Episodi sconvolgenti

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La campanella che segnava la fine della pausa ricreativa, stava suonando ormai da qualche secondo; non riuscivo ancora a realizzare tutto quello che era accaduto in così poco tempo. Elsa mi guardava desolata e senza parole. Mi prese la mano e mi portò in un angolo, lontana da tutta quella confusione. Mi disse che sarebbe andato tutto bene, che ero forte e che avrei superato qualsiasi cosa, anche l'ostacolo più complicato. La guardai ancora perplessa, la ringraziai e le diedi un rapido bacio sulla guancia. Si, le lasciai un po' di lipstick rosa lucido sulla gota ma, non volli dirglielo. Mi voltai per tornare in classe e, senza ripensarci, mi avviai lungo il corridoio. Entrai nell'aula e mi misi a sedere. Ero sola, isolata da tutto il resto del Mondo. Sembrava che, i nuovi compagni, provassero ribrezzo nei miei confronti. Presi il mio quaderno per gli appunti e aspettai l'arrivo del nuovo insegnante. Entrò la professoressa di psicologia (materia che nel vecchio istituto, adoravo). Era alta, giovane e magra. Aveva i capelli biondi raccolti in una treccia che poggiava sulla spalla destra. Era davvero una bella donna. Gli occhi azzurri penetranti e un sorriso da togliere il fiato. Si presentò alla classe con totale disinvoltura; si accorse di me, tremavo. Non mi piaceva essere al centro dell'attenzione; preferivo restarmene nel mio. Mi guardò e cominciammo una conversazione che a me sembrò interminabile.

Aveva una voce così dolce e fiduciosa e mi disse: "Perdonami se non ti ho notata prima; io sono Brittany Cartwright ed insegno psicologia da 10 anni ormai, in questo istituto. Tu sei?"

Risposi cercando di essere il più sciolta possibile nonostante la tensione.
"Salve, sono Mavie Witcher; una studentessa canadese che si è trasferita da poco."

Mi guardò incuriosita e, le mie guance si arrossarono immediatamente. Non ci fu alcun commento, né dalla ragazza di prima, né da tutto il resto della classe. Tirai un respiro di sollievo. La conversazione con l'insegnante riprese e, mi vennero poste altre domande sul mio passato e, sulla materia stessa e gli argomenti affrontati. Dopo questo breve ma intenso 'colloquio', la lezione cominciò e ci vennero presentati alcuni degli psicologi più importanti e i loro pensieri. Tutto si era svolto a livello generale, il vero lavoro sarebbe cominciato nei giorni a venire. Quella era l'ultima ora ma, prima della fine della giornata, ricevetti un bigliettino firmato da una certa Megan. Non avevo ancora associato alcun nome ad un possibile individuo, era davvero passato troppo poco. Lessi attentamente e, nel piccolo frammento di carta bianca, vi erano scritte poche parole, in una particolare grafia, dal colore verde.
"Mavie, un nome così prezioso per una nullità come te. Pensavi fosse tutto finito? Invece no mia cara, te la farò pagare per tutto ciò che hai detto davanti ai miei amici. Oggi pomeriggio ti aspetto davanti a scuola.
                                        Megan"
No. Non potevo crederci, non era passata neanche una settimana dal mio arrivo a Londra e mi ero già messa nei pasticci. Fantastico direi!
Suonò la campanella e, la presunta Megan mi passò davanti facendomi un occhiolino. Non c'era simpatia nel sto sguardo, solo disprezzo. Raccolsi il mio zaino da terra, presi il telefono da sotto il banco e mi avviai verso la porta; la professoressa però mi bloccò.
Mi disse di stare alla larga da Megan e dalla sua compagnia. Evidentemente, l'episodio accaduto qualche ora prima aveva già fatto il giro della scuola; le notizie correvano in fretta.
Mi raccontò di alcuni avvenimenti architettati e compiuti dal gruppo e rimasi scioccata. Ero pietrificata. E se avessero fatto tutto ciò anche a me? Se avessero escogitato un brutto scherzo che mi avrebbe portata solo all'umiliazione totale o, peggio, alla distruzione. Mi strinsi nelle spalle, ero forte e ce l'avrei fatta. La signorina Cartwright mi disse che mi avrebbe aspettata l'indomani nell'aula utilizzata per i colloqui per conoscermi meglio. Mi andava bene, almeno sarei stata lontana da quella classe per un lasso di tempo che speravo fosse eterno. Elsa era fuori dalla classe intenta a giocherellare con la zip della felpa. L'abbracciai e insieme uscimmo dall'istituto. Mi raccontò della sua giornata ed io feci lo stesso. Passammo per il cortile e, senza fermarci, ci avviammo verso il cancello. L'odore di fumo mi invasi le narici. Non riuscivo a respirare e, mi voltai verso la mia migliore amica. Mi prese la mano e, insieme, cercammo una via di fuga per sfuggire a quell'immensa e densa nube. Ripresi fiato e mi calmai. Anche Elsa aveva il mio stesso problema e, anche lei cercò di calmarsi. Da quando era morto suo nonno a causa di un tumore ai polmoni, non voleva nemmeno vedere una sigaretta. Eravamo compatibili al 100%. Avevamo le stesse fobie e le medesime ideologia; insomma, eravamo come gemelle siamesi. Passammo per la stradina ricolma di studenti e, ricominciammo il nostro discorso. Qualcuno, però, si mise davanti a noi, bloccandoci la strada. Era lei; Megan.
"Ancora qui Mavie? Pensavo te la fossi data a gambe dopo il mio bigliettino."
Ed eccola che ricominciava a farmi fastidio. Non le era bastata la scenata precedente?
"Si, sono ancora qui. Non ho paura e no, non scapperò."
Risposi decisa, con una convinzione che non pensavo mi appartenesse, almeno, non in quel momento.
Si intromise anche Elsa, non pensavo lo avrebbe fatti, soprattutto perché, in quel discorso, non c'entrava.
"Megan, lasciaci in pace. Siamo arrivate da poco e, sinceramente non credevo ci fosse qualcuno così infantile, disposto a rompere sin dal primo giorno. Ora spostati o perderemo l'autobus."
La mia migliore amica era furiosa e lo vedevo da come mi stringeva la mano. Era sempre stata una ragazza tranquilla e calma, non amava i litigi e ne restava sempre fuori. In questo caso, però, l'oggetto della discussione ero io e, lei, avrebbe fatto qualsiasi cosa per me. Megan non ci vide più dalla rabbia e rispose a tono, ovviamente.
"Oh, tesoro, difendi pure quanto vuoi la tua fidanzatina ma, tanto, non andrai da nessuna parte. Siete due nullità senza speranze e vi atteggiate come se foste delle modelle di un qualche marchio famoso. Non valete nulla e vi schiaccerò, prima o poi."
Non ero più io. L'ira aveva preso il sopravvento. Tirai per la mano Elsa e sorpassai Megan, sapevo si sarebbe spostata. Non dissi nulla e nemmeno mia 'sorella'. Mi diressi alla pensilina più vicina e attesi insieme alla mia migliore amica, l'arrivo del nostro pullman. Mi dovevo assolutamente riprendere prima di fare una qualche cavolata. Ero stata insultata e umiliata. Era decisamente troppo per una sola giornata. Salimmo sul bus e chiamai Moony per farle sapere che stavamo tornando. I soliti 20 minuti di viaggio passati tra chiacchiere e risate. Poi, però, qualcosa catturò la mia attenzione. Nello stesso quartiere in cui abitavamo, vi era un piccolo negozietto con una grande insegna con la scritta 'Snog'. Quella era una delle catene di frozen yogurt più famosa e buona di tutta Londra. Avevo sempre sognato di poter lavorare in un posto simile e, decisi che quello sarebbe stato il primo luogo in cui avrei fatto domanda per un lavoro part-time. Dopo pochi minuti, dovetti scendere dal pullman ma la mia mente era ancora fissata all'immagine del negozietto visto poco prima.

Angolo Autrice
Buon pomeriggio miei cari lettori. Allora, come vi sembra questa teen fiction? So che siamo ancora all'inizio e quindi la storia può risultare noiosa ma, vi prometto che presto sarà completa e ricca di avvenimenti. Vi devo lasciare, sto scrivendo mentre guardo e ascolto Mtv music; ora c'è What Do You Mean e, essendo Belieber, non posso far altro che concentrarmi sul mio idolo. Vi lascio con una foto di Megan; a presto miei cari.

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