Capitolo 9 pt. 2

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Erano quasi le sei e mezza quando il rumore di una chiave interruppe il mio masticare.
Mi ero preparata un piatto di pasta e lo stavo consumando nel più completo silenzio.
Gli unici rumori che le mie orecchie udivano erano i piedi pesanti delle persone che abitavano sopra di noi. Insomma, un rumore un po' fastidioso.
Mi alzai dal tavolo per poi dirigermi verso la porta d'ingresso.
Michael aveva tinto i capelli. Erano azzurri.
Appena mi vide mi corse in contro e mi abbracciò.
Il gesto mi stupì parecchio, tuttavia ricambiai. Anche io, in fin dei conti, ero contenta di vederlo e l'idea di non poterlo più abbracciare mi distrusse all'istante.

Infatti, la mia espressione si tramutò da un sorriso, ad un'espressione seria.
Prima era facile: lui non c'era. Io non ero avvolta dalle sue braccia, non lo stavo baciando, non avevo paura di perderlo.
In quel momento era difficile: lui c'era, ero avvolta dalle sue braccia, lo stavo baciando e avevo molta paura di perderlo.
Quando si staccò dal bacio mi fissò dritta negli occhi e iniziò a parlare; come se nel suo cervello fosse scattato una qualche ragionamento, per cui sentì la necessità di dirmi quelle cose.
Inizialmente, se devo essere sincera, pensavo che fosse ubriaco o, peggio ancora, drogato.
-Entrambi vogliamo essere felici, e lo vogliamo essere insieme, allora dimmi: che senso ha continuare a cercare di tenere a freno quello che proviamo? Ti dico queste cose con il veleno che mi brucia in gola, perché ormai il mio sangue è infetto dai miei errori e da quello degli altri. Ma non voglio che tutto questo ci faccia trattare come se fossimo due estranei. Io ho sofferto la tua mancanza. È stato l'anno più brutto della mia vita, e se ci aggiungi il fatto che fossi costretto a stare con Jessica... Io... Io non ce la faccio a spiegarlo a parole... Ma è stato un inferno. Adesso che Marco è in prigione ho paura che sarò costretto a tornare con lei, ad abbandonarti... Per ciò voglio che tu sappia una cosa: io ti amo. E non mi importa di quello che dice la gente perché tu mi hai sempre protetto. Ti ho amata fin dal primo momento in cui ho visto quei tuoi piedini spingere i pedali della tua piccola bicicletta, al parco. Ti ho amata anche quando mi insultasti per aver rotto la vostra unica foto di famiglia, Cristo, eri così arrabbiata... ma rimanevi comunque splendida ai miei occhi. Ti ho amata quando chiusi con forza la portiera dell'auto di tua madre e partisti senza sapere se ci saremo rivisti o meno. Ti ho amata quando, a casa tua, continuasti a fissare il vuoto con faccia smarrita, nonostante le grida di tua madre e di Cindy. Ti ho amata quando ti chiusi in bagno e apprezzasti la canzone Airplanes. Ho amato l'idea che mi ero fatto di te che sgattaiolavi fuori da questo schifo d'appartamento, proprio come una piccola ladra, quando non ti trovai più affianco a me. Ti amo adesso. Il tuo visto, il tuo carattere, tutto. In questo momento amo tutto di te, Brenda. Prima che io apra quella lettera voglio che tu sappia che quello che sto per fare è per Marco. Mio padre. L'unico che chiamerò davvero così, perché l'unico a farmi rialzare quando cadevo. E tutto quello che penso di lui è sì in contrasto con ciò che dico ora, ma tu sei intelligente di sicuro non è il caso che ti spieghi come funziona l'amore tra padre-figlio. Quindi, anche se dovessi tornare con Jessica, voglio che tu sappia che l'unica che amo se tu. Tu. E ancora tu. Se tu dovessi essere una margherita in un campo di rose ti sceglierei. Non per la margherita. Ma per te. Una margherita dovrebbe essere onorata di custodire un'anima come la tua. Una margherita dovrebbe amarti, anche se non lo farebbe mai quanto lo faccio io... Dio, ti amo così tanto... Tu non ne hai idea.-
Tutte le idee, tutti i fatti accaduti: quella mattina in cui rividi Jessica a scuola; mia madre; Calum e Luke; la riflessione, in quel momento superflua, sotto la doccia; la chiamata a mia nonna. Tutto sembrava stato annullato da quelle parole.
Lo fissavo negli occhi. Quegli occhi che adesso piangevano. Forse per il sollievo o forse per il fatto che quello sarebbe stato un addio.
Posai le mie mani sul suo volto e con i pollici cercai di asciugare le piccole gocce salate.
Lo baciai. Il bacio era delicato, lento, passionale. Credo di non aver mai baciato nessuno con una tale passione.
-Qualsiasi cosa succederà- gli dissi, cercando di mandare giù il groppo alla gola. -sappi che io avrò sempre bisogno di un piccolo Mickey nella mia vita. Che sia uno stronzo o uno amorevole. Io avrò sempre bisogno di te perché sei l'unica persona a farmi sentire ancora bene, con me stessa e in mezzo agli altri. Certo, ho paura del futuro, però nessuna paura è paragonabile alla paura che ho di perdere anche te.
Anche io ti amo Michael.-
Forse ci perdemmo in noi stessi, perché quegli sguardi significavano più delle parole.
Michael si staccò da me, si avvicinò al comodino, aprì la busta e iniziò a leggerne il contenuto.
Dopo aver finito di leggere quelle poche parole, mi fissò e sussurrò: -Scusami-
Non riuscii a trattenere le lacrime, che iniziarono a scivolare sulle mie guance. Era un pianto tranquillo, senza singhiozzi. Era rassegnato all'idea che avrei perso Michael, anche se io non lo riuscivo ad accettare al 100%
-Dunque... qui dice che questa sera alle sette devo essere alla stazione, quindi credo proprio che sia ora che io me ne vada. Probabilmente tornerò con Jessica e tornerò a vivere a Milano.- fece per dirigersi verso la camera da letto, poi si fermò, voltandosi verso di me.
-Alcune cose che ti hanno detto Calum e Luke sono vere...- Come sapeva che io ci avessi parlato? È sopratutto, come sapeva cosa ci eravamo detti? -Anche se non mi stanno molto simpatici, credo che loro possano farti una mano a ritrovare tuo fratello.- Persi un battito. -Gli ho dato il tuo numero, spero non ti spiaccia.- Mi stava dicendo addio?
È esattamente la stessa cosa che avresti fatto te, no?
-Puoi restare qui fin quando ti pare. Quando te ne andrai, per far capire ai veri proprietari che non sei più in questa casa, attacca sulla porta un postit giallo, ma ricordati che una volta che te ne sarai andata non potrai più tornare indietro.-
La sua voce era decisa mentre diceva quelle parole. I suoi occhi stavano per lacrimare. Le sue labbra tremavano ad ogni singolo suono che usciva dalla sua bocca.
Io non potevo far altro che rimanere imbambolata davanti a lui a fissarlo, a ricordare ogni singolo dettaglio anatomico del suo viso e del suo corpo.
Avevo poco da piangermi addosso, tanto me ne sarei andata lo stesso anche io, no? Ma allora perché faceva così male pensare alla mia esistenza senza la sua? Pensare che d'ora in poi sarei stata solo più "io" e non più "io e lui" mi faceva chiudere lo stomaco, dando inizio ad una crisi interna.
Improvvisamente mi abbracciò.
Mi strinse a sé, come se avesse paura che potessi svanire da un momento all'altro, ma, per ironia della sorte, quello che a breve tempo sarebbe svanito era lui.

Unpredictable|| Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora