COLAZIONE DELLE DUE

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Mentre salivamo le scale cominciavo a formulare dentro la mia testa le cose che gli avrei raccontato. Anche se non era tutto sto gran discorso, volevo fargli capire che non volevo andarmene dal campo nè metterlo in pericolo. Pensavo che Loris avrebbe saputo come reagire a questa cosa, dato che sapeva giusto due cosette in più di me su tutto quello che mi circonadava, e soprattutto su Buce. Forse avrebbe potuto convincerlo a farmi rimanere, però nello stesso tempo pensavo che non avrebbe aiutato per nulla, dato che il campo rimaneva in pericolo comunque.
Si erano recati tutti negli allogi, e in giro c'eravamo solo noi due. Non si sentiva nessuno, solo i nostri passi nel pavimento di ma. L'aria era fredda e ferma, come le pareti di un indaco scuro, dove erano appesi a ogni scalinata dei quadri dalla cornice massiccia e dorata. Le luci giallastre rendevano più calda l'atmosfera, anche se man mano che salivamo le scale ne sentivo spegnere qualcuna dietro di me. C'era abbastanza freddo, ed ero vestita abbastanza leggera, con una camicetta bianca a mezze maniche e un copri spalla nero. Non vedevo l'ora di riscaldarmi mettendomi a letto, e di riposare soprattutto. Il cielo era tinto di un unico colore nero, punteggiato di stelle bianche un po' ovunque. Sarebbe stato magnifico uscire quella notte, ma le mie gambe, per stanchezza, non erano d'accordo. Sentivo l'aria che passava da fuori dai cunicoli più stretti delle finestre, e se guardavo fuori potevo sentire i grilli che "parlavano" a squarciagola nei rami strettissimi degli alberi infondo alle arene del campo. Loris ebbe un brivido.

-Amo il freddo.- disse stringendosi la felpa verde e abbracciandosi il ventre.

-Io no, lo detesto.-

-Potrei prenderla come un'offesa-

-Perchè?- dissi un po' sorpresa.

-Sono nato in inverno, e da piccolo mi divertivo a giocare tirando delle palle di neve in aria e poi le colpivo con qualche freccia o coltello. Quindi potrei prenderlo come un insulto il fatto che non ti piaccia il freddo, sarebbe come insultare una parte della mia infanzia. Ma non lo faccio, dato che io detesto il caldo.- Nel suo volto era incisa un'espressione di ironia e superbia, in pratica, il suo solito sguardo. Parlava guardando le scale.

-Anch'io detesto il caldo.- dissi soffocando una risata.

-C'è qualcosa che non detesti?-

-La primavera.-

-Quindi ami la via di mezzo.-

-Esatto.-

Era vero. Amo la primavera, le belle giornate e il sole tiepido sui vestiti freschi la mattina. Amo la natura, i boschi, i laghi... Il freddo e il caldo non fanno per me.
Arrivammo in camera mia, ed io cercavo di trattenere il fiatone per le tante scale, ma Loris sembrò non notarlo.

-Non vuoi forse sedurmi, dico bene?- disse entrano in camera.

-Siediti e non fare il cretino.- dissi alzando la mano. Sospirai e avvicinando gli indici al naso dissi:

-Ho un problema.-

-Non sono uno strizzacervelli, Johnson.- disse sedendosi sul mio letto appogiando i gomiti alle ginocchia.

-Non voglio che tu lo sia. Vedi,- cercai di trovare le parole più corrette -tu hai detto che è molto probabile che sia io la figlia della cacciatrice migliore che il campo abbia mai avuto. Come ben sai, mia madre è stata rapita perchè appunto, lo era, e oltre questo in lei c'era un grande potere. Jonkesper riuscì a prenderla entrando nel campo, poco tempo dopo che ebbe me..-

-Ti seguo.-

-Quel giorno il campo fu in serio pericolo e Jonkesper, siccome è "assetato di potere", come dice Buce, ci potrebbe riprovare sapendo che sua figlia è nel campo.-

OLTRE LA PORTA: La Spada del ParadisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora