5. Email

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John raggiunse Marina nella sua stanza.
-Ehi... Non farci caso, fa sempre così-, disse piano lui.
Lei rimase a lungo in silenzio.
-Mi spieghi cosa esattamente ci trovi in lui, John?-, sibilò lei, aggredendolo.
-Mi ha salvato-, rispose pacatamente l'ex medico militare.
-E allora?!-, sbottò lei.
Lui sorrise mite.
-E allora mi ha fatto vedere il suo lato migliore, il lato che vale la pena di essere conosciuto e amato-, rispose, dopo un attimo di silenzio.
Lei si accoccolò su una poltroncina, fissando il vuoto.
-Sono felice che tu abbia trovato qualcuno-.
John trasalì. Si rese conto solo in quel momento che non avevano contatti da oltre quindici anni, e che lei aveva cresciuto sua figlia, la loro figlia, da sola, con la dura vita del soldato per lunghi anni, senza che lui provasse soltanto ad aiutarla. Fece un respiro profondo e riuscì a farle la domanda che aveva in testa dal primo momento in cui l'aveva vista nel proprio salotto, a Londra.
-E... Tu? Hai... Qualcuno?-.

-Il mio battaglione. Ho solo loro. O meglio, li avevo-, disse Marina, toccandosi cautamente le bende pulite.

-Io... Un uomo-.

Il soldato inglese le prese la mano, stringendola dolcemente.

John sentì qualcosa muoversi nello stomaco e cercò di sopprimerlo.

-Non preoccuparti-, la rassicurò lui, accarezzandole i capelli e intercettando un infermiere per cercare di carpirgli informazioni sulla loro situazione.

-Sono contento. A Siria piace?-

Marina si stese sulla brandina, distrutta fisicamente e psicologicamente, e si addormentò.

La sensazione di essere ancora in Afghanistan scomparve, e la donna fece un sorriso storto.
-Si ribella, come tutte le adolescenti-.
John annuì e calò il silenzio tra loro, un silenzio pesante e denso.
-Mi dispiace, Marina-, disse, mormorando appena.
-Non importa, John. È passato-, disse lei, alzando le spalle.
-Lo hai sposato?-, chiede lui, a bruciapelo.
-No-.
-Effettivamente non hai la faccia da mogliettina obbediente-.
John e Marina trasalirono: non si erano accorti che Sherlock li stava fissando, dallo stipite della porta, in attesa che si accorgessero di lui.
-Cosa ci fai qui?-, lo apostrofò la donna.
-Quando hai sentito hai avuto il tuo ultimo contatto con Payne?-
-Me lo hanno già chiesto-.
-Voglio sentirlo da te-.
-Quasi un anno fa, ci siamo visti in Turchia, io partivo e lui tornava a casa-.
-Non ti ho chiesto questo. E lo sai benissimo-.
Lei strinse le labbra.
-Allora?-.
-Un paio di mesi fa-.
-Già meglio. Come ti ha contattata?-.
-Per mail. Mi ha... Mandato un brano in poesia. Poi mi ha detto di aver sbagliato destinatario, chiedendomi di cancellare la mail.-.
-E così hai fatto. Bene. Mi serve il tuo telefono-.
Lei glielo porse, mordendosi un labbro, colpevole.
Sherlock se ne andò, chino sullo schermo del cellulare, lasciandoli in un silenzio imbarazzato.
-SIRIA!-, chiamò Sherlock, e una testa castana sbucò dalla cucina.
-Vieni, ho bisogno che tu legga e traduca una cosa per me-, disse, collegando il cellulare al computer.
Armeggiò per un po' con la tastiera, in silenzio.
-È quella di mia madre?-, chiese la ragazza.
Sherlock annuì, concentrato.
Recuperò la mail cancellata, aprendola sullo schermo.
Siria si morse un labbro.
-È lei, vero...? La Divina Commedia-.
La ragazza annuì e la lesse, riflettendo.

«La prima di color di cui novelle | tu vuo' saper» mi disse quelli  allotta, | «fu imperadrice di molte favelle. | A vizio di fu sì rotta, | che lìbito fé licito in sua legge | per tòrre il biasimo in che era condotta. | Ell'è Semiramis, di cui si legge | che succedette a Nino e fu sua sposa: | tenne la terra che 'l Soldan corregge. | L' altra è colei che s' ancise amorosa | e ruppe fede al cener di Sicheo; | poi è Cleopatràs lussurïosa.»

La tradusse brevemente a Sherlock, spiegandogli il senso delle terzine, poi rimase in silenzio, aspettando che Sherlock commentasse la scoperta.

Una figlia inaspettata - Parte Seconda Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora