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È incominciata così la mia storia, nei pressi di Denver nel Colorado, con la mia adorabile è matta mamma.
Ero triste di lasciarla, non mi ero mai separata da lei e dal suo nuovo marito Jhon.
Ma era ora di cambiare aria, di tornare alla mia vecchia vita. Di migliorare le mie arti culinarie, è fare il nuovo lavoro di giardiniera, dopo tutto ho sempre amato la terra.
Be era ora di andare.
(Mi raccomando stai attenta) mormorò mia madre stringendomi e trattenendo le lacrime.
Per lei era difficile starmi lontano. Lasciarmi andare.
(Mamma questo non è un addio è un arrivederci) dissi rassicurandola. Era una donna forte. Ma non abbastanza da lasciarmi andare. Diceva che ero ancora la sua bambina.
(Lo sò, ma non averti più sotto lo stesso tetto è orribile. Come farai sè...) non gli diedi il tempo di finire perché faceva male. Non mi era mai piaciuto sentirla triste. Parlare in negativo. Pensavo sempre che quello che le madri prevedevano in positivo o negativo era sempre la verità. O che mi sarebbe accaduto qualcosa di orribile. Oppure di bello.
(Mamma starò bene) dissi con tono felice. E gli vidi sbucare un sorriso di sicurezza finalmente.
(Papà prenditi cura della mamma. Conto su di te) dissi con nostalgia di lasciare anche lui. Jhon era meraviglioso.
(Promesso) Jhon per me era come il mio vero padre da sempre contavo su di lui. Mi aveva trattato sempre come se fossi davvero sua figlia.
Credevo che oltre a lui non avrei mai trovato nessuno che potesse sostituirlo. Perché era speciale un uomo che trattava tutti come della famiglia. Era un uomo che amaca fare bel bene. Essere qualcuno che avrebbe potuto aiutare.
(Ti voglio bene papà) dissi felice di pronunciare papà. Era insostituibile mi aveva insegnato tutto. E aiutato a essere come lui. Mi ritornarono in mente alcuni ricordi che non pensavo potessero farmi sentire triste e nostalgica. Ancor prima di partire.
Li salutai un ultima volta, con un ultimo abbraccio. Non avevo intenzione di salutarli in aereo porto perché sarebbe stato faticoso ancora di più lasciarli.
E alla fine andai via all'aeroporto di Denver. Cercando di sorridere almeno un po. Anche se pensavo sarebbe stato abbastanza difficile.

Ma invece non fu così...

Arrivai all'aeroporto di Seattle nello stato di Washington, stavo per scendere dalle scale mobili, con le mie piccole valigie. Tra ke mani. Non pensavano molto. Per fortuna.
Vidi Christin aspettarmi con impazienza. Mi vide scendere ed era entusiasta. Osservai il suo abbigliamento, era sul casual. Pantalone di jeans, scarpe sportive, maglietta bianca e una felpa verde militare. Non era dal lei vestirsi in quel modo forse stava per fare tardi. O provava qualcosa di innovativo. Nuovo.
Mi venne incontro abbracciandomi bruscamente. Era diventata più forte di me. Che stano. Pensai.
(Christin mi fai male) dissi cercando di liberarmi dalla sua stretta solida. Forte.
(Ah, scusami. Andiamo!) e mi lasciò cercando di sistemarsi i capelli.
(Certo) mi sistemai anch'io i capelli che si era sconbinati dalla abbraccio troppo forte. E per tutto il viaggio un po strano.
(Ci aspetta il taxi) mi tirò con forza dal braccio destro per arrivare al taxi. Per non perderlo.

Quando entrai nel taxi, mi affaciai un pò al finestrino. Cercando di cogliere alcune immagini di ciò che mi circondava. Non credevo ai miei occhi, che grattacieli. La gente che aspettava che scattasse il semaforo verde, per passare. Il traffico che infastidiva la gente. Per chi andava di fretta. O per chi era annoiato. O i lampioni grandi che di tarda serata illuminava quella città, tra il mare e le strade asfaltate. Pensai. Mi sentivo un po come se tutti quegli anni, anche se pochi passati in quella città chiamata Seattle. Fossero stati cancellati o appena visti. Come se non ci fossi mai stata.
Non credevo che mi mancasse cosi tanto Seattle, aprii il finestrino ancora di più, mi affacciai a guardare meglio ciò che davo per scontato da bambina. O non mi rendevo conto di quanto potesse essere bello. L'infanzia e il regno in cui nessuno pensa alla morte ma solo al mondo bello che non esiste. Cercai di pensare a qualcos'altro. 
(Christin quanto tempo, mi sei mancata) dopo tutto anche Christin era un po cpme una famiglia per me. E finalmente, felici di essere di nuovo lì tutte  due insieme, dopo tanti anni di lontananza era arrivato di nuovo il momento di stare insieme.
Non mi sembrava vero.

Un Amore IncomprensibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora