UNDICESIMA PARTE

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Quelli che Harry si trovò di fronte erano un Albus e una Minerva decisamente più invecchiati. Lei indossava il solito vestito verde con tanto di mantello e cappello a punta abbinati e Silente era vestito di rosso scuro, la lunga barba arrotolata nella cintura. Erano seduti su un muretto, di fronte a una casa molto familiare.
-Numero 4, Privet Drive, Little Whinging, Surrey.- mormorò Harry osservando le villette a schiera dai giardini perfetti.
Non ci mise molto a capire.
Era la notte in cui venne abbandonato sulla porta.
-Perché non con voi?- chiese alle due figure che parlavano sommessamente di fronte a lui., mentre la McGranitt si stava asciugando le lacrime da dietro gli occhiali con un fazzoletto di trina.
Ma le risposte erano tante e semplici: non avrebbero potuto giustificare quel gesto. Perché proprio loro che apparentemente non avevano alcun legame con Harry? E poi non era sicuro farlo rimanere tanto a lungo nel mondo magico. Avrebbe significato esporlo a troppi pericoli.
Harry non sapeva se essere arrabbiato oppure felice.
Non sapeva nemmeno perché stava piangendo, in verità. Forse lo shock, forse la commozione, forse l’udire il rombo di quella motocicletta che atterrò in quel momento di fronte a loro e che tante volte aveva visto in sogno.
Sembrava così piccolo quel mucchio di coperte in mano a quel gigante di Hagrid.
Fu Silente a prendere il piccolo in braccio e Minerva si sporse per guardarlo.
Si avvicinò per ascoltare.
-Albus, ti prego.- sussurrò lei. –Prendiamolo con noi.-
-Non possiamo, Minerva, ne abbiamo già parlato.- ribatté lui stancamente.
-E’ nostro nipote, per l’amor del cielo!-
La professoressa emise un suono strozzato, come un singhiozzo trattenuto.
-E’ anche loro nipote.-
Hagrid, insospettito, si stava avvicinando.
-E’ qui che…?- mormorò la professoressa, indicando la cicatrice, alzando la voce quanto bastava per farsi sentire chiaramente da Hagrid.
-Sì.- mormorò gravemente il mago, fissando il bambino che aveva tra le braccia con un misto di tenerezza e preoccupazione.
-E lei non può fare nulla?-
Lo guardò come per supplicarlo.
-Anche se potessi, non lo farei.- ridacchiò Silente. –Ne ho una sul ginocchio sinistro che è la copia perfetta della Metropolitana di Londra!-
Minerva serrò le labbra e i tre si diressero verso la porta.
-Sono la peggior specie di Babbani immaginabili! Dico sul serio.- continuò Minerva imperterrita.
-Sono i soli parenti che ha!- Silente la fulminò con lo sguardo.
Mentre i due continuavano a scambiarsi battute, Harry rifletteva.
Cosa voleva ancora mostrargli? Ma, soprattutto, cosa le avrebbe detto una volta uscito?
Il singhiozzare straziante di Hagrid lo risvegliò dai suoi pensieri.
Minerva aveva gli occhi lucidi e sbatteva le palpebre continuamente. Silente, dopo aver deposto la lettera, lo fissò a lungo.
-Buona fortuna, Harry Potter.-
*******

 In my daughter's eyes I am a hero,
 I am strong and wise and I know no fear.
 But the truth is plain to see:
 she was sent to rescue me.
 […]
Cause I'll be there
 in my daughter's eyes.
(In my daughter’s eyes – Martina McBride)

Harry si trovò davanti un’immagine ormai sepolta nella sua memoria.
Silente era in piedi al fianco di un Harry undicenne seduto per terra a gambe incrociate, il Mantello dell’Invisibilità ai piedi del bambino.
-Domani lo Specchio delle Emarb verrà portato in una nuova dimora, Harry, e io ti chiedo di non cercarlo mai più. Se mai ti ci imbatterai di nuovo, sarai preparato. Ricorda: non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere. E ora, perché non ti rimetti addosso quel meraviglioso Mantello e non te ne torni a letto?-
Il piccolo Harry si alzò in piedi.
-Signore… Professor Silente… Posso farle una domanda?-
Il mago, che evidentemente aveva già intuito quale domanda fosse, sorrise benevolo.
-Certo! Me ne hai appena fatta una! Comunque, puoi farmene un’altra.-
-Lei cosa vede quando si guarda nello Specchio?-
Fece questa domanda così velocemente che quasi non si capì, forse per timore di ricevere un rimprovero.
La risposta che diede Silente era ancora impressa nella sua memoria.
-Io? Mi vedo con in mano un paio di grossi calzini di lana.-
Il piccolo Harry lo guardò incredulo mentre l’Harry adulto rise tristemente.
-I calzini non bastano mai.- disse Silente. –E’ passato un altro Natale e nessuno mi ha regalato un solo paio di calzini. Chissà perché a me regalano soltanto libri… Ora a letto, su!-
Il bambino annuì, prese il Mantello che il mago gli porgeva e se lo mise addosso.
La porta si aprì e, mentre stava per richiudersi, si udì Harry parlare.
-Buonanotte, professor Silente!-
E la porta si richiuse con un tonfo.
-Buonanotte, Harry.-
Ma a rispondere non fu solo Silente. Una seconda voce femminile risuonò dal fondo dell’aula in disuso.
Veloce come un batter di ciglia, Minerva apparve in vestaglia scozzese e i capelli nero-grigi raccolti in una lunga treccia.
-Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere…- mormorò lei, giocherellando con la punta della treccia, appoggiandosi al muro.
Silente fissava il suo riflesso nello Specchiò e non rispose.
Minerva si avvicinò a lui e lasciò che le avvolgesse un braccio intorno alla vita, tirandola a sé.
-Che cosa sarebbe successo se io te l’avessi detto prima, Albus?- chiese, tremando. –Sarebbe ancora viva?-
-Non lo sapremo mai.- rispose lui in tono lugubre. –Quindi, perché tormentarsi?-
-E’ solo colpa mia.- ribatté la professoressa, nascondendo il volto nella veste del mago.
-Non è vero.- la contraddisse, dandole un bacio sulla nuca.
Harry li fissava con malinconia e tristezza. E se fosse cresciuto con loro? Se fosse stato abituato a chiamare Albus “nonno” e Minerva “nonna”?
La risata che gli scaturì al pensiero si trasformò in un singhiozzo.
-Sai cosa vedo quando lo guardo?- continuò la donna, fissando nuovamente lo specchio. –Vedo James. Sono identici. Perfino i capelli. Gli stanno sempre disordinati, come il padre. Ed ha un gran talento per il Quidditch, hai visto tu stesso come vola bene!-
Scosse lievemente il capo, sorridendo emozionata.
-Ma ha gli occhi di Lily. Ha i miei occhi, Albus.-
Il suo volto divenne la maschera del dolore. Artigliò la veste dell’uomo con una mano, reggendosi a lui per non crollare a terra.
-Perché? Come ho potuto essere così egoista?- esclamò con rabbia. –Sono stata una stupida. Per colpa mia Lily e James sono morti.-
-Adesso basta, Minerva!- tuonò Silente, rimettendola dritta e mettendole dietro le orecchie una ciocca sfuggita alla treccia. –Non è colpa tua.-
Harry si voltò verso lo specchio. 
-Non è colpa di nessuno.- mormorò di nuovo il mago. 
In quel momento (Harry ne era certo) nel riflesso dello specchio tutti e tre vedevano alle loro spalle due familiari volti sorridenti.

Hai Gli Occhi Di Tua Madre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora