all'immaginazione. Trattenne il fiato, un piede a terra e i muscoli pronti a scattare, mentre nella sua testa rimbombava il rumore degli spari e già vedeva Stiles agonizzante in una pozza di sangue...
«Non c'è niente e nessuno. Visto? Qualcuno avrà sbagliato strada» disse invece lui con un'alzata di spalle.
«Sì... è possibile» rispose incerta.
Stiles la raggiunse e si chinò ad un soffio dal suo viso.
«Sei diventata una piccola coyote paranoica, lo sai?»
«E tu un piccolo incosciente. Scott ha ragione, io e te...» iniziò a dire, ma Stiles la stava già baciando, una mano a stringerle il seno e l'altra sulla schiena, pronto a ricominciare.
«No no, devo andare» si districò dal suo abbraccio e Stiles si gettò a peso morto sul materasso, in preda allo sconforto.
«Andare dove?» chiese con tono lamentoso.
Malia raccolse i suoi vestiti da terra e guardò lo schermo del cellulare: due chiamate perse.
«Lo sai, è per questo che abbiamo saltato le lezioni pomeridiane» disse, infilandosi i pantaloncini e una delle magliette di Stiles. Suo padre le aveva dato soldi a sufficienza per comprare abiti nuovi, ma lei preferiva quelli del suo ragazzo: per quanto li lavasse, sotto l'odore del detersivo c'era sempre quello di Stiles.
«Dai, guarda questo faccino» disse lui alzandosi in piedi e andandole vicino, le labbra arricciate e gli occhi tristi.
«Niente da fare, Lydia mi aspetta» baciò quel broncio grazioso e si mise la borsa in spalla.
«E va bene. Passo a prenderti a casa sua?»
«No, ci vediamo alla festa» gli diede un ultimo bacio e si fiondò giù per le scale.
Una volta fuori si assicurò che Stiles non fosse alla finestra, prese un contenitore dalla borsa e ne sparse il contenuto sotto il portico, là dove nessuno avrebbe potuto notarlo.
Il cellulare nel frattempo non smetteva di vibrarle in tasca, così salì in macchina e, quando fu abbastanza lontana, accostò per rispondere.
«Dove sei? Mi avevi assicurato di essere libero oggi!» aggredì la persona all'altro capo del telefono.
«Scusami tanto, c'è stata una piccola crisi a lavoro, la nuova arrivata non ne combina una giusta»
Malia respirò a fondo per calmarsi.
«È che... ho pensato subito al peggio non vedendoti. Quindi eri tu prima?»
«Sì, sono arrivato appena ho potuto e mi sono nascosto al solito posto»
Si passò una mano tra i capelli con il cuore più leggero «Resta lì e assicurati che giunga alla festa sano e salvo, poi puoi andare»
«Va bene».
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L'odore della Morte || Teen Wolf Fanfiction
Fanfic[COMPLETA] Quando una violenta tempesta si abbatte su Beacon Hills, Lydia ha una visione di sangue e morte che la porterà a fare una scoperta sconvolgente: nuove creature strisciano nell'oscurità pronte ad attaccare in cerca di vendetta. Nel frattem...