QUARTA PARTE

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La scena mutò.
Comparve una piccola canonica, accanto a una modesta chiesa di legno chiaro, con una croce di legno scuro appesa sopra il portone. La piccola canonica era dipinta di rosso, con le persiane di un bianco sbiadito e rovinato dalle intemperie. Era posta proprio su una sporgenza e una piccola panchina laccata di verde era posta proprio davanti allo splendido paesaggio bucolico che si poteva ammirare: verdi colline colpite dal sole e, in base alla sua posizione, doveva essere all'incirca mezzogiorno. Sembrava proprio un disegno di quelli che si vedono nei libri di fiabe. Poco lontano, oltre la stradina, si poteva scorgere una piccola casa di campagna, accanto a un campo di grano, con le spighe che splendevano sotto il sole, emettendo bagliori dorate.
Una piccola figura camminava lungo la stretta via acciottolata. Minerva camminava con passo deciso ed espressione fiera, ma guardandola più attentamente si poteva scorgere una scintilla di paura nei suoi occhi verdi come l'erba dei campi accanto a lei. Aveva un veste tipicamente da strega, blu scuro e i capelli sciolti che le addolcivano il volto.
Arrivò davanti alla porta della canonica e si bloccò. Sospirò, si fece coraggio e bussò tre volte, prima debolmente, poi con maggiore convinzione.
La porta si socchiuse e comparve il volto di una donna piuttosto anziana. Aveva i capelli neri, striati di grigio, stretti in uno chignon e grandi occhi color nocciola. Indossava un lungo vestito azzurro, coperto da un grembiule dall'aria molto usata e aveva un mestolo di legno in mano. Il volto era magro e scavato e aveva un velo di malinconia nello sguardo, e anche nella voce, quando disse:
-Minerva?- più che dirlo, lo sussurrò.
La donna sulla porta annuì, sorridendo mestamente.
-Oh, la mia bambina!- esclamò la signora, spalancando la porta e stringendola in un abbraccio, che venne ricambiato affettuosamente.
-Bambina?- domandò Minerva, perplessa, quando si separarono. -Mamma, ho ventitré anni!-
-Ciò non toglie che tu sia comunque la mia bambina.- rispose la madre, accarezzandole la guancia.
Harry sorrise di fronte a quella scena, sentendo una morsa al petto. Avrebbe tanto desiderato avere qualcuno accanto. Ma Lily era morta e nessun altro riusciva a colmare quel piccolo vuoto che sentiva dentro.
-Dov'è papà?- chiese, guardando dentro la casa.
La madre si irrigidì.
-E' dentro, cara.- rispose con voce tremula e abbassando lo sguardo.
Harry capì subito che qualcosa non andava.
-Vado io.- la rassicurò la professoressa, varcando la soglia della casa, seguita a ruota da Harry e la signora.
Era piccola, ma ben arredata. Sembrava, più che altro, un lungo corridoio, al termine del quale c'era una scala a chiocciola. La carta da parati mostrava disegni floreali ed era giallina a strisce verdi. Una vecchia specchiera di mogano era poggiata accanto alla porta della cucina, socchiusa, dalla quale proveniva un profumino invitante.
-Lo troverai nella biblioteca.- la informò, scomparendo nella cucina.
-O la va o la spacca.- mormorò la donna, dirigendosi verso l'ultima porta in fondo a sinistra. Poggiò la mano sulla maniglia, poi sembrò ripensarci e bussò.
-Avanti!- rispose una profonda luce maschile.
Minerva aprì la porta.
Era una piccola stanza circolare, con le pareti verdi, che quasi non si vedevano dietro le enormi librerie e i grandi quadri che riempivano la stanza. Due poltrone di pelle nera erano poste davanti al camino, spento in quel periodo dell'anno. Davanti alle poltrone, un piccolo tavolino rotondo, sul quale erano poggiate una tazza di tè e una teiera. Un uomo anziano era seduto sulla poltrona, gli occhi fissi sul libro innanzi a sé, ma lo abbassò appena la vide entrare. Indossava una lunga tunica nera, con un colletto bianco, e Harry dedusse dal suo abbigliamento che fosse un reverendo. Era alto e ben piazzato, con le basette grigie, come i capelli.
-Figlia mia, cosa ti porta qui?- domandò sorpreso, alzandosi.
La donna alzò le spalle.
-Non posso venire a trovare i miei genitori?- chiese, ironica, accomodandosi sulla poltrona di fronte alla sua senza aspettare un invito. Il padre la imitò. Harry notò che anche il padre di Minerva aveva gli occhi verdi, probabilmente caratteristica di famiglia. Ma guardandoli bene, sentiva ancora la sensazione di averli già visti, stesso taglio, stesso colore, stessa forma.
-Credevo non saresti più venuta. Sei scomparsa, praticamente risucchiata nel... nel tuo mondo.- disse, con aria grave, guardandola male.
Minerva sospirò.
-Nel mio mondo.- cominciò, sottolineando l'aggettivo possessivo. -Mi trovo bene. Ho un lavoro e tutto procede per il meglio.-
Harry cominciò a capire il motivo per cui fosse così freddo. Lui era un Babbano e, probabilmente, come il signor Dursley, spaventato dalla magia. Ma non c'era da sorprendersi: era un uomo di chiesa, dopotutto.
-Bene, sono contento per te.- si complimentò, anche se la sua espressione affermava il contrario.
Minerva annuì distrattamente, distogliendo lo sguardo dal padre.
-E Malcom? E Robert Jr?- domandò, interessata, guardando sorridendo le foto appese ai muri che la ritraevano con due ragazzi, probabilmente i suoi fratelli.
-Stanno bene.- rispose, il padre, lanciando uno sguardo orgoglioso ai figli. -Malcom è sposato con la figlia del fioraio e vivono felici poco lontano da qui, mentre Robert vuole intraprendere la carriera ecclesiastica e si è fidanzato ufficialmente con una ragazza molto graziosa, originaria di Londra.-
-Ottimo.- continuò Minerva, con freddezza, mentre il padre la osservava severamente. -Papà, ti prego. Solo perché hanno rinunciato alla magia, non significa che siano migliori di me!- sbottò, infuriandosi.
-Non ho mai detto questo.- le rispose, assottigliando gli occhi.
-Però lo pensi.- replicò, velenosa. Il reverendo sgranò gli occhi e Minerva sbuffò. -No, non ti preoccupare. Non leggo nel pensiero.- aggiunse, scocciata. -Semplice deduzione.-
Harry avvertì chiaramente che l'atmosfera cominciava a farsi tesa. Sembravano entrambi sulle spine. Un grande affetto li univa, ma qualcosa più grande di loro li separava. E si vedeva dai loro comportamenti: freddo affetto, non di quello che ti scaldano il cuore, decisamente no. Uno di quelli che ti fa soffrire, ogni tanto. E Harry aveva la sensazione che la professoressa avesse sofferto, e non poco.
-Sta di fatto che loro hanno un buon lavoro, sono sistemati, hanno l'affetto di una compagna...- continuò il reverendo, gesticolando.
-Ah, è questo...- lo interruppe Minerva, con aria sprezzante. -Bene, ti farà piacere sapere che anche io "ho l'affetto di un compagno".- rispose, imitando le sue parole.
-Posso sapere chi è?- domandò, improvvisamente curioso. -Non sarà mica Dougal?-
La professoressa fece una smorfia addolorata, portandosi una mano al petto, come per rimarginare una ferita sanguinante.
-No. Non dico che lasciarlo mi sia piaciuto, perché mentirei.- sussurrò, con una nota di amarezza nella voce. -Ma non lo amo più. Ora c'è un altro al suo posto.- continuò, risoluta.
Harry sorrise davanti alla sua fierezza. Non si smentiva mai.
-Uno come te, immagino.- disse il padre, sprezzante.
-Immagini bene.- rispose, con l'aria di chi sarebbe scoppiato di lì a poco.
-Come si chiama?-
-Albus Silente.- replicò, imperturbabile.
Si sentì un grido soffocato nell'altra stanza e il rumore di un vassoio che cade.
L'uomo scosse la testa, alzando gli occhi al cielo. Harry non lo conosceva da molto, ma gli stava già antipatico.
-E' un uomo per bene?- domandò, inarcando un sopracciglio.
-E' uno dei maghi più famosi e più potenti al mondo.- chiarì, gonfiando orgogliosamente il petto. -Ma non è solo per questo che sto insieme a lui. E' dolce, gentile, premuroso e...-
-Come lo hai conosciuto?- continuò a interrogarla lui, che alla parola "mago" aveva fatto una smorfia disgustata. Minerva arrossì.
-A scuola.- rispose, evasiva.
-Era un tuo compagno?-
-No.- sospirò, mentre il padre la guardava sconvolto. -Era un mio professore.-
L'uomo sbarrò gli occhi, mentre la faccia cominciava ad arrossarsi e sentiva la rabbia montare dentro. Harry fece un passo indietro, come se fosse una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. E in effetti, scoppiò con la forza di una bomba atomica.
-Ti sei fidanzata con un uomo più grande di te?!- urlò, imbestialito. Minerva si alzò in piedi, facendo un passo indietro.- Quanti anni avete di differenza?-
-Papà, calmati. Non reagire così, io...- provò a calmarlo lei, indietreggiando sempre più, finche non si ritrovò con le spalle al muro.
-Quanti anni avete di differenza?- sbraitò, ancora.
-Quarantaquattro!- urlò, spaventata dalla reazione del padre.
Il reverendo sembrò gonfiarsi come un tacchino, mentre il volto era di una brutta sfumatura color pulce.
-Quarantaquattro! Minerva, per l'amor del cielo, capisci cosa significa?!- continuò a urlare.
-Ma io lo amo, papà! Non mi importa!- provò a spiegare.
-Minerva, ti ritroverai a fare da infermiera a un vecchio, tra qualche anno, rimpiangendo la vita che avresti avuto con uno più giovane. Ti userà come un giocattolo, buttandovi via alla fine, quando si sarà stancato, come uno straccio vecchio!- continuò, gesticolando, cercando inutilmente di farla ragionare.
-Non sarà così, ti assicuro.- continuò, alzando fieramente il mento. -Lui è diverso. E' buono, saggio, gentile. Non farebbe mai una cosa simile. E' l'uomo più forte, più generoso e più onesto che abbia mai incontrato.-
Harry rimase colpito dal suo gesto. Parlava con tale sentimento che persino il padre si fermò ad ascoltarla. "Se non è amore questo." pensò, con un enorme sorriso sulle labbra. All'inizio era rimasto sorpreso dalla loro relazione, ma ora cominciava a capire perché Silente si fosse innamorato di lei.
-Mi ama tantissimo, ne sono certa, e io amo lui, incondizionatamente. E saremo insieme, felici, che tu lo voglia oppure no!- urlò alla fine.
Ciaf! La mano dell'uomo volò rapida sulla sua guancia, lasciandole il segno delle dita sulla pelle. Minerva girò la testa, piangendo più per la frustrazione che per il dolore. Poi chiuse gli occhi, singhiozzando distrutta.
-Ti proibisco di rivederlo.- la ammonì, puntandole un dito contro.
La donna sentì un rumore di passi in corridoio e una porta sbattuta con violenza.
-E io le proibisco di sfiorarla di nuovo, signor Robert- ribattè una voce calma, poco distante da lei.
-E lei chi sarebbe?- chiese Robert.
-Professor Silente!- esclamò Harry, facendo un saltello di gioia. Poi si vergognò di se stesso. Si stava facendo trascinare un po' troppo da quella storia.
-Albus Silente.- rispose, pacato, guardandolo attentamente da sopra gli occhiali a mezzaluna. Le lunghe vesti color porpora erano in netto contrasto con i capelli grigi, con qualche ciocca ancora rossa, così come la lunga barba, che teneva raccolta nella cintura. Il reverendo McGranitt era un armadio, constatò Harry, ma Silente era più alto e torreggiava su di lui con aria educata, ma ferma.
- Così lei sarebbe...- disse il padre, mentre gli occhi verdi sembravano mandare scintille.
-Il compagno di sua figlia? Sì, esattamente.- continuò, imperturbabile, abbassando le mani e incrociandole davanti a sé. -E se permette, vorrei discuterne come conviene a due persone...civili.- Indicò le due poltrone davanti al tavolino.
-Molto bene.- replicò, annuendo distrattamente, mentre lo guardava come se volesse ucciderlo (e Harry, in quel momento, pensò volesse farlo davvero). -Isobel, porta Minerva in cucina. Preferisco discuterne in privato.- C'era molta freddezza nelle sue parole, mentre parlava alla moglie. Come se fossero semplici conoscenti e l'uomo con gli occhiali ebbe la sensazione che usasse sempre quella freddezza, non solo quando era arrabbiato.
La donna sulla porta fece cenno a Minerva di avvicinarsi. Lei obbedì, ma non prima di aver ricevuto un'occhiata rassicurante da Albus.
Harry fu tentato di rimanere a sentire la discussione, ma poi seguì le due donne in cucina. La cucina era una piccola stanza quadrata, con le pareti azzurre, un piano cottura, una penisola e un tavolo rettangolare con sei sedie. Le tende bianche erano tirate e non si riusciva a vedere fuori dalla finestrella.
Isobel era livida e si avvicinò ai fornelli.
-Vuoi... vuoi qualcosa?- chiese, timidamente.
-Sì.- rispose guardandola negli occhi. -Che papà mi lasci fare quel che voglio.- continuò, sedendosi su una sedia, appoggiando i gomiti sul tavolo e prendendosi la testa tra le mani.
-Ma tesoro, prova a ragionare.- tentò di persuaderla, sedendosi accanto a lei. -Finiresti per fare da infermiera a un vecchio per il resto della tua vita. Sei sicura di volerlo fare.-
Minerva non rispose, rimanendo ferma in quella posizione. La madre le tolse dolcemente le mani dal viso, scoprendo gli occhi e le guance umide di lacrime.
-Ma, mamma, credi davvero che lo avrei portato qui, se non fossi stata sicura?- domandò, tentando di mantenere un tono di voce neutro.
Isobel non rispose, ma la abbracciò, strofinandole una mano sulla schiena. Nel frattempo, nell'altra stanza non si sentiva niente, solo un borbottio di voci in sottofondo. Harry si augurava solo che tutto si risolvesse per il meglio. "Se lo meritano, in fondo." pensò. Era molto legato al professor Silente: per lui era una specie di guida, una sorta di figura paterna. La professoressa McGranitt, poi, lo aveva aiutato molte volte. Non aveva ancora dimenticato a chi doveva la sua prima scopa e la sua carriera di Cercatore.
-Lo ami molto, non è vero?- domandò.
La professoressa annuì.
-Anche lui. Tantissimo.- la rassicurò. -Prima di entrare di là è rimasto un po' con me. Capisco che tu te ne sia innamorata.- Sul volto della madre passò l'ombra di un sorriso e Minerva strabuzzò gli occhi.
-Davvero?!- chiese, speranzosa.
-E' un brav'uomo. Come pochi, in effetti. Prima di entrare da voi è stato un po' con me. Mi ha sorpreso talmente vederlo che ho fatto cadere il vassoio.- le spostò il volto per vederla meglio. -E vi auguro tutto il bene possibile. Se ho capito bene, non riuscirò a far cambiare idea a nessuno dei due...-
La donna la strinse a sé.
-Grazie,mamma. Grazie di vero cuore.- sussurrò contro la sua spalla.
Harry sorrise tristemente a quella vista.
-Che ti ha detto?- domandò, incuriosita.
-Che è conscio di essere troppo vecchio per te, ma mi ha assicurato che farà tutto quello che è in suo potere per renderti felice... Ma temo che a tuo padre non importerà molto.- le rivelò, stringendole la mano.
La porta della biblioteca si aprì.
-In questo caso, Signor McGranitt, non abbiamo più nulla da dirci.- gli disse freddamente, stringendogli la mano.
L'uomo ricambiò la stretta.
-Concordo.-
-Temo che tu debba andare, ora.- le disse la madre, abbracciandola di nuovo. Mentre erano ancora strette, le sussurrò all'orecchio. - Ti amo tanto. Sii forte, Minerva, sii prudente...-
Quelle parole sconvolsero Harry: erano le stesse parole che gli disse sua madre prima di morire e risentirle gli fece male.
-...Ma soprattutto, qualunque cosa tu faccia, sii felice. Te lo auguro tanto, tesoro mio.-
Quando si separarono, Harry notò che un enorme sorriso era apparso sulle labbra della professoressa.
-Te lo prometto.-
-Minerva, cara, andiamo?- chiese Albus, porgendole la mano.
Alla parola "cara", il reverendo fece una smorfia orribile, come se gli avessero fatto ingoiare un limone.
Minerva annuì, ma non prese il braccio che gli porgeva. Piuttosto si gettò tra le braccia del padre, che rimase rigido.
-E così mi abbandoni di nuovo.- mormorò, tristemente Robert.
-No, ti sbagli, papà. Sei tu che abbandoni me.- gli sussurrò di rimando. -Ma ti voglio bene comunque.-
Gli occhi del reverendo si inumidirono, ma quando parlò la sua voce era dura.
-Andate, ora.- Ma vedendo lo sguardo felice della figlia, aggiunse -E non tornate qui in caso di problemi. Io vi ho avvertito.-
Sul volto della donna si dipinse una smorfia di sofferenza.
-Se è questo che vuoi.- gli disse, allentando la stretta e prendendo Silente a braccetto. -Addio.-
-Ciao, Minnie.- rispose Isobel, piangendo e rimanendo immobile.
Harry si chiese come potesse una persona con un briciolo di umanità fare questo alla propria figlia e inarcò le sopracciglia davanti alla composta indifferenza di Robert.
-Spero che tu ora sia fiero di te stesso, Robert.- disse al marito, una volta che Minerva e Albus si chiusero la porta alle spalle.
Robert fece per ribattere, ma in quel momento i due professori si Smaterializzarono, e tutto cominciò a sfumarsi.

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