David sgranó gli occhi. Suo padre aveva rivolto la parola al Guardiano Nero come se fosse un cliente qualunque. La sua voce non era affatto smorzata dalla paura.
Il Guardiano alzò il capo e fissò il bancone. Il mantello gocciolava d'acqua e bagnava il pavimento, l'armatura scura era lucida e umida.
Avanzò lentamente.
David ingoiò la saliva rumorosamente e guardò suo padre, sudava. Ora la sua paura si riusciva a percepire anche se poco, ma l'avrebbe notata il Guardiano?
Il soldato continuava ad avanzare. Si sentivano solo i suoi passi, il tonfo sordo dell'armatura d'acciaio nero sulle assi del pavimento. La porta si chiuse lentamente senza che nessuna la toccasse e a pochi centimetri dallo stipite sbattè forte facendo sussultare il padre di David il quale allargò il sorriso ancora di più.
-Ho sentito un gran trambusto fuori- cominciò il bottegaio, -E giustizia è stata fatta!- concluse.
David diede una gomitata al padre il quale non si girò nemmeno. I Guardiani Neri non parlavano mai, o per lo meno David non li aveva mai sentiti.
Il guerriero arrivò al fondo della stanza, posò le mani sul bancone e tra lo stupore e la paura rispose:
-Aveva commesso un furto. La legge è chiara.-
David si sentì gelare il sangue. La voce del soldato era fredda e pungente come lame di ghiaccio e ronzava nelle orecchie.
Il guardiano fissò il ragazzo. David si rizzò dritto e sentì un brivido lungo la schiena. Sudava anche lui. Fissò la fessura dell' elmo, ma non riuscì a vedere il volto del guardiano.
-Forse indossano una maschera.- pensò lui. Il soldato continuava a guardarlo tenendo le mani posate sul bancone. David era immobile. Aveva paura di muovere anche solo un muscolo. Il soldato respirava piano. Si voltò verso il padre di David. Mise una mano guantata in una sacca di stoffa nera che aveva appesa a tracolla e ne estrasse una pergamena arrotolata, sigillata con il marchio imperiale. La sbattè sul bancone. Fissò il bottegaio che ancora sorrideva come un ebete.
-Per domani!- tuonò il guardiano. Si voltò di scatto e uscì rapido dalla porta del negozio.
David fissò la pergamena. Era nuova, una cosa rara da vedere in città, dove gli unici pezzi di carta su cui si scriveva erano piccoli ritagli stropicciati e consunti. Suo padre la fissava con lui.
-Che c'è scritto?- chiese balbettando il ragazzo interrompendo il silenzio.
-Non ne ho idea.- rispose secco il bottegaio.
Prese un piccolo coltellino dalla tasca e spaccò lo stemma imperiale di cera rossa che sigillava il rotolo. La aprì e cominciò a leggerla. Rabbrividì, il suo volto si dipinse di paura, lasciò cadere la carta sul bancone e corse sul retro, dalla fornace.
David si sporse per leggere l'ordine dell'imperatore: aveva richiesto 1000 vasi di terra cotta per l'indomani.
Suo padre tornò di corsa dietro il bancone per prendere i sacchi di segatura per la fornace, "rendono i vasi più lucidi" sosteneva lui.
David gli sbarrò la strada,
-Cosa devi fare io?- chiese.
Lui lo guardò un attimo.
-Ti lascio la giornata libera- disse veloce, sputando rapido una parola dopo l'altra, -Vai a casa e oggi pomeriggio esci pure con i tuoi amici. Ricordati solo di non fare tardi che poi tua madre si preoccupa. E dille che non faccio pranzo a casa oggi.-
David sorrise, annuì, prese la giacca e uscì fuori dalla bottega. una giornata libera era ciò che ci voleva per evitare di morire di noia.
Pioveva ancora. La frenesia sulle strade non era cessata dalla mattina: innumerevoli carri continuavano a correre avanti e indietro portando persone o sassi per i muratori. L'uomo che era incappato nel guardiano era, ora, nudo in mezzo al fango. Le persone erano così povere in città che gli avevano rubato tutto, persino i vestiti. David rabbrividì. Si incamminò verso casa nascondendo il naso nel colletto del mantello per proteggerlo dal freddo. Arrivò a casa in fretta, perché il il gelo lo aveva costretto a mettersi a correre per riscaldarsi.
Entrò in casa tutto bagnato e subito andò ad asciugarsi davanti alla stufetta in cui sua madre aveva acceso un caldo fuocherello.
-Ciao ma'- salutò David, -Papà non viene a mangiare oggi. Un guardiano nero è piombato in negozio e ha ordinato 1000 vasi da parte dell'imperatore per domani.-
La madre fece una smorfia di sconforto. Lui continuò:
-Quel guardiano è arrivato con un cavallo e ha ucciso un uomo. Ci ha detto che aveva rubato. Ma ti sembra corretto?- il tono si fece più alto, -L'imperatore dovrebbe rinchiuderli, nessuno è al sicuro con quei cosi in giro!-
Sua madre sospirò. Poi mise in tavola una ciotola di zuppa per David. Lui si sedette e cominciò a mangiare a grosse bocconate. L'appetito non gli mancava.
Il minestrone era molto buono e i sapori si intrecciavano tra di loro come dei nastri. Con la bocca piena lui continuava a borbottare. Trovava anche ingiusto avere il timore di uscire di casa durante il coprifuoco solo perché quei soldati se ne giravano per la città. Beh, lui e i suoi amici non avevano paura di nulla, ma volevano la libertà di uscire e rientrare quando gli pareva.
Ma mentre David navigava nei suoi pensieri la madre lo interruppe:
-David, smetti di parlare e mangia.- il volto era cupo. Aveva alzato la voce.
Lui non capiva la sua reazione. Sua madre era sempre stata tranquilla e mai aveva rimproverato qualcuno che si lamentava dell'imperatore. Nemmeno lei lo sopportava.
-Ma', tutto ok?- chiese David.
-Scusa- rispose lei, -È solo che non voglio che alla tua età pensi certe cose-.
Lui finse di capirla e tornò a mangiare. Era ovvio che il problema era un altro, ma se sua madre non voleva dirglielo significava che era qualche cosa di davvero importante.
Finì di mangiare, si rimise il mantello in spalla e uscì di nuovo sotto la pioggia battente.
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MEHED "La collana dell'Angelus"
PertualanganDavid è un ragazzo di diciassette anni, di ricca famiglia, che non ha mai visto il sole, perché il malvagio tiranno ha fatto coprire il cielo della capitale da spesse nuvole piovane. Ma un giorno il cielo decise che era l'ora di cambiare il corso de...