CAPITOLO CINQUE

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Avevo pensato e ripensato alla proposta di Elia. Ero davvero tentata di andarmene. Ma in realtà, speravo ancora in una proposta lavorativa da Carlo. Si insomma. Avevo accantonato la pasticceria purtroppo. Non facevo dolci da settimane ormai, solo per non soffrire. Solo perché non potevo farne il mio lavoro.

Era un'altra sera infinita, guardai l'orologio del bar, erano le 23:00. "Soltanto le 23:00" sussurrai. Pulivo il bancone, era mercoledì sera, se il bar fosse stato mio avrei chiuso a mezzanotte. Ma per il capo no. Tutta la settimana fino alle 4:00. Oltre ad essere uno spreco di soldi non guadagnati per lui, era anche tempo sprecato per me, per dormire, ad esempio.

Di consuetudine, quando lavoravo durante la settimana, mi portavo un libro da leggere. Leggevo ormai da mezz'ora, nessun cliente. Nemmeno l'ombra.

Erano le tre. Due barboni e un tizio. Avevano comprato tre birre in tutto.

"Che palle." Ero di spalle, sistemavo i bicchieri. "Rose, ehi." Mi voltai di scatto, "Cosa ci fai qui a quest'ora?" Walter, sembrava già ubriaco. "Rose passavo di qui, vorrei una vodka liscia. Non darmi il bicchiere piccolo però" feci di no con la testa, "Mi dispiace puzzi di sigaro e rum. Non ti darò altro alcool" sbuffò, "Dammi della vodka Rose." Ero sconvolta, avrei voluto tirargli un ceffone, ma non lo feci, gli portai delle noccioline. "Mangia queste." Le osservò, poi guardò me e scoppiò a ridere. "Non sono una fottuta scimmia. Ti prego Rose, ho davvero bisogno di vodka." Sorrisi, mi avvicinai, ero molto vicina, "Non ti darò da bere. Ma posso fare una cosa. Tra circa un'ora il mio turno finisce. Se ti va di aspettare ti riporto a casa. Altrimenti Adios. Cercati un altro bar Walter." Mi sorrise, "Ti odio." Sorrisi anche io, "Altrettanto!"

Dopo mezz'ora di silenzio, parlò, con la bocca piena di noccioline, "E' morta..." alzai la testa di scatto, "Ma chi?", sorrise, poi pianse, "Ho ucciso la signora Janet." Lì per lì non capii. Poi mi venne in mente l'anziana signora del ospedale, che doveva operarsi l'anca. Gli presi una mano, "Non l'hai uccisa Walter... Purtroppo nel tuo lavoro capita..." si sfregò gli occhi, "Sto così male Rose. Non volevo morisse." Gli accarezzai la mano, "Nessuno voleva la sua morte. Purtroppo è successo. E' inutile ubriacarsi per questo..." fece di no con la testa, "Non doveva succedere Rose. Aveva dei nipoti, dei figli." Era disperato. Mi si spezzò il cuore. "Aveva un figlio anche in paradiso. Ora sono insieme. Ti stanno guardando e ridono di te. Smettila... non è colpa tua." Mi guardò, gli occhi profondi e scuri pieni di lacrime. Come poteva fare quel lavoro? Non poteva essere così emotivo. Sarebbero morte altre persone. Purtroppo è così, negli ospedali, durante le operazioni, succede. Non dovrebbe, ma succede.

Alle 4:30 eravamo fuori dal bar, avevo pulito quel poco che c'era da pulire, mentre Walter si era steso su uno dei divanetti. "Dove hai la macchina?" si guardò intorno. "Mi dispiace, ma dovrai farti venire in mente per prima cosa la macchina, perché non posso riaccompagnarti a casa con la mia bicicletta!" sorrise, poi cominciò a ridere forte. "Walter?" continuava a ridere, si mise sulla panchina, rideva, "Non ho idea di dove sia la macchina!" e continuava a ridere. Come avrei fatto? In questa mini cittadina non potevo chiamare un taxi alle 4:30 della mattina. Così decisi di portarlo a casa mia. Era l'unica soluzione. Parcheggiai la bici in un posto più appartato, avevo il terrore me la rubassero, poi andai a recuperare Walter dalla panchina, "Dai andiamo. E' solo 1km" cercavo di reggerlo, nonostante fosse 1.85 per 80kg, in quel momento tutto il suo peso era su di me, mi sembrava abbastanza assonnato e andato. Fu una camminata silenziosa. Poi arrivammo di fronte casa mia, avevo il cuore a mille. Appena aprii la porta, cercai di fare piano ma quando entrò lui andò a sbattere contro l'appendi abiti, "Shhhh piano!" lo spinsi contro le scale, cercando di fargliele fare il più velocemente possibile. E lo spostai come un sacco di patate in camera mia. Si stese sul mio letto, con i piedi che penzolavano fuori, gli tolsi le scarpe, cercai di coprirlo con la coperta, cosa abbastanza complicata visto che ci si era steso sopra. Uscii, chiusi la porta. Ansimai "Mio Dio." Andai di sotto, sistemai l'attaccapanni e presi nel ripostiglio il sacco a pelo di mio fratello. Andai di sopra, mi infilai il pigiama e mi misi a dormire per terra, sul mio tappeto peloso bianco, dentro il sacco a pelo.

Rose's Dream 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora