Capitolo 6

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Emely era di nuovo tornata in casa sua e quella era la prima giornata dopo la sua "prigionia".

Aveva impiegato ore e ore per ideare una scusa da raccontare ai suoi amici per poter spiegare il perchè di quell'assenza improvvisa, ma non aveva trovato nessuna ragione plausibile nonostante tutti i suoi sforzi.

Non avrebbe voluto affrontare quell'argomento ma era inevitabile purtroppo e, non appena mise piede nel cortile scolastico, accorse verso di lei Opal, la sua migliore amica, che senza salutarle le chiese con un tono misto fra l'arrabbiato e il rassicurato: - Si puó sapere dove diavolo eri finita? Mi sono preoccupata tantissimo! - e la abbracció facendole quasi mancare il fiato.

- Nulla di grave, tranquilla - provó a rassicurarla cercando di rimanere vaga e mostrando uno dei suoi esili sorrisi.

- Si, questa è la risposta che do io quando mi scoccio di rispondere - disse sarcasticamente l'amica alzando gli occhi al cielo e ridendo. Essendo la sua migliore amica, conosceva bene le abitudini di Emely, e lei non scompariva di punto in bianco per poi ritornare dal nulla senza dire niente a nessuno.

- Beh, è probabile che io mi comporti in maniera differente da come fai tu - si giustificó Emely ridendo e sperando di non dover proseguire con il discorso.

Purtroppo per lei, Opal era davvero ostinata così continuó: - Vabbè, ma chi era quel tizio a casa tua? Mi ha detto lui che eri da una tua amica. E ovviamente dovrai anche dirmi quale amica è.

- Era solo un amico di mio cugino Oliver - mentì Emely tralasciando le restanti domande per apparire molto naturale e passare inosservata.

Infatti, rispondere a tutte le domande di Opal in una stessa frase, corrispondeva a mentire spudoratamente con frasi costruite e ragionate.

- E perché sapeva dov'eri? - continuó ad indagare Opal sospettosa.

- Non lo so, sicuramente glielo avrá detto  Oliver, sai com'é fatto - si giustificó la giovane facendo spalluce innocuamente.

- E il telefono? - chiese la ragazza riducendo gli occhi a due fessure e mettendosi a braccia conserte.

Lei era sempre stata in quel modo: era curiosa e voleva sempre sapere tutto di tutti, poi, quando accadeva qualcosa di anomalo, andava di matto e si ostinava ad avere sempre più informazioni in maniera spesso spudorata.

- Non mi prendeva bene, per questo vizualizzavo e non rispondevo - continuó a mentire Emely, poi cercando di portare tutto sul piano dello scherzo disse: - Su Opal, mi sembri una detective - e scoppió a ridere sperando di convincerla con quella risata apparentemente genuina che l'aveva sempre caratterizzata.

La ragazza la fissó quasi priva di espressione mentre con una mano si toccava i lunghi capelli biondo platino: stava cercando di capire se Emely la stesse prendendo in giro o meno.

Dal suo canto, Emely era preoccupata; ogni volta che Opal compiva quel gesto, non aveva la più pallida idea di come avrebbe potuto reagire: era imprevedibile.

Passarono pochi minuti, poi Opal, come se non fosse successo nulla, la prese per una mano e la trascinó verso il retro della scuola dicendo felice: - Va bene, su, ora vieni, dai. Ti sei persa tantissime cose e Simon ha in mente... Vabbè dai non ti rovino la sorpresa.

Disse tutto così velocemente che Emely a stento riuscì a capire una parola, così si limitó a chiedere: - Ma Opal, dove mi stai portando? La prima ora abbiamo la Woodstock, lo sai che ci ucciderá.

- Che si fotta- disse la ragazza aprendo la porta del ripostiglio con fare misterioso dopo essersi guardata attentamente attorno, poi, trascinandola dentro, esclamó - Muoviti, dai!

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