PRIMA PARTE

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Harry Potter varcava il grande portone di quercia dell'ingresso della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. La camminata veloce tradiva la sua impazienza, tuttavia, passando davanti alla Sala Grande non poté fare a meno di fermarsi ad ammirarla. A quell'ora era vuota, ma era splendida come ricordava. Quanti anni erano passati! Più o meno quindici anni dalla caduta di Lord Voldemort, dal suo ultimo anno a Hogwarts. Quanto gli mancava. Le serate in Sala Comune, gli allenamenti al campo di Quidditch, i banchetti nella Sala Grande, i compiti nella biblioteca... Certo, si vedeva spesso con i suoi vecchi compagni, ma nessun altro posto fu e sarà per lui come Hogwarts, l'unico posto dove si sentiva amato, apprezzato. L'unico posto dove di sentiva a suo agio.
Scosse la testa, scuotendosi da quei pensieri, e riprese a camminare.
"Chissà se mi ricordo dov'è." pensò con un sorriso.
Dopo aver girovagato per un po', trovò quel che cercava. Il grande gargoyle di pietra lo guardava imperioso, aspettando la parola d'ordine.
"Perché mai la preside McGranitt vorrà vedermi?" pensò con un po' di timore. Ricordava bene le sue ramanzine per le quali era tanto famosa un tempo. Si augurava solo che nè James, né Albus, né Lily avessero combinato qualche guaio.
Il falcone continuava a fissarlo, ma Harry si rese conto di non conoscere la parola d'ordine.
-Sono Harry Potter.- provò a spiegare. -La preside McGranitt mi ha dato appuntamento.-
A quelle parole, il gargoyle balzò di lato, scoprendo la rampa di scale. Giunto in cima, bussò tre volte e una voce femminile rispose.
-Avanti!-
Appena entrò, vide la professoressa in piedi, mentre con un mano stringeva un bastone con l'impugnatura argentata, di legno nero. Il lungo abito era anch'esso nero, con il collo alto e lunghe maniche. Non portava il cappello e l'unica macchia di colore era una splendida spilla verde scuro usata per appuntare il mantello.
-Oh, buongiorno Harry!- lo salutò, con un timido sorriso.
Lui non poté fare a meno di notare quanto fosse invecchiata negli ultimi tempi. Il volto era pallido e scavato, infestato dalle rughe. Aveva un'espressione stanca, ma gli occhi verdi brillavano come sempre, le labbra sottili insolitamente tirate in un sorriso.
-Prego, accomodati.- continuò, indicando una delle poltrone davanti al camino. Harry si sistemò nervosamente la giacca grigia.
-Solo se lei promette di fare altrettanto.- rispose con un sorriso, accomodandosi.
La donna, con qualche fatica, si sistemò sulla poltrona di fronte a lui. Agitò la bacchetta e un vassoio con una teiera, una zuccheriera e due tazze di porcellana bianca si alzò dal tavolo.
-Gradisci un po' di te?-
-Volentieri, grazie.-
Mentre il vassoio si posava sul tavolino di legno di fronte a loro e Minerva si dava da fare con le tazze, Harry continuò a fissarla. Calò un silenzio piacevole, interrotto solo dal rumore delle tazze e il crepitio del fuoco.
-Perché mi voleva vedere?- chiese, mentre prendeva la tazza che gli porgeva e ringraziando con un cenno del capo.
Vide la professoressa stringere più forte la tazza e portarla alle labbra per sorseggiarla con labbra strette. Quando l'allontanò, fece un profondo sospiro.
-E' complicato.- cominciò, con voce velata, fissando un punto indefinito sul pavimento.
-Provi a spiegare.- la esortò Harry, cominciando a diventare impaziente.
-Mi odierai a morte.- mormorò, mentre le mani le tremavano così forte da far cadere la tazza a terra, che andò in mille pezzi, rovesciandone il contenuto ambrato sul tappeto.
-Sc-scusami.- la sentì dire, mentre si premeva una mano sulle labbra per soffocare un singhiozzo.
-Professoressa, cosa...?- domandò, alzandosi e portandosi accanto a lei, mentre con un gesto fluido della bacchetta, la tazza tornava intatta e la macchia sul tappeto spariva.
La vide scossa dai singhiozzi e ne rimase sgomento. Quando mai la professoressa si era lasciata andare a simili dimostrazioni di debolezza?
Le afferrò una mano e la strinse, mentre la sentiva calmarsi a poco a poco.
-Perdonami. Non volevo metterti in imbarazzo.- sussurrò, mentre lui si sedeva accanto a lei su uno dei braccioli.
-Non mi avete messo in imbarazzo.- la rassicurò. -Ma sarei curioso di sapere cosa succede.-
Calò un silenzio teso. Lo sguardo della professoressa andò verso il ritratto del professor Silente e Harry se ne accorse.
-Manca a tutti, professoressa.- le disse, strofinandole una mano sulla schiena.
-Non quanto manca a me.- continuò sempre con tono basso.
-Non capisco.- commentò, corrugando la fronte.
La donna sorrise in modo enigmatico.
-Abbiamo sempre fatto in modo che non si capisse.-
L'uomo la guardò confuso.
-Devo averti scombussolato un po' le idee.-
-Non poco.- confermò.
Minerva sospirò di nuovo, incrociando il suo sguardo verde scuro. Gli strinse la mano più forte, istintivamente, tornando nuovamente seria.
-Hai gli occhi di tua madre.- gli disse. -Te lo avranno detto molte volte.-
-Parecchie, in effetti.-
La professoressa si alzò e si diresse verso la sua scrivania, la oltrepassò e si fermò ad accarezzare la cornice del quadro del vecchio preside, il vestito che frusciava ad ogni suo passo.
-Forza, Minerva, non glielo puoi nascondere per sempre.- la incoraggiò il ritratto di Silente.
-Cosa non mi potete nascondere per sempre? Qualcuno si degna di rispondermi?- sbottò arrabbiato.
Notò che il volto dell'altra si era incupito a quelle parole e si morse un labbro.
-Mi perdoni, non volevo ferirla.-
Lei lo guardò, sorpresa.
-Oh no, Harry. Sarò io a ferire te.- tornò alla poltrona e indicando quella davanti a sé lo invitò ad accomodarsi.
-E' complicato, ma voglio...- il suo sguardo si posò di nuovo sul vecchio quadro. -Devo... dirtelo.-
-Abbiamo tutto il tempo.- le rispose, sprofondando in poltrona.
Minerva chiuse gli occhi, come per cercare la forza. Quando li riaprì, brillavano splendenti alla luce del camino. Harry rimase interdetto per un attimo. Incrociando il suo sguardo, aveva uno strano senso di dejà vu.
-Non pensar male di me, Harry caro. Non potrei sopportarlo.- continuò fissando un punto indefinito alle sue spalle.
Lui non seppe se sorprendersi di più dalla richiesta stessa o dal fatto che lo avesse chiamato "Harry caro".
-Non potrei mai pensar male di voi.-
-Oh, ne sei sicuro?- mormorò, scuotendo un po' il capo.
Non aspettava una risposta. Incrociò le mani in grembo e cominciò a raccontare.
-Anni or sono, avevo una relazione col professor Silente, che andò avanti fino alla sua morte.- esordì, fissando l'uomo di fronte a lei, incuriosita, come se si aspettasse qualche reazione.
Lui ne rimase leggermente turbato, ma non lo diede a vedere e con un cenno del capo la invitò a continuare.
-Lo conobbi al mio secondo anno a Hogwarts, quando prese il posto del mio vecchio professore di Trasfigurazione. Piano piano, divenne il mio insegnante preferito.
-E lei la mia alunna prediletta.- aggiunse il ritratto di Silente, che fino a poco prima aveva fatto finta di essersi appisolato.
La donna arrossì leggermente, poi abbassò la testa, torturandosi le mani e continuò.
- Poi, divenne più di un professore per me. Era mio amico, capii che era diverso da tutti gli altri. Inutile dire che mi presi una cotta colossale per lui.- commentò con un mezzo sorriso. -Cotta che non terminò una volta essermene andata via dalla scuola. Anzi, crebbe di più. Quando lo incontrai due anni dopo, cominciammo a frequentarci e ben presto diventammo una coppia. All'epoca avevo vent'anni.-
Harry lo guardò sbalordito.
-Ma... quanti anni avevate di differenza?- chiese, aggrottando la fronte.
-Quarantaquattro.- rispose, imperturbabile. Vedendo la sua espressione sbalordita, continuò. -Oh, molti della mia famiglia erano del tuo stesso parere, ma non ce ne importava molto. C'era una guerra in corso, che stava devastando il mondo magico e Babbano, quindi accelerammo un po' i tempi.-
Si fermò un altro, dando tempo all'altro di assimilare tutte le informazioni.
-Quindici anni dopo, poi...- qui si bloccò. Le si inumidirono gli occhi e tentò di tranquillizzarsi per non scoppiare di nuovo a piangere.
-Non ce la faccio.- mormorò.
L'uomo rimase lì, fermo, non sapendo cosa fare. La guardò alzarsi e dirigersi verso un piccolo armadietto, dove ne trasse fuori una bacinella di pietra, intarsiata di rune, con dentro una sostanza né liquida né gassosa. Harry riconobbe immediatamente il Pensatoio. La donna si puntò la bacchetta alla tempia e ne estrasse un lungo filo argenteo.
-Non riuscirei a continuare a raccontartelo a voce.- spiegò, mentre il ricordo si mescolava alla sostanza. -Perciò, ti farò vedere una serie di ricordi.-
-Perché mi fate vedere questo?- chiese, quasi senza rifletterci.
-Perché è qui che le nostre strade si incrociano.- rispose, enigmaticamente.

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