Aria

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Camminavo ininterrottamente per la stanza, avanti e indietro e in cerchio e avanti e indietro. Mantieni la calma. Respiravo profondamente per non perdere quel briciolo di sanità mentale che mi rimaneva, ma ogni mio sforzo era vano. Cosa potevo fare?
Fissai la parete della libertà, vedevo ancora la vita che avevo immaginato. Non so cosa mi attraversò in quel momento, ma cominciai a camminare a passo spedito verso la sala comune.
La mente offuscata, i piedi veloci, il respiro forte.
Tutto rimbombava dentro di me.
Doveva essere lì.

La poltrona vuota.

No!

Mi affrettati a tornare in camera.
Pensa Cassandra, pensa.
Magari non avrebbe detto nulla, magari non aveva nemmeno sentito, magari non gliene fregava niente.

Respira.

Arrivò la sera e, nonostante tutto, io dovevo attuare il piano: o adesso o mai più e, sinceramente mai più era un tempo troppo lungo.

Non portai dietro nulla, per stare più leggera. Mi assicurai che non ci fosse nessuno. Come previsto, nessun infermiere in circolazione. Scesi le scale facendo attenzione a non fare il minimo rumore. Arrivai in cucina.
Lo sapevo! Ecco la porta. Avevo la mano sulla maniglia e il sorriso stampato in faccia. Concentrati. Aprii la porta senza farla cigolare.
Un piede fuori. O mio Dio. Anche l'altro. Ci siamo quasi. Respira. Richiusi la porta dell'Inferno.

Aria

ARIA.

Iniziai a correre. Veloce. Eccola! Eccola! La libertà! Piangevo e correvo insieme, le braccia allargate come ali,  libera, urlai a pieni polmoni, e ancora, e ancora e ancora sempre più forte!

Urlai.

Troppo forte.

La sicurezza dell' ospedale mi aveva sentito.
Corsi più velocemente. Ma dov'era Vanda?! VANDA! Gridai il suo nome più e più volte, ma niente, lei non c'era.
Mi sentii afferrare le ali. Una presa forte, decisa, fa male, "Lasciatemi! LASCIATEMI!"
Non mi lasciarono.
La stessa Aria che mi aveva dato la spinta per volare, adesso, mi soffocava.

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