Capitolo 12

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Da quando erano entrati in accademia, i loro sabati sera terminavano sempre nello stesso pub, un posto piccolo e buio, poco frequentato e di fascia medio-bassa. Erano dieci ragazzi di città diverse, Londra era un mondo sconosciuto per tutti e formavano un gruppo che difficilmente si sarebbe spezzato per seguire compagnie più esperte.

Charles, prima delle feste di Natale, era stato invitato dalle sue vecchie amicizie all' Ice Bar e non aveva esitato ad accettare. Non ne poteva più di quei miseri esseri e di quelle porcherie che gli facevano bere in quel posto squallido. Ma i suoi compagni l'avevano scoperto, e gli avevano impedito di uscire finché non aveva dato loro il permesso di andare con lui. E ora erano lì, che si guardavano attorno spaesati, confusi da tutto quel ghiaccio. Non avevano realizzato che, l' Ice Bar, si chiamasse così perché tutto, al suo interno, era fatto di vero ghiaccio gelato.

"Sono ridicoli" sentenziò Stephanie Wilton, sorseggiando un Bloody Mary. Era la figlia maggiore di un ambasciatore americano, viveva a Londra da tre anni e si erano conosciuti ad una festa. Lei l'aveva sedotto in pochissimo tempo, con quelle curve mozzafiato e il seno abbondante e lunghi capelli ricci neri. Dopo ci si era messa sua madre di mezzo, e per poco non si erano sposati. Si erano lasciati un anno dopo, tra loro non c'era altro che sesso, e non valeva la pena dover fingere di importare l'uno all'altra di fronte alla società. Ma ogni volta che c'era occasione, lei finiva nel suo letto, e l'avrebbe fatto anche quella sera, se non avesse dovuto dividere la stanza con quei due.

Annuì: "Lo so" e non nascose che aveva lo sguardo perso nella scollatura del suo tubino rosso, che le aderiva come una seconda pelle.

Lei sembrò godere di ciò. Terminò il proprio cocktail e scivolò tra lui e il tavolo, aderendo al suo corpo.

Charles ne sentiva il respiro eccitato sul collo. Fu attraversato da una scossa quando gli sfiorò i pantaloni.

"Ho prenotato un privé" gli sussurrò.

Stava per seguirla, quando una manina piccola gli si posò dolcemente sulle spalle, picchiettando piano.

La tensione sessuale tra lui e Stephanie si incrinò, la lasciò andare di scatto e si voltò, colto alla sprovvista da una stato d'ansia per lui nuovo.

"Kristen" ma non riuscì a suonare freddo, anzi sembrava volerle domandare scusa per non sapeva cosa.

In imbarazzo, lei si puntellava sui piedi evitando lo sguardo tagliente di quella ragazza troppo più bella di lei.

"Hai visto Taylor?"

"No."
La ragazza si frappose tra loro, avvolgendo la vita di Charles con un braccio abbronzato che terminava in lunghe unghie rosso laccato.

"Non ci presenti?"

Charles si passò una mano tra i capelli. "Stephanie Wilton, Kristen Lewall."

Kristen le sorrise debolmente. "Ciao..."

"Lewall, eh?" la studiò da cima a fondo. "No, non mi pare di conoscere nessun Lewall. In che campo opera tuo padre?"
Stephanie aveva capito solo con uno sguardo a quella ragazzetta insignificante, che non veniva dal loro mondo, ma da qualche sporco sobborgo.

"I miei hanno una fattoria."

"In effetti sentivo cattivo odore! Non trovi anche tu, Charles?"

Kristen restò paralizzata: non era mai stata offesa così. Cercò lo sguardo di Charles e per la prima volta lo vide indeciso, a testa china, che fissava il pavimento.

"Charles, hai sentito?"

Erano abituati a trattare la gente in quel modo, lo trovavano divertente e corretto ma, sentire Stephanie rivolgersi così a Kristen, aveva fatto nascere un sentimento d'odio dentro di lui, cancellando momentaneamente ogni forma di rispetto o attrazione per la ragazza.

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