15 - Quel disperato bisogno di ordine

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La mattina dopo Thomas si svegliò e scoprì di essersi addormentato sul divano, con il libro ancora aperto davanti a lui. Si massaggiò la testa e fece mente locale di quello che era successo il giorno prima. Era difficile concentrarsi sul Crirale quando ogni secondo gli veniva in mente Lea, le sue labbra, il suo tocco. Si guardò in giro e tutto lì gli parlava di lei, dal caos che regnava in quella cucina ai libri stranissimi, dai biscotti aperti per la colazione che lui non faceva ai vestiti sparsi. In cucina. Era veramente disordinata. Thomas non riuscì più a sopportare quella vista dove ogni angolo gli parlava di Neumalea; prese i vestiti e li tirò nel corridoio, chiuse i biscotti dentro le credenze, lanciò i libri sul divano della sala e iniziò a mettere in ordine tutto. Aveva un bisogno disperato di qualcosa di asettico e soprattutto simmetrico. Si toccò l'auricolare.

"Ho bisogno di un drone per montare cucine del ventunesimo" sussurrò e l'Agenzia, efficiente, rispose facendo suonare il campanello. Il drone assomigliava a uno dei primi robot anche se era mille votle più sofisticato. Sperando che il campanello non avesse svegliato Lea, si mise al lavoro. Smontare una cucina e rimontarla in modo che sia perfettamente simmetrica in piena estate non è un'attività raccomandabile, soprattutto se l'estate è del ventunesimo secolo e ci troviamo in piena città circondati da gas di scarico, ma Thomas era deciso a ricreare quella cucina.

Lea fu svegliata da un rumore meccanico. Aprì gli occhi e provò ad alzarsi ma fu come se una fitta al petto le impedisse di muoversi. Quella fitta era il bacio, gli occhi di Thomas, le sue braccia e i suoi capelli spettinati. Non era mai stato così con Alexander, mai avrebbe immaginato di poter provare una cosa in quel modo forte. Thomas era diverso, Thomas era come il pezzo mancante del puzzle, il motivo per cui tutta la sua vita era andata in quel modo, era come se ogni secondo della sua esistenza fosse servito per prepararla a incontrarlo. Si fece forza, indossò una maglia che le arrivava alle ginocchia e uscì nel corridoio inciampando rovinosamente su alcuni vestiti e tagliandosi con dei pezzi di vetro. Era come se qualcuno avesse riversato mezza casa in quel tratto di corridoio. C'erano fogli accartocciati con sopra i suoi calcoli, bottiglie rotte e una quantità immensa di suoi vestiti che - ne era sicura - aveva lanciato in giro per la cucina. Entrò in sala e vide tutti i documenti che avevano oreso il giorno prima a Gaabriel e tutti i suoi libri sul divano, come se qualcuno non avesse avuto tempo di metterli a posto e - era sicura anche di quello - quei libri li aveva lasciati in giro per la cucina. Okay, era leggermente disordinata e praticamente viveva in cucina, dove poteva mangiare ininterrottamente, ma perché Thomas avrebbe dovuto fare tutto quel casino?

La porta della cucina era aperta e davanti a lei c'era Thomas in cima a una scala intento a trapanare il muro. Senza maglietta. Lea si appoggiò allo stipite della porta e si fermò a guardarlo. Era perfetto, i muscoli contratti per il leggero sforzo fisico, la vita stretta, il tatuaggio che le aveva fatto in America non era ancora sbiadito e quelle due ali riempivano la sua schiena da scapola a scapola. Lea era come incantata, sarebbe potuta rimanere lì a guardarlo per sempre.

"Buongiorno" gli disse. Thomas sussultò e quasi cadde dalla scala.

"Oh.. emh, buongiorno" scese. Solo in quel momento Lea si rese conto di quelcos'altro che non fosse lui. La cucina.

"Che cos-?"

"Oh. Ne avevo bisogno."

Lea alzò un sopracciglio. Era stato rimontato tutto in modo da essere perfettamente simmetrico in maniera micromillimetrica. Le stava facendo venire il mal di testa.

"O-okay. Bene. Cioè giuro sto impazzendo." si avvicinò a lui. Non sapeva se stava impazzendo effettivamente per la cucina o per Thomas senza maglietta. Era così distratta che inciampò su un trapano e cadde rovinosamente addosso a Thomas arrossendo. Il ragazzo tremò impercettibilmente ma la ritirò su, poi si rimise la maglietta.

"Puoi metterti qualcosa... dei pantaloni... qualsiasi cosa." chiese visibilmente imbarazzato Thomas.

Lea annuì in silenzio e tornò in camera. Le era sembrato di sentirlo tremare quando lei le era caduta addosso, ma probabilmente era stata solo una sua impressione. Si mise il primo paio di jeans che trovò sul corridoio, che tra l'altro erano di Thomas, glieli aveva rubati un giorno che non aveva voglia di mettersi i suoi e rientrò in cucina.

"Dove sono i biscotti?"

"Metà di sinistra, secondo scaffale da destra e terzo dal basso." rispose Thomas mentre ammirava soddisfatto il suo lavoro "dovresti mettere a posto tuto quel caos nel corridoio... ehi quei pantaloni sono miei!"

Lea bofonchiò qualcosa di incomprensibile e andò a prendere i biscotti.
"Ti prego Lea, ho bisogno che almeno questa casa sia normale."
"Ripristineremo la normalità appena saremo sicuri di cosa sia in ogni caso normale. Grazie." rispose Lea imitando una voce metallica e spargendo briciole di biscotto dappertutto. Si alzò trasportando si dietro il pacco di Gocciole e uscì dalla cucina a prendere i documenti in sala poi entrò in camera di Thomas. Solo lui aveva fogli bianchi negli scaffali.
"Per tutto il cronospazio Tommy! Sei così ordinato, sembra quasi che tu non abbia dormito qui stanotte."
"Infatti mi sono addormentato sul divano" gli rispose Thomas una volta che Lea entrò in sala.
"Oh..." la ragazza era sconcertata. Doveva essere successi qualcosa di pesante per farlo dormire sul divano, poi realizzò "oh." forse lo aveva giudicato male, ma non era quello il momento di mettere al primo posto i problemi sentimentali.
"Perché ti sei portata in giro per casa tutti quei file? Li dovevi spostare solo dal divano al tavolo!"
"Eh?"
"Lea sveglia!" Thomas le schioccò le dita davanti alla faccia.
"Mhh... si. Si. Okay ho tutto collegato, iniziamo."
Il ragazzo aprì le cartine e dispose i file elettronici sopra.
"Sono le stesse cartine in tutte e due i formati. In quelle di carta abbiamo il sentiero tracciato. Quest'uomo non vuole essere seguito."
"Peccato per lui. Abbiamo il tracciatore." rispose Lea annoiata. "Altro?"
"Oh beh. Speravo mi potessi spiegare dove va precisamente quest'uomo. In fondo conosci il ventunesimo meglio della tua epoca."
Lea sbuffò e si concentrò sulla cartina. Thomas sorrise e si concentrò sul viso di Lea, sui capelli che le ricadevano disordinatamente davanti alla faccia, sulla maglietta larga che lasciava solo intravedere le sue forme minute, l'espressione corrucciata e ebbe l'impulso di baciarla di nuovo. Distolse lo sguardo, sospirò e guardò prima la cartina, poi di nuovo chi occhi arancioni di lei che lo attiravano in modo indecente.
"Allora? Idee?"
"Se è come penso... siamo nei guai."


Angolo autrice
Oggi due capitoli perché... avevo l'ispirazione e perché questa settimana sarà un miracolo se riuscirò ad aggiornare in maniera decente! Quindi intanto questo, spero di riuscire a postare quanti più capitoli possibile!



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