Al mio risveglio ero da sola.
Ero circondata da dolciumi, dal pc e dai vari regali, ma di Fil nemmeno l'ombra. Mi alzai lentamente dal letto. Mi girava la testa. Ma potevo farcela. Andai in soggiorno. Vuoto. In cucina, nessuno. Mi diressi verso la camera di Elia, bussai, non rispose nessuno. Aprì la porta. Il solito disordine. Come poteva vivere in quel porcile? Era un bambino. Gli rifeci il letto, stavo bene nonostante tutto. Non mi piegavo troppo, ma stavo bene. Piegai i suoi vestiti. Divisi quelli sporchi da quelli puliti, poi misi tutto in lavatrice. La stanza aveva già un altro aspetto. Passai l'aspirapolvere in giro. Mi bruciava la ferita, ma non mi importava, probabilmente era un mese che nessuno passava l'aspirapolvere. Lavai il pavimento solo nella sua camera.
Perché mi ero messa a fare la cenerentola? Probabilmente volevo solo distrarmi. Chiusi la stanza. Guardai l'orologio, erano già le 19:00 non era ancora arrivato. Andai in cucina, cercando in frigo qualcosa da mangiare. C'erano delle uova, dei toast, del prosciutto e della passata di pomodoro. In dispensa c'era della pasta, dei biscotti e dei cereali.
Decisi di fare della pasta, Elia sicuramente non aveva pranzato per passare a prendermi in ospedale e per non perdere altre ore di lavoro. Sarebbe tornato a casa affamato. Mi stavo preoccupando un po' troppo per Elia. Come se fosse mio figlio. Ma mi sentivo in dovere. Lui c'era sempre per me.
Era tornato, aprì la porta, venne dritto in cucina, probabilmente sentì il profumo. "Ehi... ma cosa fai in piedi?" mi baciò una guancia, gli sorrisi, "Non posso stare a letto per sempre Elia." Gli preparai anche un'omelette. Friggeva in padella. Lui mi fissava ridendo, "Sei tremenda." Sorrise, mi pizzicò un braccio, "Hai mangiato Rose?" feci di no con la testa, "Ceno con te... va a fare una doccia che puzzi." Mi fece la linguaccia e si diresse in camera sua. "ROOOSE!" urlò, corsi, per quanto potevo in camera sua, "Hai pulito? Ma sei pazza? Vuoi farti venire un'infezione alla ferita?" era furioso, "Che cazzo Rose non fare questi sforzi inutili." Lo fissavo, era serio, "...scusami." Si alzò in piedi e mi si avvicinò, "Non devi farmi preoccupare Rosy. Non fare la bambina." Mi spostò e andò nel suo bagno. Chiuse la porta. Andai ad apparecchiare, poco dopo arrivò, era serio. Preparai il suo piatto, poi il mio. Avevo fame anch'io. Gli sorridevo, in realtà la sua espressione nervosa mi faceva ridere, "Smettila di fissarmi." Scoppiai a ridere, poi rise anche lui, "Non fa ridere!" continuava a ridere, poi tornò serio, aveva gli occhi lucidi, "Non voglio più preoccuparmi per te. Non voglio vivere con la paura di perderti." Rimasi senza fiato, gli sorrisi dolcemente e poggiai la mia mano sulla sua, "Non farlo allora. Non preoccuparti per me. Sto bene." Continuò a mangiare, "... che ne dici se stasera mangiamo schifezze e guardiamo 'Game of thrones' ?" rise, "L'idea mi alletta... ma ho un appuntamento." Mi si bloccò il cuore. Un appuntamento? E con chi? Mi fissava, aspettando una mia risposta, io ero solo sbigottita, e ammutolita, "... ah si? Bene... con chi?" si grattò la testa, "Non la conosci Rosy. L'ho conosciuta al ospedale, è un'infermiera." Quindi li avevo fatti conoscere io... "Come si chiama?" dissi senza mostrare espressioni, continuavo a mangiare, "Valerie." Annuii, "Okay divertiti..." sorrise, "Chiedi a Fil di venire. Non abita lontano da qui..." annuii di nuovo. Lavò lui i piatti, io stavo seduta sul divano in soggiorno fissando la TV spenta. Perché mi dava così fastidio che avesse un appuntamento? Quando usciva con Hilary non mi infastidiva. In realtà non doveva infastidirmi. Lui non era mio. Lui era il mio migliore amico. E basta. Lo sapevo. Lo ricordavo.
Dopo circa mezz'ora venne in soggiorno. Fece una giravolta, "Come sto?" lo sqadrai dalla testa ai piedi. Indossava una camicia nera, che delineava gli addominali, dei jeans chiari e le solite converse nere. Era bello, come sempre. "hm... stai bene. Dove andate?" infilò la giacca e il cappellino di lana, "Al cinema." Sorrisi, "Okay prendi le chiavi..." mi mandò un bacio con la mano e uscì. Quando chiuse la porta scoppiai automaticamente a piangere.