SETTIMA PARTE

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Tutto vorticò più velocemente delle altre volte, causandogli un leggero capogiro. Fece fatica ad abituarsi all'oscurità della stanza. Harry si ritrovò in una stanza ben arredata, ma un po' scura per via delle tende che erano tirate e non permettevano alla luce di penetrare attraverso lo spesso tessuto.
Uno scrittoio vicino alla finestra era in disordine e, vinto dalla curiosità, si avvicinò. Tra calamai, penne rotte, fogli di pergamena stracciati e inchiostro che colava per terra, solo un foglio era rimasto integro. L'inchiostro era un po' sbavato, ma si leggeva comunque qualcosa vergato con inchiostro verde, con una calligrafia obliqua ed elegante:

Cara professoressa McGranitt,
Certamente sono disposto a concederLe questi sei mesi di congedo per motivi di salute, come da Lei specificato e come scritto sulla ricetta fornitami dalla nostra infermiera, Madama Chips. Tuttavia vorrei avere sue notizie e sapere se tutto procede al meglio.
Sinceramente vostro,
Albus P. W. B. Silente

Harry fece un sorrisetto mesto. Non si era dimenticato di lei. Voleva sapere se tutto procedeva al meglio. Voleva farle sapere che dopotutto a lei teneva ancora. Voleva farle sapere che non era indifferente al suo dolore.
In un angolo di una lettera mezza bruciata, riusciva ancora a leggere: Caro professor Silente.
Lei voleva fargli sapere che non andava tutto bene. Lei voleva dirgli che sarebbe tornata da lui anche subito. Lei voleva fargli sapere che non le importava di tutti i pericoli che avrebbe corso, pur di stare insieme a lui. Lei voleva fargli conoscere il loro bambino. Lei voleva chiedergli aiuto. Ma non poteva.
Sentì un rumore e si voltò di scatto, facendosi male al collo.
Una donna ansimante era sdraiata sul letto matrimoniale lì vicino. A fatica Harry riconobbe la McGranitt, per via dei capelli che erano liberi sul cuscino e l'espressione stanca e scombussolata.
Piangeva. Tentò di reprimere i singhiozzi mordendosi le labbra, ma non ci riuscì.
Poppy entrò dalla stanza accanto, con un fagottino bianco tra le braccia. Minerva tese la braccia verso di lei e prese un po' goffamente il bambino tra le braccia.
-Sei stata bravissima.- si complimentò l'infermiera, stringendole una mano. -E' una bambina bellissima.-
-Va bene così? Non le sto facendo male?- domandò frettolosamente mentre l'altra gliela sistemava meglio tra le braccia.
-Non ti preoccupare. Va benissimo.- le rispose, rassicurandola.
Vinto dalla curiosità, Harry si avvicinò e, mentre la donna scopriva con mano tremanti il volto della bimba, si chinò a guardarla.
Aveva il volto tondo e guance rosee. I pochi capelli erano di un rosso acceso, le manine piccole e delicate. Sembrava una di quelle bambole di porcellana che si vedono nei negozi, pronte ad andare in pezzi da un momento all'altro.
Minerva l'accarezzò timidamente e la bimba sbarrò gli occhi enormi rispetto al resto del volto.
-Guarda, Poppy! Ha gli occhi azzurri!- esclamò sorpresa la professoressa, afferrando l'amica per un braccio.
-E' figlia di Albus, vero?- chiese grave l'amica, arretrando di un passo.
Il labbro inferiore di Minerva tremò un secondo, poi si voltò stupita verso di lei.
-Come hai fatto a capire?- chiese per tutta risposta. Non aveva più senso nasconderlo.
-Hanno gli stessi capelli e gli stessi occhi.- le rivelò, sedendosi accanto a lei e facendo anche lei una timida carezza alla neonata. -Se poi vogliamo aggiungere le occhiate sognanti che una certa studentessa lanciava al suo professore e il fatto che ogni volta che parliamo di lui sei sull'orlo delle lacrime, la cosa è semplice da capire.- aggiunse ironicamente.
Minerva scoppiò in un pianto disperato, mentre l'amica le picchiettava delicatamente la schiena. Le lacrime caddero sul volto della bambina, che, irritata, si mise a strillare.
La neomamma, per calmarla si mise a cullarla dolcemente, mentre canticchiava una melodia che suonò molto familiare ad Harry, anche se non riusciva a capire molto per via della voce rotta della professoressa:

Il sole tramonta lentamente,
la sera splende di lucciole.
Stai con me e sogna ingenuamente
le mie favole.
Che magia se tu mi sei accanto,
dimmi che non mi abbandonerai.
Nel mio cuore si cela un sentimento:
è la gioia che tu dai.

-Vorrei fosse qui.- mormorò, dopo una breve pausa. -Che mi sorridesse e mi dicesse che nostra figlia è bellissima.- sorrise tra le lacrime.
-Potremmo informarlo con una lettera...- tentò Poppy.
-Oh sì, certo!- sbottò Minerva, irata. -E cosa pensi di scrivere?! Caro Albus, nostra figlia è appena nata, vieni appena puoi. Con affetto, Minerva?!-
-No, no, hai ragione.- convenne in fretta l'amica, arretrando con le spalle fino al muro, spaventata dall'espressione dell'altra.
-Cosa facciamo ora?- domandò Minerva, più a se stessa che a Poppy.
-Possiamo tenerla con noi.- azzardò l'infermiera in risposta. -E affidarla a qualcuno mentre tu fai lezione.-
-No, mi ci affezionerei troppo.- mormorò, continuando a cullare il piccolo fagotto tra le sue braccia, che dormiva beatamente.
-E sarebbe un male?-
-Non posso tenerla, capisci? Devo poterle dare una vita il più normale possibile. Devo tenerla al sicuro.-
-E cosa intendi fare?-
-Credo che l'affidamento sia la cosa migliore.- rispose, grave.
Harry non si perdeva una parola, lo sguardo che saettava dall'una all'altra e ogni tanto si posava sulla bambina.
-A-Affidamento?!- balbettò Madama Chips, confusa.
-Voglio solo il meglio per lei.- le disse, porgendole la figlia.
Poppy si avvicino e la prese in braccio, mentre Minerva ricadeva esausta sui cuscini.
-Anche se questo significa non vederla mai più?- domandò lentamente.
La McGranitt boccheggiò, gli occhi che saettavano da una parte all'altra. Poi prese un profondo respiro, chiudendo gli occhi.
-Sì.- rispose infine, tuffando lo sguardo verde smeraldo in quello nocciola della collega.

Hai Gli Occhi Di Tua Madre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora