Capitolo 10

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Andrew POV
"Okay, ricapitolando: ieri sera Ian ti ha avvisato che sarebbe uscito, tu sei andato a spassartela con tua zia al bingo e, quando sei tornato, lui non c'era più. Ma scusa... Tua zia non ha fatto niente?"
"Pensava fosse già andato a letto e ho preferito non dirle come stavano veramente le cose... Ho paura che la sua scomparsa centri qualcosa con la faccenda dei Gard."
Rispondo nervoso a Richard passandomi una mano fra i capelli. Ieri sera Ian è sparito e l'unica cosa di cui sono a conoscenza è che doveva uscire, ma non so neanche dove.
"Ciccio, mia sorella te lo ha già detto: Cassandra non era presente a quella fottutissima festa! Di conseguenza tu non hai mai scopato con lei!"
Sospiro iniziando a tirarmi i capelli. Cazzo, cazzo, cazzo.
"Cazzo, cazzo, cazzo."
"Andrew, le parole!"
Mi rimprovera Victor con la bocca mezza spalancata.
"Taci Victor."
Lo ammonisce Richard con sguardo severo.
"Dobbiamo agire, subito!"
Riprendo la parola alzandomi dalla sedia.
Quando qualcosa non va, organizziamo quelle che Richard chiama "riunioni di emergenza". E la scomparsa di mio fratello, è un'emergenza. Eccome se lo è.
"Dobbiamo trovare indizi."
Soggiunge il mio migliore amico stringendo le mani a pugni.
"E dove li troviamo questi "indizi"?"
Chiede scettica l'unica ragazza del gruppo, che se ne sta seduta a terra mentre fuma tranquillamente una sigaretta mezza consumata.
"Andrew!"
Scatta Victor facendo cadere all'indietro la sedia sulla quale era comodamente seduto.
"Non mi avevi detto che Ian tiene nascosto un diario segreto? Se progettava una fuga, sicuramente lo avrà scritto lì!"
Ancora una volta, la mente del gruppo si è fatta sentire.
Senza aggiungere niente, mi avvio verso l'uscita di casa Turner, seguito a ruota dai miei compagni di squadra.
"Devo farlo da solo."
Richard e gli altri sembrano capire e mi lasciano andare alla ricerca di "indizi" da solo.
Appena arrivo a casa, trovo un post-it appeso sulla maniglia della porta della mia camera. È da parte di zia Carol.
Sono andata a fare la spesa. A stasera. La zia.
Stacco il bigliettino e me lo infilo in tasca.
Entro in camera e mi metto alla ricerca del quaderno personale di Ian (come usa chiamarlo lui).
Lo trovo infilato nella pancia di un povero orsacchiotto. Lo estraggo e, senza pensarci due volte, lo apro all'ultima pagina.
Il foglio è dipinto con colori vivaci sfumati in modo da creare un vero e proprio capolavoro. Al suo centro, due semplici parole: same love. E sulla pagina accanto, una specie di poema:
È nostro solito innamorarci. Innamorarci delle canzoni che hanno un significato importante, dei libri che hanno una trama che ci fa venire i brividi, dei biscotti della nonna appena sfornati, del cinguettio degli uccelli di prima mattina, dell'odore dell'erba appena tagliata, del sapore di una sigaretta appena fumata.
Delle belle cose.
Delle belle cose come i suoi occhi azzurri che mi trasmetto in pochi secondi quello che la mia canzone preferita mi trasmette in due lunghi minuti, dell'effetto creato dal suo corpo sopra al mio che mi fa venire ogni volta i brividi, delle sue parole sussurrate all'orecchio che mi rendono più felice dei biscotti della nonna il giorno di Natale, del suono della sua risata che di preferirei sentire il mattino al posto del cinguettio degli uccelli, del suo profumo che non sa di erba, ma di buono, e dei suoi baci al sapore di fumo.
É mio solito innamorarmi.
Non solo delle cose belle, ma anche di quelle improbabili.
Ma l'improbabilità in questo caso è una certezza. E la mia certezza, è lui.
E in fondo, dove forse non avrei mai dovuto guardare, una sola parola: Richard.

Ian POV
Udito e olfatto. Sono le uniche cose che mi sono rimaste.
Il buio più completo mi avvolge e continuo a non trovare l'energia necessaria per aprire gli occhi e finalmente scoprire dove mi trovo.
Sono a casa? Chi ci sta con me? Ma sopratutto... sono ancora vivo?
Porsi queste domande è come cercare di raggiungere la fine dell'arcobaleno. In poche parole, impossibile.
Alcuni passi si fanno vicini. Sento delle voci poco distanti ma non abbastanza nitide per capire di che cosa stanno parlando.
Una porta sbatte e un respiro leggero si fa sempre più vicino. Quindi sono rinchiuso in una stanza...
Sento la presenza di qualcuno accanto a me. Ha un profumo... di vaniglia. Sì, come quella delle torte... lo stesso odore.
Questa persona mi lascia una morbida carezza sulla guancia. Vorrei muovermi, urlare, spostarle la mano dal mio viso, ma il mio corpo non reagisce ai miei ordini. È come se fossi sotto anestesia.
Quel qualcuno si alza e abbandona la sala. E di conseguenza anche me.

Fall to Fly [INCOMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora