Era sempre stato un problema vestirsi per andare a lavorare. La divisa dell'Agenzia era piuttosto particolare e andava camuffata bene senza però alterarne la funzionalità; non era mai stata un'operazione semplice. L'Agenzia aveva pensato a metà del problema, al resto ci avrebbero dovuto pensare gli Agenti. Dentro l'edificio pentadimensionale dove venivano addestrati giravano con i vestiti particolari del loro grado ma l'armatura era nera per tutti. Thomas si lambiccò il cervello per almeno dieci minuti mentre Lea, che nel ventunesimo secolo ci aveva fatto praticamente casa, era già pronta. Quando il ragazzo uscì, Lea annuì. Aveva fatto un ottimo lavoro, anche se non si sapeva spiegare come.
"Non ho mai visto questa soluzione." gli disse "come hai fatto?"
"Ho trovato il modo di deformare il materiale mantenendo intatte le caratteristiche funzionali."
Lea sorrise. Erano così diversi, due geni con le menti opposte. Lei e Thomas erano la prova vivente che la genialità non aveva solo un modo di esprimersi. Lea calcolava, prendeva le cose così come le erano date, senza cambiarle e ci costruiva sopra i ragionamenti, trovava il modo di aggirarle, calcolava le probabilità di successo. Thomas non accettava quello che gli veniva dato, modificava la realtà, inventava, cambiava e trasformava a suo favore. Arrivavano allo stesso risultato in due modi diametralmente opposti.
"Niente disintegratori. Oggi lo troviamo e gli facciamo sapere che è nei guai."
"Non si nasconderà in un altro posto?" chiese Thomas.
"Si vede che è la tua prima missione" rise lei. "Gli facciamo l'analisi del DNA, così che rimarrà tracciato e schedato dall'Agenzia. Sapremo anche se la sua posizione varia di un mentro."
Gli mostrò il tracciatore. Era uno strumento simile alle lenti a contatto con all'interno un computer avanzatissimo. A Lea sarebbe bastato sfiorarlo un attimo per avere tutte le informazioni sul suo genoma e così avrebbe potuto schedarlo e trovarlo sempre.
"Oh... non lo immaginavo." rispose Thomas acquisendo l'informazione e preparandosi a uscire. Lea lo seguì saltellando come una bambina. Non vedeva l'ora, aveva bisogno di un po' di azione, di muoversi e di fare danni.
"Sono comodi questi campanelli con il nome." osservò Thomas.
"Se è riuscito a portare un batterio mortale qui è abbastanza sveglio da cambiare nome. Ho già calcolato il tempo che ci metteremo in relazione ai campanelli per ogni casa, abbiamo massimo un'ora e mezza per via." la mente di Neumalea stava correndo a fare calcoli su calcoli quando Thomas la interruppe.
"E' una pedina." lo disse quasi senza pensare. Era un'idea che gli ronzava in testa irrazionalmente da un po' di tempo, quasi un'intuizione indipendente dalla logica. Thomas iniziava a capire cosa intendeva Lea quando parlava della sua capacità particolare. Nessun Agente era intuitivo in modo non logico. Si sentì in dovere di spiegare a Lea il perché lo aveva detto. "Nella sua epoca c'è una dittatura, è quasi sicuramente disperato e le menti dei disperati non funzionano a calcoli ma a impulsi. Perché sarebbe dovuto venire qui a fare danni? Qualcuno deve avergli promesso qualcosa, forse la salvezza, quindi è una pedina. Di conseguenza non è abbastanza sveglio."
Lea si girò sbalordita verso di lui. Aveva questo modo di pensafe così sensibile e per fili aggrovigliati che la mandava fuori di testa. Lei era logica al cubo, in una maniera che nessun Agente avrebbe maipotuto eguagliare, per lui invece di numeri erano una questione marginale, quasi inutile.
"Okay, quindi secondo te lo scopriremo leggendo solo i campanelli?"
"Si, proviamo. Se non porta a nulla da domani facciamo come dici tu." Thomas sorrise.
Quel giorno la fortuna era dalla loro parte. Erano arrivati in fondo alla fila di palazzi quando Lea notò qualcosa di strano.
"Non lo senti?"
Thomas negò.
"Questo rumore... è un lieve ronzio..."
Il ragazzo si mise in ascoltò e localizzò il rumore continuando però a guardare Neumalea confuso.
"Oh, Tommy! Questo ronzio deriva per forza da un oggetto anacronistico perché le onde che genera non sono ancora state create in quest'anno! La frequenza è diversa!" Lea aveva il vizio di calcolare tutto ciò che era calcolabile intorno a lei, era come se avere qualcosa intorno che non avesse calcolato la mandasse in panico. Era una fissazione che si rivelava utile nella maggior parte dei casi perché le permetteva di scoprire istantaneamente tutte le anomalie presenti nell'ambiente. A volte faceva solo paura. Thomas andò a controllare i campanelli.
"Gaabriel! Eccolo! Qua il nome Gabriel si usa con una 'a' sola! Avevo ragione, Lea!" le fece una linguaccia. Lea rispose, poi indossò il suo miglior falso sorriso e citofonò.
"Chi è?" la voce era distorta dalla pessima qualità dell'apparecchio.
"Oh salve sono Lea, mi sono trasferita appena qui ma ho dimenticato le chiavi a casa, mi può aprire?"
"Si certo... com... come si apre?"
I due ragazzi si scambiarono un'occhiata significativa e Thomas mimò a Lea il numero quattro. Quarto piano. Il fatto che non gli piacesse fare calcoli non singificava che non li sapesse fare.
"C'è un pulsante con una chiave." rispose Lea e l'uomo aprì. Appena entrati nell'ingresso si tolsero i camuffamenti per le tute, Thomas la risportò allo stato originario e Lea si tolse l'illusione e si mise un un occhio il tracciatore. Con le scale salirono fino al quarto piano e si posizionarono davanti la porta. Si guardarono un attimo come per darsi il via. Sorrisero, si andava in scena. Lea buttò giù quella fragile porta con un calcio e, mentre l'uomo che era corso a vedere cosa stesse succedendo ancora non capiva, Thomas sbucò da dietro la porta e gli tirò un pugno in faccia. Gaabriel si riprese subito e rispose con un calcio, ma l'addestramento degli Agenti superava di gran lunga quello di un civile spaventato. Thomas gli prese il braccio e lo tirò addosso a Lea.
"Tutto tuo!" gli disse il ragazzo e Lea lo bloccò mentre il tracciatore faceva il suo dovere.
"Per chi lavori?" chiese Thomas. Con sua grande sopresa l'uomo rise.
"L'aveva detto che avrebbero mandato lei. Sono così scontati, così idioti da non saper risolvere niente senza la leggenda." Gaabriel rise.
"Come fai a conoscermi?" sibilò Lea stringendolo.
"Tutti ti conoscono, soprattutto lui. Dice che fallirai. Quello che ti porti appresso non so chi è, ma lo trascinerai nella caduta con te."
"Ne sarei onorato." rispose vagamente Thomas. "In fondo, cosa c'è di meglio che cadere con la leggenda?" il suo era palese sarcasmo. Prese l'uomo dalle mani di Lea e lo legò.
"Cerchiamo questo batterio." Lea entrò in una stanza. C'erano tantissimi dispositivi ultratecnologici e qualche cartina stampata su carta. Decisamente quest'uomo non voleva essere tracciato. Prese la maggior parte dei documenti e uscì nel corridoio. Thomas la stava aspettando con una piccola provetta in mano. Il batterio.
"Voi non capite!" urlò Gaabriel "Quella è la cura!"
"Un batterio che sterminerà un'intera razaza?" questa volta era Neumalea ad essere sarcastica.
"A volte una cura deve essere mortale." furono le sue lapidarie parole.
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Il fabbricante di dèi
Science-Fiction#2 in Fantascienza 12/01/2017 e 9/05/2016 #3 in Fantascienza 20/12/2016 #4 in Fantascienza 26/04/2017 #5 in Fantascienza 13/07/2016 Recensione del @Project_Unpossible: https://www.wattpad.com/376621754-the-revelation-laboratory-il-fabbri...