Chapter 3.

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Genn nella lettera di risposta diceva che aveva apprezzato la bella calligrafia che mi ero obbligato a usare, che apprezzava la carta di riso e che apprezzava il testo della canzone.

Mi diceva che il leggere tutte quelle cose l'aveva fatto piangere, perché se ne era così accorto mesi prima che ne ero innamorato, ma non pensava potessi arrivare a provare tanto.

Mi diceva che a lui andava bene, mi diceva che mi avrebbe voluto bene sempre e comunque.

In primis fui tanto felice, poi arrivò l'inevitabile onda di dolore che era bloccata da tante scuse invisibili ed apparentemente sporche che mi ero trascinato dietro.

Onda di dolore perché ancora una volta, e questa volta in modo decisivo, mi aveva detto di no.

Che non mi pensava prima di dormire, che non pensava a me quando vedeva qualcosa che poteva riportarlo a me.

Però andammo avanti, e subito dalla prima volta in cui ci rivedemmo la situazione sembrò dimenticata, ibernata, quasi inaccessibile.

Accorciando i tempi ci fu una festa, e la data la ricordo bene.

Era la sera del 19 Agosto, faceva tanto caldo.

Eravamo con amici suoi, ne aveva tanti, e mi aveva proposto di andarci con lui.

Io avevo accettato controvoglia, dato che quel tipo di feste a casa di altri con troppo bere e troppa gente mi accontentavo di vederli sono nei film, ma quella sera fu indimenticabile.

Ci accompagnò la mamma di Genn, conoscendo già la zona e la casa stessa.

La metà della gente era già ammassata nell'area piscina, e, tralasciando l'angolo cibo il resto della casa e del giardino era abbastanza deserto.

La serata procedette esattamente come quella prima volta in cui avevamo cantato insieme, era tutto estraneo e non potevo impedire nulla.

E così seguivo Genn da una parte all'altra, con un bicchiere alla mano cercando di sciogliermi alla sensazione della gente intorno a me.

Lui era aperto con gli altri ma quando eravamo soli era un ragazzo totalmente diverso.

Sorrideva ma non si sforzava di farlo così spesso, non gli interessava bere quando era con me.

Non dico che bevve come un dannato, soltanto si scolò qualche bicchiere in più del solito.

Parlava con tanta gente che mi presentava ma che dimenticavo nello stesso momento in cui la conversione veniva tagliata.

Era come nel diagramma di Venn, da una parte ci stavano i suoi amici e dall'altra io, nel centro Genn sembrava non capire quanto io fossi a disagio.

"Genn, tra quanto andiamo?" Dissi avvicinandomi a lui più di quanto mi fosse mai stato concesso.

"Vieni, ti faccio vedere una cosa." Disse prima di stringermi la mano per portarmi lungo le scale scure e cupe oppresse da un tappeto pacchiano e kitsch.

Ero stranito dal suo improvviso bisogno di salire, ma non mi opposi, infondo non stavamo facendo nulla di sbagliato se il proprietario non si era curato di chiudere a chiave il piano superiore.

Sentivo il diagramma sporgersi ai limiti, sino al non essere più un diagramma.

La sua parte era nella mia più di quanto lo fosse prima.

Forzò la porta vetrata della prima camera partendo dal fondo del corridoio su cui sboccavano le scale che avevamo appena percorso.

"Genn ma che fai?"

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