Capitolo 5

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Laura si diresse verso la sala professori a passo svelto, evitando di passare di fronte alle centinaia di persone tra ragazzi, genitori e parenti di ogni specie che attendevano sempre più impazienti la scelta finale. Metà del lavoro era già stato fatto, più di ottanta nomi erano stati scartati durante i provini e il giorno precedente, quando gli insegnanti si erano riuniti per una brutale scrematura dei ragazzi ancora in gioco. Ora non restava che scegliere e, a lei, che si era astenuta da ogni giudizio tecnico, non toccava altro che mettere una firma. Non era poi un lavoro difficile. Almeno quello ufficiale. Quello ufficioso, ovvero metter pace e trovare un accordo che accontentasse tutti, non era un compito semplice: aveva avuto più volte l'occasione di sperimentarlo e, ogni volta, aveva quasi rischiato di perdere un braccio.

Già da metà del corridoio si udivano voci sovrapposte discutere animatamente sulle ragioni per cui uno dovesse entrare più di un altro, e, Laura, sapeva bene che, appena entrata, ognuno di loro avrebbe chiesto a lei la propria ragione, alludendo alla grande estensione vocale di quello, all'elasticità delle gambe dell'altra, alle capacità interpretative di tizio... e lei, che di tutte quelle certamente plausibili ragioni non capiva una virgola (per cui ognuna valeva l'altra), avrebbe finito per uscire di lì con un gran mal di testa ed avendo giudicato puramente a caso, sull'onda dell'ispirazione improvvisa. Si fermò di fronte alla porta e prese un bel respiro, il suo corpo docenti l'attendeva desideroso di risolutive soluzioni. Che lei non portava mai. Almeno iniziava ad abituarsi all'idea che, quel gruppo di uomini e donne i quali, in quel momento, sembravano volersi scannare a vicenda, fossero il suo corpo docenti. E questo era formato dallo stravagante professor Matthew Seneph, dall'insopportabile professoressa Dolores Van Bittel, dall'avvenente professor Marc Anderson, dalla professoressa Anna Kulashov, una eccezionale ballerina di contemporaneo il cui inglese era pressoché pari a zero e, infine, dalla professoressa Hilary Metternich. Il giorno delle selezioni per gli insegnanti, Laura lo ricordava bene; ricordava perfettamente la delusione quando Hilary non si era presentata, il senso di sconfitta quando l'unica evidentemente più indicata era risultata Cassandra e, ancora, il senso di piacere quando, proprio sul finire, Hilary aveva fatto il suo ingresso orgogliosamente nella sala, chiedendo di fare il provino. E, anche grazie all'aiuto delle competenze di Anna, aveva vinto il posto. Pian piano aveva cominciato a riprendersi, assomigliava sempre più alla ragazza di un tempo ed aveva smesso di bere nel momento in cui aveva appianato i diverbi con i suoi ed era tornata a vivere con loro. Ben presto sarebbe tornata la vecchia Hilary, solare e tranquilla.

Laura si prese l'ultimo secondo e, alla fine, si fece coraggio ed entrò.

"Signori ma vogliamo ragionare!? Non sa ballare!" urlava la Van Bittel contro Hilary.

"Ma cosa dice? Nessuno ha fatto una prova di classico migliore della sua, nessuno! E lo sa anche lei!"

"Sì, ma è caduta! Per me è finita là!"

"Professoressa, non sia così radicale!" la rimproverò Seneph, lisciandosi i baffoni.

"Radicale, io? Ma se lei vuole bocciarmi la Jennet solo perché non sa pronunciare la S!"

"Perché non sa pronunciare la S e perché è bloccata!" riprese Hilary. "Per quanto mi riguarda, entra la Lewall e non discuto più!"

"Si discute eccome...!"

Laura, il cui ingresso era stato ignorato, si fece avanti e con un gesto mise fine ad ogni discussione.

"Signori, basta!" urlò, perché tutti la sentissero. "Non pensate di stare esagerando?"

"Non si può discutere, qua" si lamentò la Van Bittel, da sotto il suo taglio a caschetto.

"Con calma, si può. Cerchiamo di fare il punto della situazione, piano, vedere a che punto siamo. Dunque..." e si sedette, "iniziamo con il contemporaneo. Professoressa Kulashov?" domandò, rivolgendosi all'affascinante russa alla sua sinistra, che portava i lunghi capelli castani chiari stretti in una treccia infinita. Anna Kulashov sollevò su di lei uno sguardo confuso, non aveva capito una parola di ciò che aveva detto Laura.

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