Amami.

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«Hey, piccola! Come stai?» chiese Bruce cercando di attirare l'attenzione della sua amica.

Da quando Luna si era trasferita a Gotham, già ne aveva passate tante. Ora, anche il rapimento.

Era stato lui a salvarla, ma guardandola, era come se ormai avesse lasciato un pezzo di sé in quella caverna ormai distrutta.

«Mmh? Ah si, sto bene. Tu, piuttosto: non vieni mai a trovarmi? Conosco meglio Alfred di te. È una cosa che non sopporto. Certo, ti adoro Alfred, ma sei tu il mio migliore amico!»

Alfred, che stava seguendo la conversazione, colse l'offesa non voluta e realizzò un inchino, facendo capire che non si era offeso.
Bruce, intanto, rise.
«Hey, che ti succede? Non mi hai mai fatto queste frecciatine!»

«Di solito so stare al mio posto, ma in questo periodo mi sento strana.» disse Luna confermando le preoccupazioni del giovane filantropo.

«Immaginavo... Quel rapimento credo ti abbia sconvolta.»

Luna abbassò lo sguardo, pensierosa. Non era stato il rapimento a sconvolgerla, quanto il rapitore. Bruce non era a conoscenza della visita inaspettata del clown. Lei, in compenso, non riusciva a toglierselo dalla testa. « Già, credo tu abbia ragione... » a quel punto Luna si alzò in piedi, pronta ad andare via da quel maniero, e si sistemò i pantaloni, rovinati dalla posizione assunta nel sedersi sulla poltrona di pelle di casa Wayne. «Credo sia arrivata l'ora di andare.»

«Alfred, puoi accompagnarla, per favore?»

«Certo, signor-...»

«No, non ce n'è bisogno. Grazie. Ho l'auto qui fuori.»
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Il clown era di fronte il maniero Wayne, aspettando che Luna se ne andasse.
Nei giorni seguenti la sua visita, gli capitò di guardarla da lontano, di seguirla, di studiare i suoi spostamenti, per poterla capire.
Ma cosa più importante, non vedeva più il sorriso sul volto di lei.
La cosa lo faceva infuriare, e cominciava a bagnarsi freneticamente le labbra a causa del suo tic.

La seguì fino a casa, vegliando su di lei in quelle strade buie e pericolose.

Non appena la vide varcare la soglia, la seguì.

No. Non voleva dimenticarla. Il suo cervello, straripante di pensieri non la smetteva di parlargli, non voleva che la dimenticasse.
C'era qualcosa in quella donna.. Qualcosa nel suo sguardo che l'aveva conquistato già dal loro primo incontro.
E voleva quello sguardo solo per se.

Luna si voltò per chiudere la porta, ma non fece in tempo e Joker la bloccò.

«Cosa...?»

Non fece in tempo a dire nulla, che lui la spinse dentro e chiuse la porta con un calcio, poi la sbatté contro il muro.
«No. Non posso dimenticarti. Tu mi hai tolto quella spina dal cuore. Ma come hai fatto? Quando è successo?»

«J- Joker.. I-Io non capisco cosa stai dicendo...»

«Quel libro..! Quello stupido libro! Mi ha confuso! Mi ha reso pazzo! Il che significa che mi ha reso normale, dato che ero già pazzo... o semplicemente mi ha reso più pazzo? Non lo so! Niente ha più senso! Solo tu hai un senso!»

«Jack...»

«Cosa devo fare? Dimmelo tu! Io non lo so!»

«Io non so niente... Non riesco a capire che sta succedendo. Davvero, mi stai prendendo alla sprovvista.» disse ridacchiando lei.

Le afferrò il viso con la sua mano guantata e si avvicinò alle sue labbra «Eccolo... il tuo sorriso... mi porta sempre a desiderare queste labbra. Ho cercato di dimenticarti, di guardarti da lontano, ma la cosa non mi basta. Il tuo cervello mi eccita, il tuo modo di pensare mi attrae e la tua presenza mi rende pazzo. Ancora più pazzo della mia pazzia e di quel libro. Spiegami come fai.»

Luna era spiazzata.
La sua pazzia lo rendeva sincero come un bambino.
Luna però perse quel sorriso poco dopo.

«Cosa c'è? Non provi lo stesso?» chiese preoccupato.

«Al contrario... in questi giorni non ho fatto che pensarti, ma non potrò mai vivere con uno come te. Per quanto io ti ami, ho bisogno di stabilità... per quanto io sia strana, ho bisogno di normalità... come posso vivere con qualcuno che ogni notte rischia la vita, come posso amare qualcuno senza poterne parlare felice?»

«Io non sono solo il clown, Luna. Io sono Jack Napier.»

Con quelle poche parole, riuscì a spiazzarla ancora una volta. Luna gli mise una mano sulla guancia e baciò quelle meravigliose labbra sfigurate. Un bacio casto, senza pretese, che servì solo ad accettare la richiesta silenziosa del clown. Poi cominciò a piangere, involontariamente.
Lo sguardo curioso del clown cadde su quelle lacrime.
Ne raccolse una, che rimase intera sulla pelle cerata dei suoi guanti viola.
«Perché stai piangendo?» le chiese stupito, quasi come se ciò fosse inconcepibile per lui.

«Perché sono felice, Jack. Voglio stare con te e voglio che la cosa funzioni.»

Joker rimase in silenzio, mentre la guardava negli occhi e i loro respiri si mescolavano e si facevano regolari, sintonizzati.
Si avvicinò ancora di più al viso della donna, con le labbra socchiuse «Cosa dovrei fare ora?» sussurrò impreparato.

«Amami.» disse solo lei.

Joker non aspettava altro, e si impadronì selvaggiamente delle sue labbra. Indietreggiò trascinandola con se. L'avrebbe presa lì e ora. La camera da letto sembrava troppo lontana, quindi optò per il tavolo, il quale sembrava abbastanza solido. Senza mai staccarsi dalle labbra di lei, con una mano gettò a terra qualsiasi cosa si trovasse su quel tavolo e la sollevò da terra, facendola sedere sul tavolo. Non appena si sdraiò su esso cominciò a baciarla su tutto il corpo mentre lei inarcava la schiena eccitata. Lui si tolse il cappotto, i guanti, e tutto ciò che indossava sulla parte superiore del suo corpo, ma ancora non si sentiva abbastanza libero. Luna lo guardava, mordendosi il labbro, e lui si eccitava nel venderglielo fare. Le allargò le gambe e la avvicinò al suo bacino, ghignando, e riuscì a renderla sua per tutta la notte, arrivando anche in camera da letto, tra una pausa e l'altra. Passarono la notte ad amarsi ancora, e ancora, rendendosi felice l'un latro.

Il leone stava salvando lo schiavo, riuscendo a guadagnarsi la libertà.

Noctes AtticaeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora