10 - La perla di Mike

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Concordato il programma generale di quello che doveva rivelarsi uno speciale viaggio istruttivo attorno al Mondo, Mike, rivolto al figlio, disse:

- Caro Fry, prima di intraprendere il viaggio, ti voglio raccontare quello che mi capitò alla tua età. Inizio il racconto, partendo da qualche anno dopo...

Sono stato sempre stato fortemente attratto dal gioco d'azzardo. Mi trovavo in uno sfavillante, affollato e rumoroso Casinò. Fiumi di gente passavano sfiorandomi. Accaniti fumatori mi intossicavano. Avvenenti fanciulle tentavano di ammaliarmi. Ma non volevo concedermi distrazioni. Stavo conducendo una partita importante, sicuramente la più importante di tutta la mia vita.

Ero disposto a giocarmi il tutto per tutto. Tutta la mia vita su di un solo numero. Il doppio zero! A totale favore del banco! Ma lui non badava proprio alla mia puntata. Reputandola inconsistente passava avanti con lo sguardo.

Altri giocatori catturavano la sua attenzione. Sembra facessero puntate più alte. Si concentrava su di loro mentre io cercavo di incrociare il suo sguardo. Mi ignorava, letteralmente annebbiato dal fumo emanato da essi. Decise di buttarsi alla cieca. Ad occhi chiusi, rifiutandosi di guardare nei miei. Vi ci avrebbe trovato un sicuro e valido alleato. Poi, ad un improvviso cambio di vento, scoprí che sotto il fumo non ci stava l'arrosto sperato, ad attenderlo. Era solo un pezzo di carne anabolizzata, senza alcuna traccia di osso. E, si sa, l'osso ha la sua importanza primaria. Beh, quello stava nelle mie mani!

Escludendomi dal gioco, il banco, dimostró di non avere capito quanto io potessi essere a suo favore. Pronto anche a fare gioco di squadra. Disposto a perdere, per tirarmi dietro altri giocatori, a suo pro. E, qualora avessi vinto, sarebbe stato direttamente il banco a vincere. Assieme a me!  Facendo gioco di squadra risultano moltiplicate le chance di vittoria!

Ma, dal suo atteggiamento, capisco che non vuole il mio supporto. Vede in me i tempi bui del locale chiuso, delle tristi e sanguinose partite a due, l'uno contro l'altro. Tutti i litigi, gli insulti e lo sciocco pavoneggiarsi per primeggiare sull'altro, ma soltanto a parole. Ora sta finalmente vivendo. E' attorniato di gente che frequenta il suo locale. A volte vince, a volte perde. In generale, vive! Tornare indietro, assolutamente no! Mi rifiuta quindi. Rifiuta di accettare la mia puntata a suo favore. Perché non crede che io possa mai essere, veramente, a suo favore.

Nei trascorsi, ero stato suo socio fino a qualche tempo prima. All'epoca peró, il nostro locale non era aperto al pubblico. Lo usavamo esclusivamente per un sanguinoso scopo privato. Ci chiudevamo a giocare interminabili partite a due. Era una continua lotta, una roulette russa! Rosso o nero, sestine, cavalli, numeri secchi. E, quando ne avevamo abbastanza della roulette, facevamo dei lunghi e battaglieri chemin de fer. Ci giocavamo il tutto per tutto. Ma alla fine, nessuno dei due vinceva. Perdevamo entrambi. Vita, serenità ed affari. Tutto quello che possedevamo era in comune. Nessuno poteva vincere e nessuno poteva perdere.

Ogni tanto, smettevamo di giocare l'uno contro l'altro ed uscivamo a bere qualcosa. Ci rilassavamo, per qualche periodo più o meno lungo. Si discuteva di aprire al pubblico. Di quanto la cosa ci avrebbe giovato. Sia economicamente che mentalmente. Avevamo bisogno di svago e comunicazione sociale.

Peró, parlando ancora dell'argomento, istintivamente uno dei due si trovava a mescolare un comune mazzo di carte. Anche napoletane. Si iniziava a giocare e prontamente si accendeva di nuovo la rivalità. Una semplice partita a briscola poteva rivelarsi fatale. Passavamo allora a giochi sempre più azzardosi. Tormentandoci per giorni, settimane, mesi, anni!

Un bel giorno, dopo aver passato dei mesi senza quasi giocare più, solamente insultandoci e vantandoci di quanto ognuno fosse capace di giocare meglio dell'altro, decidemmo che uno dei due sarebbe dovuto andare via per un po'. Io, tra i due, ero il più giramondo. Quindi, quello avrei dovuto essere io!

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