Capitolo 3

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Mi richiusi la porta alle spalle, facendo scattare la schiave nella serratura prima d'infilarla alla rinfusa nel borsone, insieme a tutte le altre cose.
Mentre cercavo di respingere il freddo invernale, mi sembrava che i miei pensieri cominciassero ad essere trasportati via insieme al vento.
Mi misi gli auricolari senza sgarbugliarli e cominciai a far riprodurre la mia playlist preferita, lasciando che accompagnasse i passi che alleggerivano la mia mente uno dopo l'altro.
Avevo già cominciato a galleggiare fra le note musicali da tempo, quando arrivai finalmente a destinazione.
La solita via nascosta al crepuscolo,
la solita compagnia intenta a schiamazzare davanti alla porta d'entrata.. ma..
qualcosa non andava.
Mi fermai al lato opposto della strada con la punta dei piedi già sulle strisce pedonali,
quando cominciai a contare i ragazzi con gli occhi socchiusi.
Avendo scordato gli occhiali a casa e la miopia mi faceva faticare a riconoscere le cose a me distanti.
Nonostante questo,pensavo che tutto fosse in ordine.
Le solite posture spavalde e scherzose come ombre al tramonto,
Le solite voci profonde da ragazzini cresciuti troppo in fretta,
Le solite borse sportive portate a tracolla con non curanza.
Eppure non erano soltanto in tre.
In tutto si poteva contare la bellezza di sette persone, intente a fissarsi l'un l'altra ai margini dell'edificio.
Se quel poco che mi rimaneva di nitidezza non mi aveva preso in giro, il tutto era composto da quattro ragazze e tre ragazzi.
Quando i miei neuroni cominciarono a comunicare fra loro rendendo il resto silenzioso, era già troppo tardi.
Non avevo ancora fatto in tempo a darmela a gambe quando mi notarono e iniziarono ad incitarmi di raggiungerli.
Avrei tanto voluto fare finta di non conoscerli mentre mi tiravo timidamente il cappuccio sugli occhi.
Sapevo benissimo a cosa avrebbero voluto parare.
Fra quel gruppetto di umani, vi era anche la mia ragazza.
In fondo, ero stato uno stupido a non pensarci.
oramai l'ora era tarda, ed era tremendamente inusuale da parte loro mandare un invito del genere senza un minimo di preavviso.
Non volevano semplicemente fare un semplice bagno rilassante in una delle tante vasche colme d'acqua infuocata.
Volevano semplicemente spassarsela come non ne avevano quasi mai occasione. In una cittadella come la nostra, l'unica piccola discoteca disponibile distava circa un ora di distanza.. cosi, la maggior parte delle persone preferiva imboscarsi in posti più facilmente reperibili.
Ma, insomma..
Sarebbe stato tutto okay se non avessero anche deciso di trascinare me in quel casino.
Non era nulla di illegale, certo..
solo una delle tante ragazzate che si "dovrebbero" fare alla nostra età.
Non avevo molta intenzione di partecipare a tutto ciò;
in poco tempo la mia mente elaborò un semplice piano per riuscire a fugarmela prima che la notte incombesse con l'ordine di compiere i doveri che ci aspettavano.
Sospirai. Ancora.
Ma questa volta fu la stanchezza ad appesantire il mio stomaco in qualcosa di ancora indefinito.
Aspettai che il semaforo dei pedoni illuminasse la figura che indicava il possibile passaggio, ora nera e illusa come quella arancione.
Appena un luccichio verde si impossessò della penombra dell'aggeggio, cominciai a dirigermi verso di loro con il solito sorriso falso e compiaciuto.
Mi dispiaceva essere quel tipo di persona con loro,
tenevo seriamente al legame che ci univa sin da quando potevamo camminare solo a quattro zampe, ma..
non riuscivo davvero a comprendere cosa ci trovassero in tutto questo.
Ogni singolo passo mi soffocava come se fossi stato al posto delle strisce biancastre, e fosse un gigante a passare felicemente su di me per andare dal suoi amici.
Avevo bisogno di tempo,
avevo bisogno di capirmi.
Ma sapevo che se solo sarebbe sfuggito qualcosa
che non andava dalle mie labbra,
gli anni che eravamo rimasti insieme sarebbero stati solo i secondi che ci avrebbero messo per andarsene lontano da me.
..ho paura..

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