CAMERIERA

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Quando sono entrata in primo superiore, essendo abbastanza timida avevo deciso di relazionarmi solo con chi avrei condiviso il banco, tutto il resto come i miei compagni gli avrei trascurati. Non volevo aprirmi a nessuno, volevo fidarmi solo ed esclusivamente di una persona. Ricordo benissimo il mio primo giorno di liceo. Era all'inizio di Settembre, quindi ancora in estate, e avrebbe dovuto fare caldissimo e invece quella mattina a svegliarmi non è stata la sveglia, ma un tuono potentissimo di un temporale che c'era al di là della finestra proprio sopra il mio letto. Per fortuna non era prestissimo, quindi iniziai a prepararmi. Mi vestii bene, perchè anche se non volevo stringere amicizia con tutti, o meglio con chi non mi andasse a genio, volevo fare una buona impressione. Volevo sembrare una ragazza sicura di sè, volevo che le persone si girassero a guardarmi quando avrei attraversato il corridoio. Arrivai a scuola in orario, c'era tantissima gente di tutti i tipi: ragazzi belli e ragazzi nerd, ragazze semplici e quelle esagerate, professori che discutevano con dei genitori, bidelli che bevevano il caffè all'entrata della scuola e alla fine ecco il preside. Un signore alto, pelato e magrissimo, con degli occhiali da sole neri appiccicati agli occhi anche se lì fuori c'era tutto tranne che il sole. Molto attezzoso ed egocentrico, esce dalla porta della scuola e viene verso la grande folla in cortile. Sembrava quasi un lampione della luce, tutto vestito di grigio, con la testa lucida e con delle scarpe nerissime lucide. Fa un brevissimo discorso di benvenuto e poi con voce quasi seccata:
-Forza ragazzi miei, tutti dentro nelle proprie classi scritte su quel foglio laggiù.-
Non avevo capito che foglio intendesse dato che non aveva indicato nessuna direzione. Poi però lo vidi, era attaccato alla porta. Andai lì e cercai il mio nome. Ci stesi un bel pò per trovarlo dato che il mio cognome inizia per "J", di Johnson.
Quando trovai il mio nome lessi -1C-.
Feci un sospiro di sollievo, anche perchè dato che le porte erano aperte verso fuori, stavo letteralemente congelando. Appena mi girai vidi tre ragazze che mi fissavano con espressione seccata e quando me ne andai velocemente, continuarono a guardarmi. Mentre me ne andavo mi misi a ridere da sola per l'imbarazzo ma nello stesso tempo cercavo la mia classe. Alla fine la trovai, era quella infondo al corridoio, vicino al bagno e alla campanella. Ovviamente, c'erano i bidelli perciò ogni volta che la nostra professoressa avrebbe aperto la porta della classe durante le lezioni, tutti quanti saremmo stati inondati da un odore orribile di fumo, dato che c'erano almeno quattro o cinque bidelli che fumavano come dei turchi. Entrai in classe molto velocemente, volevo prendermi il banco migliore anche se non sapevo quale. Feci una scelta rapida e mi sedetti con il mio piccolo zaino rosso e viola nel secondo banco vicino alla finestra della terza fila. Senza essermene resa conto subito, avevo accanto a me Trina e quando mi girai lei esclamò:

-Ciao! Come ti chiami?.-

-Jennifer..tu?.- risposi timidamente.

-Trina.- Sganciò un grande sorriso entusiasta.

Non ricordo tutta la conversazione ma so che parlammo finchè non arrivò la professoressa Bruner. Il primo anno era bravissima e buonissima, poi la classe cominciò a crescere e a diventare più tosta, e così lei diventò crudele e severa. E' la mia professoressa preferita solo per la materia che insegna, ossia l'italiano, poi del resto la odio. Circa dopo una settimana, all'uscita da scuola avevo parecchia fame perchè non avevo mangiato, come il resto della scuola per un grave incidente alla cucina, perciò alla mensa non c'era nulla se non gli avanzi del giorno prima. Molti ancora adesso dicono che sia scoppiato il forno, altri che ci fu una lite fra cuochi. Non so quale sia la verità, so soltanto che stavo morendo di fame soprattutto non essendo abituata a fare colazione la mattina. Allora me ne andai in giro, in cerca di qualche supermercato o piccolo locale.

Per fortuna avevo dei soldi, che quella mattina mi stavo addirittura scordando se non me li avesse ricordati il mio cane Milo. Camminando per circa un'ora, all'angolo di un semaforo c'era una piccola stradina che non avevo mai visto fino ad allora. Decisi di percorrerla e all'improvviso un profumo delizioso mi inonda e senza pensarci due volte lo seguii e mi condusse ad una porta. Era molto simile ad un edificio o una casetta abbandonata. Un po' vecchiotta a giudicare dai muri rovinati e la vernice del tetto quasi scomparsa. Sopra la porta c'era qualcosa coperto da un telo bianco sporco, pensai subito che fosse una scritta o un'insegna.
Mi accorsi che non era lontano dalla scuola, e che avevo perso solo tempo dato che per un'ora intera non avevo fatto altro che fare il giro di una piazza e di due edifici. C'era solo una piccola porta bianca con una maniglia dorata un po' arruginita. Decisi di entrare dato che i miei tentativi di bussare per ottenere qualche risposta erano falliti. Ero intenta a scoprire da quale prelibatezza veniva quel profumo tanto buono. Entrai lentamente e senza far rumore. Poi pero' mi resi conto che ci doveva essere per forza qualcuno, dato che le luci erano accese. Le finestre però erano chiuse e non capivo il perchè. C'erano sedie a terra, tavoli scomposti e piatti con cibo già cominciato qua e là.
Percorrendo a passo felpato l'entrata, giunsi a un'altra porta socchiusa, uguale a quella principale dalla quale usciva l'odore che diventava sempre più forte. Ero sicura che quel profumo proveniva da lì, e appoggiando l'orecchio sulla porta ho sentito delle voci. Erano di un uomo e una donna. Mi avvicinai un po' per vedere di più, e vidi un piatto di focacce e roba simile su un tavolo di legno proprio alle spalle dei due signori, impegnati a parlare. Dopo circa due minuti rinunciai, e capii che potevo passare dei grossi guai se mi avrebbero scoperta. Quindi piano piano mi allontanai dalla porta, poi però accidentalmente feci cadere un piccolo vaso che c'era a terra. Capii subito che dovevo andarmene all'istante. Quindi senza proccuparmi di fare rumore corsi velocemente alla porta principale con la voce dell'uomo alle mie spalle che urlava:
-Ei! Chi è là? Torna indietro piccolo farabutto!-
Presa dal panico stavo per toccare la maniglia quando mi sento quella voce ormai vicinissima. Allora mi bloccai pensando che ero davvero in guai grossi.
-Ragazzina! Che ci fai qui? Chi sei e cosa sei venuta a fare?-
Mi girai velocemente sistemandomi i capelli che mi erano caduti davanti agli occhi e li posizionai dietro le orecchie. Era un uomo alto e piuttosto robusto, con i baffi e i capelli nerissimi. Sulla testa aveva un cappello da chef e indossava un grembiule bianco sporco di olio e pomodoro. Aveva in mano uno straccio che si metteva e toglieva dalla spalla sinistra. Non so per quale motivo ma mi era simpatico, anche se era capace di portarmi alla polizia pensando fossi una ladra.
-Salve!- feci in modo scherzoso. -Mi chiamo Jennifer. Jennifer Johnson. Sono finita qui per caso..-
-Come per caso? Come fai a sapere di questo posto?-
-Non ne sapevo nulla in realtà. Uscendo dalla mia scuola, quella infondo alla strada, stavo andando a casa mia e ad un tratto ho sentito un buonissimo profumo proveniente da qui, e siccome sono a stomaco vuoto, non ho saputo resistere.. Mi scusi, signore.-
A un certo punto ci raggiunse una signora. Piuttosto bassa con degli occhiali che pareva non gli servissero a molto dato che sembrava non vederci bene. Indossava anche lei un grembiule identico a quello che suppongo fosse suo marito, simile sia per forma, colore e addirittura per le macchie. A un certo punto si avvicinò a me velocemente guardandomi dall'alto in basso. Poi si rivolse al signore.
-Carl. Questa ragazza voleva solo un po' di cibo. Non ti preoccupare cara, ti offriremo qualcosa. Vieni con me.- disse dolcemente la signora.-
Mi prese da una mano e mi disse quasi sussurando:
-Ti svelo un segreto. Questa non è la nostra casa come puoi hai potuto sicuramente dedurre. Questo è il nostro locale!
Mi fece sedere a un tavolo quando arrivò quel signore.
-Tieni ragazzina. Spero ti basti..-
-Oh si, è anche troppo a dir la verità. Grazie mille!-
Quel piatto emanava un profumo delizioso, se non ci sarebbero stati quei due lo avrei mangiato in un secondo. Dopo aver dato due o tre morsi alla pizzetta al pomodoro, per rompere il silezio chiesi alla signora:
-Come mai questo locale è cosi poco famoso? Fate del cibo buonissimo.-
-Grazie mille cara. Circa quattro anni fa questo locale andava gonfie vele. Ora però noi siamo invecchiati un bel po', quindi circa sei mesi fa chiudemmo il locale. Ce ne siamo pentiti tantissimo e ora vorremmo tanto riaprire ma non abbiamo fondi ne dipendenti. E poi questo locale è stato dimenticato da tutti ormai. Oggi avevo dimanticato di chiudere la porta a chiave perchè mi addormentai sulla sedia mentre la pizza cuoceva nl forno. Mi dispiace Carl.-
-Non preoccuparti cara, ma adesso dà a me questa chiave, perchè se succede un'altra volta a farci visita non sarà una ragazzina in cerca di cibo ma un volgare ladro in cerca di soldi.-
Dopo un paio di minuti:
-Vi mancano dipendenti?- rivolgendomi involontariamente al signore.
-Purtroppo si. Avendo perso quella volontà che rendeva il locale speciale molti clienti cominciarono a non venire più, e così abbiamo cominciato a guadagnare sempre di meno, a tal punto da non poter più pagare i nostri camerieri e cuochi. Ora non sappiamo che fare. Vorremmo tantissimo che tutto tornasse come prima ma non è possibile..-
A quel punto mi venne un'idea e uscì talmente velocemente dalla mia bocca che non considerai nemmeno se fosse buona o cattiva.
-Potrei darvi una mano io.-
-Tu? E cosa vorresti fare?- domandò incuriosito il signore.
-La cameriera, dato che in cucina sono un vero disastro.-
-Ma non ci basteresti solo tu..- replicò la signora.
-Non importa. Se lavoriamo tutti come si deve e insieme, magari potremmo riuscire a combinare qualcosa. Farò il doppio del lavoro e magari per un po' di mesi non è necessario pagarmi. E' anche un modo per sdebitarmi per avermi offerto da mangiare- dissi con un sorriso.
-Oh..Sei una ragazza d'oro, grazie di cuore. Spero che vada tutto bene.
E il signore mettendosi entrambe le mani sui fianchi disse con un mezzo sorriso:
-E va bene. Ma prima dobbiamo metterti alla prova, ragazzina.-

OLTRE LA PORTA: La Spada del ParadisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora