6. Musica.

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Mentre le ultime note di Last Part sfumano nell'aria, riapro gli occhi.
Non c'è niente che io possa fare.
Ogni volta che sento della musica, di qualsiasi genere, qualunque sia la provenienza, entro nel mio mondo.

Chiedo ad Alessio di passarmi la chitarra, ora tocca a me.
Oggi, stranamente, mi sento abbastanza felice. Forse perché è iniziato l'inverno, ed io amo l'inverno.
L'aria talmente fredda che mi ghiaccia i pensieri in testa, il fiato che si condensa in tante nuvolette di vapore, che mi danno l'impressione di avere sempre una sigaretta tra le labbra. E dato che io adoro fumare, la cosa non può che farmi piacere.

E poi la neve. Qui a Londra capita spesso, durante la stagione fredda, che inizino a cadere fiocchi bianchi e impalpabili, che mi riempiono i capelli, mi entrano negli occhi, scivolano dentro al colletto della giacca e poi giù, lungo la schiena.

Prendo la chitarra in mano, e appena sfioro le corde una scossa mi percorre le dita. È assurdo, dopo tanti anni l'effetto che mi fa avere una chitarra in mano è sempre lo stesso.

"Genn, oh, Genn, ci stai?"

"Eh? Cosa?"

"Dico, che pezzo vuoi fare?"

"Scusa Ale', devo uscire un attimo."

Poso la chitarra, metto la giacca, prendo le chiavi e esco, lasciando il mio migliore amico seduto a guardarmi con un'espressione stupefatta.

Sono appena le cinque e mezza, ma già il cielo è buio e iniziano a spuntare le prime stelle.
La Luna, enorme, onnipresente, illumina le strade piene di gente.

Dopo neanche due minuti, già il cicaleccio delle persone mi ha stancato.
Prendo le cuffiette, costantemente attaccate al telefono, e le metto nelle orecchie. Cazzo, avevo dimenticato di spegnere la musica, lasciandola in riproduzione casuale.
Ora è appena iniziata White Wood, la nostra White Wood.
Mi fa sempre un po' di tenerezza ascoltare le canzoni di quando eravamo solo due ragazzi sperduti, senza futuro, ma con un sogno, un grande sogno, un sogno che, almeno in parte, abbiamo realizzato.

Da quando è terminato X-Factor, cioè da ben quattro anni, molto è cambiato.
Penso alla mia famiglia, rimasta in Italia.
Penso agli amici perduti e a quelli nuovi.
Penso a tutti i ragazzi come noi, costretti ad abbandonare un Paese senza futuro, o costretti, peggio, a rimanervi.
Penso a tutto quello che vorrei fare, ai problemi che vorrei risolvere e che non ho la forza di risolvere.
Penso a me e ad Alessio, alle serate nei locali, come se niente fosse cambiato. Al mio lavoro di cameriere in un pub.
Al bisogno di scappare, un bisogno impellente talvolta, una necessità insopprimibile.

Alessio mi conosce, ormai. Sa che quando esco, la sera, da solo, è perché sono alla disperata ricerca di qualcosa, qualcosa di talmente impalpabile che appena le mie dita lo sfiorano si allontana.
Ho bisogno di trovare il mio spazio.

Tutti hanno bisogno di un loro spazio, di una ragione che li spinga avanti, che li spinga a non mollare.
C'è chi, seppur incosciente di averla, l'ha sempre avuta accanto.
C'è chi l'ha trovata, ed è disposto a dare la vita per essa.
Infine, c'è chi, come me, la cerca disperatamente da una vita, lotta con le unghie e dei denti, ma niente, non arriva.

A lungo l'ho dimenticata, non c'ho più pensato, come se reprimere il bisogno, confinandolo da qualche parte, potesse fermarlo.
Ma rimaneva sempre li, tra il cuore e i polmoni, a fare male, nei momenti difficili, a ricordarmi che, davanti all'immensità della vita, si è soli.

Seduto su una panchina, mentre guardo il London Eye girare pigramente, pieno di ragazzini urlanti e adolescenti che si baciano, mi domando chi io sia, perché sono qui, e se davvero c'è un destino già deciso per ciascuno di noi, quale sia il mio.

Gente, buonasera.
Non so se siete riuscite ad arrivare fin qui, sinceramente non l'ho neanche riletto ma credo sia alquanto orrendo.
Scusate, ma ultimamente sono a corto di idee e ora devo andare ad aiutare mio cugino a fare befane di cioccolato, lol.
Grazie a tutti

giobutch

Ps: se vi va, guardate il video che sta all'inizio del capitolo.

One shots || Genn ButchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora