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La sveglia trillò in modo assordante mentre le persiane automatiche si tiravano su e le luci si accendevano alla massima intensità. Sam Tobe strizzò gli occhi ma si rifiutò di aprirli. Invece si girò e rigirò nel letto in cerca dell'interruttore da premere per zittire almeno la sveglia. Per le luci e le persiane invece avrebbe dovuto alzarsi e disattivarle a mano e questo implicava lo svegliarsi definitivamente. Cosa esclusa. Mettendosi in piedi e camminando a tentoni e a occhi chiusi come un sonnambulo o uno zombie, Sam riuchiuse le persiane e spense le luci per poi rinfilarsi nel letto.
Oggi avviso che resto a casa, giuro su tutto che non mi alzerò da questo materasso.
Lo avrebbe anche fatto se a quel punto il campanello non avesse suonato. Ormai arreso, si trascinò al videocitofono che gli mostrò la faccia a lui ben nota di Toby.
-Sam come va? Sei ancora stanco?
-Non saprei davvero Toby, tu che ne dici?
Lo sguardo dell'amico si fece comprensivo alla vista delle occhiaie di Sam.
-Sì, l'articolo di ieri è stato estenuante. Appena sono rientrato a casa sono crollato nel letto accanto a Michelle. Non abbiamo neanche avuto il tempo per...
-Ti dispiace evitare troppi dettagli? Ti ricordo che è di mia cugina che stai parlando.- fece Sam infastidito dal fatto che Toby, a differenza di lui, non si facesse tanti problemi a raccontargli la sua vita sessuale con sua moglie.
-Ops, scusa. Comunque sono venuto a casa tua per dirti di andare in redazione il prima possibile. Si tratta di un affare urgente.
-Così urgente da privarmi di sonno quanto basta per uccidermi?
-Non esagerare, fidati di me: è importante.
Chiuso il videocitofono fece entrare Toby e si vestì velocemente. Ringraziò il cielo di essersi tagliato la barba la mattina precedente e rinunciò anche al caffè. Riuscì a infilarsi i pantaloni proprio quando sentì bussare alla porta. Toby attraversò l'ingresso con un cartoccio in mano, dal quale tirò fuori due croissant alla crema. Ne porse uno a Sam.
-La colazione è importante, non vorrai arrivare là mezzo addormentato.
-Troppo tardi, lo sono già.- replicò Sam accettando l'offerta.

La redazione era caotica come sempre: giornalisti e inviati che correvano dappertutto, altri che scivevano i loro articoli sui computer, stampanti che copiavano fogli alla velocità della luce.
A quella vista Sam venne invaso da un moto di tristezza. Gli faceva pena il fatto che nessuno di loro avesse un attimo da dedicare a sé, di conseguenza provò pena per sé stesso.
Non dormono mai? Non ne hanno proprio voglia?
Poi si chiese per l'ennesima volta come fosse possibile tanto movimento in un edificio vecchio di quasi due secoli, con i mattoni grigi sgretolati, lo scorrimano in ferro battuto con la vernice secca che si staccava a grossi pezzi e i gradini di marmo consumati. Certo, dall'interno non si sarebbe detto così antico come lasciava intuire l'esterno, con tutti i computer dotati dei software più veloci, i droni giornalisti da mandare al posto delle persone in carne e ossa per scattare foto e registrare video e audio su zone ad alto rischio, i videofoni sintonizzati sulle frequenze delle redazioni giornalistiche dei Paesi di tutto il pianeta per il passaggio di informazioni istantaneo.
Almeno per la strumentazione il Consiglio di Schenectady si è dimostrato più generoso.
Ciononostante non sarebbe stata una brutta idea effettuare un piccolo restauro. Sarebbe stato un peccato se un patrimonio tale, reduce dalla Guerra del Nord e del Sud, andasse perduto.
Un uomo alto sulla trentina si avvicinò a loro. Finn Quell attraversò il corridoio a grandi falcate con aria grave.
-Avete fatto presto, non me lo aspettavo Tobe.
-Taglia corto Quell, cosa c'è? Toby non vuole dirmelo.
-Andiamo nel mio ufficio, ho lasciato lì il verbale. Un verbale scritto dopo un reclamo dell'Iraq.
Verbale? Che hanno combinato?
-Meglio se tiri fuori un sigaro, c'è da perdere le staffe.

Sam Tobe spostò il sigaro da un angolo all'altro della bocca e lesse. Leggendo il verbale, pieno di termini tecnici, Sam non ci capì molto, ma lo rilesse per scrupolo.
Niente da fare.
Si passò una mano sulla mascella non rasata, grattandosi la barba appena spuntata.
-Cosa cavolo dicono!- sbottò
-Dicono che abbiamo inviato cinque robot Al- spiegò Quell anche se a suo parere non ce n'era bisogno. Lui riusciva a capire sempre tutto dei verbali, cosa che gli era valsa il soprannome di "Dizionario" da parte di Tobe. A quel punto Sam sgranò gli occhi.
-Cinque? Mi avevano detto che noi ne...
-Ne abbiamo spediti sei.- concluse Toby e Sam lesse il timore negli occhi verde selva dell'amico.
-Già sei. Ma loro ne hanno ricevuti solo cinque. Ci hanno mandato i numeri di serie e risulta che manca Al-76.- proseguì Quell.
Rovesciando la sedia Tobe si alzò di scatto con tutta la pesante massa del suo corpo e corse fuori dall'ufficio come se ai piedi avesse ruote ben oleate. Cinque ore dopo che la fabbrica era stata setacciata dalle sale di montaggio alle camere a vuoto, cinque ore dopo che ciascuno dei duecento dipendenti era stato sottoposto ad un terzo grado, un Sam Tobe sudato e scarmigliato spedì un messaggio di emergenza agli impianti centrali di Schenectady. E a Schenectady l'impressione che fece quel messaggio rasentò il panico. Per la prima volta nella storia della United States Robot and Mechanical Men Corporation, un robot era fuggito all'esterno.

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