Chapter 19.

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Voci di cantanti, voci di strada, gatti che al buio mi tagliano veloci il passaggio.

L'asfalto è cupo e grigio, impregnato di macchie.

È così il mio piccolo, mite viaggio.

Con l'animo triste e nero quanto le code di quei gatti e le suole che sfregano all'accelleratore.

Fumo la somma di sei sigarette.

Somma eccessiva per uno come me, che mai aveva fumato così tanto.

Il nervosismo mi aveva portato a rovinare i calcoli di Genn, sempre così premuroso ed attento alla sue sigarette.

Aveva lasciato il pacchetto vicino agli occhiali, che stavano a loro volta accanto alla cassa ed al caricatore, qui, sulla macchina.

Di sicuro pensava di scendere a prenderli poi, perché lì aveva lasciati lì il pomeriggio stesso.

Eppure non l'avrebbe fatto, ed anche se lo avevo notato alla prima svolta, non sarei tornato indietro per una tale sciocchezza.

Così, senza nemmeno pensarci, gli avevo rubato una sigaretta ed il tabacco odorava di vendetta, ripicca, non per Genn, certo, ma per chi si ostina a non capire.

Il primo tiro sapeva di lui.

Così buono ed appagante.

Sapeva del pacchetto chiuso che le sue mani avevano lasciato lì, sul sedile.

Sapeva di quelle stesse mani che asciugavano le mie lacrime, si intrecciavano alle mie e poi si sfioravano, mi graffiavano, mi capivano.

Sapeva poi delle sue labbra e dei suoi occhi.

Entrambi così pieni.

Labbra rosse e sguardi di zaffiro grezzo.

Gli occhi che si espandevano al buio, i denti che strappavano e pizzicavano la carne fino a che essa sanguinava proprio lì, dove la mia lingua era solita a lenire.

Poi sapeva del suo profumo, fortemente maschile, tabacco e menta, natura, sottobosco.

Genn profumava di vissuto, profumava di intelligenza, profumava di sensualità.

Genn si esprimeva in un modo tutto suo ed il primo tiro quasi non lo volevo lasciare andare.

Perché Genn Butch era un esserino da proteggere, troppo fragile per la crudeltà di questo mondo.

E fuori ancora faceva freddo e si sarebbe dissolto nell'aria come il fumo è solito fare e lì l'avrei perso, non sarei riuscito a ricomporre i pezzi.

Ma poi lo lasciai perché il fumo che usciva a curve dalla sigaretta faceva troppo odore e poi altrimenti mi sarei innervosito ancora di più.

Perciò congiungendo le labbra a cerchio gli permisi di uscire ed il fumo si contorse in tanti frivoli e disegni perché, ancora una volta, lui era arte.

Il secondo tiro sapeva di mamma.

Così bella nelle curve dei suoi anni, che ancora non aveva  perso il riso sulle morbide e soavi labbra ed ancora mi proteggeva sotto il suo fitto sguardo.

Pensarci che ora gioco a carte scoperte, che tutti gli strati di sporco sono levati e sto a nudo tenendomi in piedi sulle mie debolezze, colorandomi di nuovo.

Nuovo perché vivere allo scoperto, senza sotterfugi, senza fingere di provare qualcosa per altre è tutto un altro film.

Prima mamma ammiccava domandine imbarazzanti durante i pranzi più vuoti, mi chiedeva come stesse Emily, e poi Lara e tutte quelle che, almeno una volta, le avevo presentato.

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