Capitolo 4 pt. 1

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Un lieve filo di luce passava attraverso le tapparelle, arrivandomi dritto agli occhi, rendendo il mio risveglio quasi piacevole. Peccato che stessero facendo lavori nell'appartamento affianco al nostro e si sentisse un continuo trapanare, era quai comico.
Mi misi gli occhiali e mi guardai intorno ancora un po' stordita dal sonno.
Non ero una particolarmente ordinata, adesso più che mai camera mia mi sembrava uno schifo.
Avevo bisogno di ordine, almeno in camera mia.
I fatti accaduti il giorno prima ancora non li avevo assimilati del tutto.
L'unica cosa positiva era che non dovessi alzarmi presto per una settimana, la cosa negativa era che mia madre mi avrebbe tenuto il broncio per secoli e, pensando di farmi dispetto, sarebbe uscita tutti i giorni e tutte le sere, lasciandomi da sola e senza nulla da fare; Non che mi dispiacesse, però per due settimane di fila iniziava a diventare pesante.
Dopo un po' mi sembrava che i muri si stringessero sempre di più a me, facendomi mancare l'aria. Se c'era qualcun altro a riempire la casa quella sensazione se ne andava.
Mia madre non dimostrava per niente la sua età. Questo mi abbassava ancora di più l'autostima, perché io alla sua età non sarei mai stata bella, socievole e brillante quanto lei.
Io e mia madre eravamo due esatti opposti: lei si truccava, metteva abiti eleganti e femminili, su di lei i ricci creavano una perfetta armonia e il suo corpo aveva le forme giuste nei punti giusti.
Io non sempre mi truccavo, amavo le felpe di qualche taglia più grande rispetto alla mia, i miei ricci mi facevano sembrare una matta scappata da un manicomio, in piena notte, con una bufera in corso, e le mie curve erano nei punti sbagliati e di una grandezza abnorme.
Non poteva esserci paragone.
Perfino nelle nostre camere vi era una sostanziale differenza: la sua era pulita e perfettamente ordinata mentre la mia era un disastro, come me.
Non ci assomigliavamo nemmeno in quello.
In pratica eravamo come il bianco e il nero: due opposti, e fidatevi quando vi dico che non si attraggono tra loro, perché sono troppo diversi per stare insieme, troppe differenze, troppi modi di pensare differenti.
Litigherebbero in continuazione e ciò non si può certo definire attrazione.
Da bambina mi immaginavo bella come lei e adesso dovevo ringraziare se alla sua età mi ci immaginavo, perché non sapevo per quanto avrei resistito qui.
Mi alzai dal letto e tirai su le serrande.
L'aria mi arrivò dritto in faccia dandomi una svegliata definitiva. La brezza Autunnale mi era sempre piaciuta, non era né troppo calda e nemmeno troppo fredda. Ma il clima che preferivo di più era quello invernale.
Amavo come il freddo mi accarezzava la pelle, facendomela accapponare.
Adoravo gli alberi spogli e le trade piene di pioggia o neve.
Mi piaceva vedere le persone stringersi nei loro cappotti e indossare i loro amati cappellini.
Un altro motivo per cui era tanto importante l'inverno per me, era quello di potermi sedere in un bar, prendere della cioccolata calda e rilassarmi.
Non aspettavo altro che quella stagione.
Mi faceva sentire più leggera, più tranquilla.
Durante quella stagione passavo i pomeriggi fuori casa, magari studiavo al parco o nella piazza sotto casa.
Mi sentivo bene.
Anche adesso che ero con dei pantaloni lunghi del pigiama e una semplice canotta nera, il freddo mi accarezzava facendomi rabbrividire numerose volte; Non c'era cosa migliore, mancava solo la musica.
Mi affacciai alla finestra per avere ancora un po' di quell'aria, respirando a pieni polmoni e appoggiando i gomiti sulla mansarda e poggiando il mento sulle mani che avevi unito in un pugno.
Abbassai lo sguardo e mi soffermai a guardare un gruppo di ragazzi che camminavano nella via senza rivolgersi una parola, senza nemmeno guardarsi in faccia.
Guardavano solo quello stupido cellulare e continuavano a smanettarci come dei dannati, magari un giorno gli sarebbero caduti i pollici.
Fortunatamente io non sono una di quelle ragazze che non vive senza telefono, però, credo che grazie a questa assurda invenzione, i ragazzi che non hanno una vita facile o che vengono emarginati dalla società possano costruirsi un piccolo giro di amicizie grazie ai social network...
Io non ho mai avuto un'opportunità così, ma penso che avere persone che ti vogliano bene o che ti ammirino, conoscendoti solo da piccole parole, sia stupendo e ti faccia sentire in qualche modo speciale.
Alcuni si creano blog, dove si sfogano dei propri problemi e dove, a volte, ricevono perfino dei consigli.
Anche se le persone che li forniscono potrebbero farsi gli affari propri, decidono comunque di aiutarli. È molto bello.
Io stessa seguo persone del genere e non posso fare a meno di ammirarle perché, nonostante tutto, sono riusciti ad emergere in qualcosa che gli riesce bene trasmettendo ai loro ""ammiratori"" un messaggio (almeno a me sembra):
"Hey io sono qui, ti capisco".
Può sembrare patetico il fatto che io trovi rifugio nei social, che mi senta compresa solo attraverso persone che non sanno nemmeno della mia esistenza, però è così e mi fanno sentire bene, nel loro piccolo.
Io in questo posto non c'entro nulla e vorrei solo trovare qualcuno che non giudichi dalle apparenze, a cui non importa l'anno in cui sono nata, il modo in cui mi vesto o di che ceto sociale sono. Vorrei qualcuno che sappia andare oltre a tutte queste piccole, ma grandi cose.
Grazie al cielo esistono ragazzi con un cervello sano e non appannato da tutte le cavolate e i pregiudizi che girano in questo periodo.
Io non ne ho incontrati di persona, ma so che ci sono, per fortuna.
Il rumore del citofono mi portò via dai miei pensieri.
Chi poteva essere a quel ora?
Svogliatamente, mi allontanai dalla piccola finestra, per poi avvicinarmi al citofono e parlare.
Mi appoggiai al muro e portai la cornetta bianca all'orecchio.
-Chi è?- La risposta non arrivò subito così ripetei la domanda, pensando che chiunque ci fosse dall'altra parte non mi avesse sentita, ma anche questa volta non ricevetti risposta.
Stavo quasi per andarmene via dal citofono quando finalmente sentii una voce.
-Siamo Cindy e Michael-
No.
-Siamo qui perché tua madre e io volevamo parlarvi, riguardo alla questione delle vostre azioni di bullismo su Jessica.- Continuò la donna, con tono evidentemente irritato.
Sentii un borbottio da parte di Michael ma ero troppo stordita per capire che cosa avesse detto.
Ricordavo chiaramente che Jessica e Cindy fossero molto legate.
La cosa non mi mi stupiva e tantomeno infastidiva. Due arpie sarebbero andate sempre d'accordo.
Io, invece, non le sono mai piaciuta, ma almeno si trattenne con il suo disprezzo nei miei confronti dopo quello che era successo a mio padre.
Jessica non aveva avuto pietà.
Non avrei fatto la gentile.
Se non porta rispetto a me perché io dovrei portarne a lei?
Sinceramente mi è indifferente l'età di una persona. Il rispetto reciproco è alla base di ogni rapporto, amore, odio o amicizia che sia.
-Certo, terzo piano, porta a destra.- Dissi atona.
Mi voltai verso camera mia; Era proprio davanti la porta d'ingresso, che avevo lasciato aperta per poter sentire quando sarebbero stati vicini.
Era inevitabile: avrebbero visto tutto lo schifo che c'era dentro, visto che la porta non si chiudeva bene e mia madre non si decideva a farle fare una ricontrollata.
Dal momento che ero in pigiama e che la mia camera faceva davvero pena, avvisai mia madre che da lì a poco sarebbero arrivati Cindy e Michael e che mi sarei messa qualcosa di decente addosso.
Non le diedi nemmeno il tempo di controbattere che schizzai in camera mia, bloccando la porta con lo zaino pieno di libri.
Aprii il sacchetto di plastica (che avevo preso in cucina, mentre avvisavo mia madre) e iniziai a buttarci dentro tutto quello che c'era per terra: dai mozziconi, ai vestiti alle cartacce di cewing-gum.
Una volta finito chiusi il sacco con dello scotch e lo riposi dentro l'armadio.
Quando sentii dei passi salire le scale mi affrettai a prendere una scopa e un palettino, per togliere un po' di polvere da per terra.
Poi presi dei leggins neri e una maglia degli Arctic Monkeys del medesimo colore, li indossai e uscii dalla mia camera.
Avevo sentito la porta d'ingresso chiudersi, quindi potevo dare inizio alle danze.
Quando arrivai in cucina trovai quattro piatti pieni di pasta.
Che ora era?
Notando il mio sguardo dubbioso Cindy mi disse, con un tono secco e duro: -Sono le 13:30- squadrandomi da testa a piedi più volte.
Qual è il suo problema?
-C'è qualche problema, Cindy?- Dissi con la voce che tremava dal nervoso, che cercai di mascherare con una faccia rilassata e cercando di creare un tono di voce tranquillo.
-In realtà sì.- Ribadì la bionda tinta.
Perfetto. Ora inizia con la romanzina, insieme a mia madre.
Se il buon giorno si vede dal mattino oggi è proprio una giornata orribile.
Mia madre si sedette capo tavola e mi fece cenno di fare lo stesso. Seguì ciò che mi aveva segnalato. Io e lei eravamo l'una di fronte l'altra.
Mi sedetti e mi misi a gambe incrociate sulla sedia, guadagnandomi un occhiataccia da entrambe le donne. Sì, le stavo stuzzicando.
-Michael mi ha detto che tu e Jessica avete avuto da ridire. E che siete finiti dal preside.- Guardai il ragazzo con i capelli arruffati.
Come poteva essere cambiato in così tanto tempo? Non solo esteticamente ma anche caratterialmente, e non in entrambi i casi in positivo.
-Sono rimasta molto delusa quando il preside mi ha chiamata, sai?- Iniziò mia madre. -Mi hai proprio delusa. Capisco che tu stia attraversando un periodo in cui pensi solo ai ragazzi, a divertirti e alle feste. Posso anche capire che tu ti comporti così con i professori solo per attirare tutta l'attenzione delle persone a te, lo facevo anche io alla tua età, ma picchiare una tua compagna insieme a Michael è stato davvero... Ecco non trovo la parola giusta, ma sappi che non mi è piaciuto il tuo comportamento.-
Inutile dire che, dopo aver ascoltato ciò che aveva detto mia madre, le risposi.
-Io sarei quella che pensa sempre alle feste e ai ragazzi? Dici sul serio mamma? Possibile che tu non abbia ancora capito che a me non importa nulla delle feste, non mi importa nulla dei ragazzi, perché tanto non mi accettano! Ovunque io vada, qualunque cosa io faccia, non piace e non piaccio alla gente! Per ciò ho smesso di provarci!
Mamma, io non esco con i miei amici, io non vado a nessunissima festa! Ma giustamente questo tu non puoi saperlo visto che sei sempre fuori casa.
E poi davvero pensi che io possa picchiare qualcuno? Davvero pensi che, dopo tutto quello che ho passato, abbia ancora la forza di reagire? Sei fuori strada mamma. Non capisci nulla.-
Ero sorpresa quanto loro delle mie parole. Dopo quella piccola confessione mi sarei aspettata comprensione, invece scatenai l'esatto opposto.
-Brenda Tatiana Lalota, smettila di fare la vittima. Non lo sei, non solo tu hai sofferto. Forse dimentichi che tuo padre era anche mio marito, l'uomo che ho amato per ventitré anni della mia vita e non ti permettere più di rivolgerti a me così quando ci sono ospiti!-
Non potevo lasciare la questione in sospeso, mio padre soffriva molto per quello che aveva fatto mia madre, nonostante lei non fosse a conoscenza del sapere di mio padre, ed era dura vederlo triste.
Voleva giocare sporco? Bene, ero più brava di lei in quelle cose.
-L'uomo che hai amato? Sul serio mamma? Pensi che non sapesse delle tue scappatelle romantiche con il tuo amante? Com'è che si chiama?-
Mia madre sbiancò mentre Michael e Cindy erano sempre più attenti alla nostra litigata.
Non avevo intenzione di risparmiarle nulla.
Se per colpa sua avevo perso tutto, allora anche lei doveva perdere ogni singola cosa.
-Mmmh, aspetta fammici pensare un po' su...-
Serrò la mascella mentre nella mano stritolava il pane.
-Cindy, penso che tu voglia saperlo.- Dissi con un piccolo ghigno sul volto.
Le persone intorno a me mi fissarono così attentamente che temetti di potermi disintegrare sotto i loro occhi.
La bionda unì le mani in un pugno, poggiò la testa su di esso e spostò i gomiti sul tavolo.
-Continua.-

Unpredictable|| Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora