4. Begin again

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La scritta rosso sangue campeggiava sul muro candido di quel minuscolo bagno.

-Dimmi che è ancora Dante, deve esserlo, lo è sicuramente- mormorò frenetico Sherlock.

Siria annuì, pallida.

-E'... Spaventoso. Sherlock tu... Hai idea di... Chi abbiamo davanti?-

-Qualcuno che si richiama ai metodi del nostro amico morto, questo è certo-, disse neutro, mentre il suo cervello lavorava a pieno ritmo, -agente, chiami Lestrade e gli comunichi quanto abbiamo trovato-.

-Un... Imitatore?-

-Possibile-.

Sherlock si avvicinò alla scritta.

-Non è sangue. Questo sì che è interessante... Non è ancora oltre il limite della violenza. Avremo un'evoluzione. Sarà divertente- concluse con un ghigno quasi esaltato.

-Quindi... Morirà... Qualcun altro?-

-Probabile-

-Dobbiamo fermarlo!-

-E' il mio lavoro, ragazzina-.

-Sembri sempre così divertito-

Sherlock rimase un attimo in silenzio e poi, mentre usciva dalla stanza disse: -Andiamo via. Qui non abbiamo più nulla da fare. Avremo notizie tra qualche ora, al più tardi domani.-.

Siria lo seguì. Era talmente sconvolta che non riusciva a dare forma ai pensieri che le turbinavano in testa, frenetici, taglienti, paurosi, voli della fantasia, vertiginosi.

Sherlock la portò con sé nel taxi, mentre avvertiva John delle novità .

-Siria, so che sei ragionevolmente scossa da tutto ciò, ma... Non corri alcun pericolo. Non c'è motivo per essere agitata e mandare circa dodici segnali distinti di questo tuo stato d'ansia per farmelo capire-.

La ragazza lo guardò leggermente sorpresa.

-Credo che sia normale che io sia... Agitata-.

-Quando sei con me devi rivedere il tuo concetto di normalità, piccola Watson-.

Lei avvampò.

-Ci tieni molto a lui...?-

Sherlock non rispose, lo sguardo fisso davanti a sé.

-Lui è la mia priorità-, disse secco mentre scendeva dal taxi, per salire in fretta in casa, seguito da Siria, che aveva colto al volo il suo strano e improvviso turbamento.

Il consulente detective, si sedette sulla propria poltrona e si chiuse in un silenzio che significava solamente: "Che nessuno parli, sono nel mio palazzo mentale".

Il lungo corridoio del mind palace.

Bentornato, Sherlock.

"Devo tornare lì"

Alla velocità del pensiero appare la stanza dell'omicidio.

"Sapeva che avrei assunto il caso, ma deve aver fatto un errore, deve aver lasciato qualcosa..."

La stanza gira, diventa il bagno, la scritta, il muro.

"No! Mi serve la stanza"

Pareti di mattonelle si fondono all'intonaco marrone chiaro della scena del crimine, librerie ad armadietti pieni di... Psicofarmaci?

Sherlock aprì gli occhi e sorrise.

Mandò un messaggio a Lestrade e si alzò nello stesso istante in cui entrava come una furia Marina, seguita da John.

-Sono scandalosi! Hanno provato a trattenermi in quel posto lurido, John, ma ho dovuto ricordargli che ero su un dannato aereo quando... Quando qualcuno ha ucciso Trevor...- mormorò, spegnendosi tutt'un tratto.

-Un trauma che supererai facilmente, se non ha avuto bisogno di uno psicologo dopo la strage di quasi vent'anni fa...- disse con noncuranza Sherlock.

John e Marina si irrigidirono.

-Hai letto il mio fascicolo...-

-E non solo, mia cara-.

-Sei così viscido-

-L'hai già detto, temo-

Lei se ne andò senza replicare, infuriata.

Sherlock fece un sorriso storto e vittorioso.




Una figlia inaspettata - Parte Seconda Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora