IL CIONDOLO

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Quegli sguardi, quella voce, quel "Grazie Jennifer", quel maledetto ragazzo e tutto quello che era successo quel pomeriggio non mi usciva dalla testa. Continuavo a pormi sempre le stesse domande senza sapermi dare alcuna risposta. Ero sicura di non aver mai conosciuto nè visto quel ragazzo, quindi come faceva a sapere il mio nome? Ne parlai con Trina, e anche se la chiacchierata mi aiutò un po' a sfogarmi, lei non fece altro che dire:

-Dalla tua descrizione sembra affascinante.- disse alzando gli occhi al cielo.

-Ma che importa se è bello, io voglio sapere chi è quel ragazzo e come fa a conoscermi.- dissi sorseggiando la coca-cola nel bicchiere del Mc.

-Ma sei stupida? Un ragazzo affascinante e misterioso ti conosce e a te non interessa affatto?- disse con sbalordita.

-Esatto!- esclamai.

-Perfetto..allora presentamelo.-

"Ma se neanche lo conosco.."

-Ti farai conoscere.-
Sospirai bruscamente, girandomi dall'altra parte con un'espressione più dura di quanto volessi farla. Non guardandola sentii chiaramente che mormorava qualcosa del tipo:

-Non avrai mai un ragazzo in questo modo.-

-Zitta e mangia le patatine.-

Perlomeno, non si presentò a lui, benchè lo trovasse affascinante trovò un altro ragazzo con cui si fissò per ben tre settimane. Stava sempre a parlarmi di lui, continuamente. Non mi dava fastidio, perchè parlava talmente tanto che non la ascoltavo nemmeno, annuivo senza sapere nulla di ciò che stesse dicendo e continuavo a pensare a quel ragazzo. Andò avanti così per una settimana. Un giorno, stavo andando verso il locale appena uscita da scuola. Il mio panino con insalata e pomodoro stava quasi per finire, mancavano pochi bocconi. Stavo attraversando la strada per poi girare a sinistra e percorrere la stradina che porta al locale, quando appoggiato al muro vidi una sagoma nera. Pioveva fortissimo, avevo i capelli davanti agli occhi e i vestiti inzuppati, insomma non ero proprio nelle migliori condizioni. Non vedevo benissimo ed ero disorientata. Ero incuriosita, quindi dato che dovevo per forza prendere quella strada mi affrettai per raggiungerla, anche perchè ero abbastanza in ritardo. Raggiunto il marciapiede dall'altra parte della strada, feci due o tre passi quando per sbaglio mi cadde il panino per terra.

-Oh perfetto...!- esclamai.
Ero abbastanza nervosa e confusa con tutta quella pioggia e inoltre stavo congelando perchè avevo messo la felpa invece del giubbotto pesante dato che il telegiornale la sera prima disse che non avrebbe piovuto. Non volevo lasciare il panino per terra e dato che attaccato a un palo c'era un cestino, mi sembrava giusto raccoglierlo e buttarlo. Lo presi, stavo per raggiungere il cestino quando scivolai in una pozzanghera. Il tempo sembrò fermarsi. Non toccai terra ma venni sorretta da qualcosa. Era quel ragazzo. Non smetteva di guardarmi e finalmente vidi i i sui occhi. Erano meravigliosi, i più belli che avessi mai visto in vita mia, di un blu pazzesco. Ci guardammo per pochi istanti che sembrarono un'eternità. Non riuscivo a parlare nè pensare a nulla, volevo solo guardarlo perchè rimasi stregata. Le sue pupille erano fisse sulle mie, ed io ero diventata una statua di marmo che cercava di muovere un muscolo, invano. Aveva il viso gelido, umido grazie alla pioggia e dal cappello nero scendevano goccioline di pioggia. Sentivo i capelli pesanti e i vestiti zuppi dall'acqua, e il respiro si era come fermato.
Sotto la pioggia mi aveva presa mentre cadevo, era arrivato al momento giusto. Era lui quella sagoma nera. Poi fece un piccolissimo movimento con le braccia, mi aiutò ad alzarmi e disse:

-Non sarà l'ultima volta che ci incontreremo, anzi, abituati.-

Si tolse il suo giubbotto grigio abbastanza pesante e me lo mise sulle spalle. Si mise a guardarmi per qualche secondo e se ne andò lentamente. Ero sconvolta, felice e nello stesso tempo spaventata. Non me lo aspettavo minimamente che fosse lui. E se sapesse dove stavo andando? Se mi seguiva? Cosa voleva da me? Già avevo parecchie domande in testa, adesso nella mia mente avevo solo quelle immagini di quel ragazzo sia al ristorante dove lo vidi per la prima volta sia di quel che accadde quel giorno. Quella frase che mi disse alla fine mi fece capire che voleva qualcosa da me, gli servivo a qualcosa magari, e con "abituati" mi fece intuire che avrei passato con lui molto tempo. Quelle parole mi risuonarono in mente sempre, ogni secondo. Lo guardai allontanarsi finchè non lo vidi più con un'espressione sconcertata, poi decisi di andarmene.

OLTRE LA PORTA: La Spada del ParadisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora