- 13 -

495 21 17
                                    


Quel giorno stesso le cose tra Michael e Federico precipitarono.

Avevano pranzato in silenzio e raramente i loro occhi si erano incontrati. Michael - dopo aver lavato i piatti - sedeva sul divano con una leggera coperta sulle gambe e il computer portatile poggiato su di essa. Era concentrato sulle note musicali quando uno smartphone piombò sulla tastiera del suo MacBook. Michael alzò lo sguardo verso un Federico irato, poi osservò il display del telefono del suo ragazzo che segnava un numero sconosciuto. Non aveva bisogno di chiedergli a chi appartenesse quel numero, sapeva benissimo che era quel Marco Castoldi o Federico non si sarebbe comportato in quel modo.

«Rispondi» gli ordinò il tatuato.

«No.»

«Ti ho detto di rispondere» insistette Federico, ribadendolo lentamente e con rabbia.

Michael non si aspettava che Federico si comportasse così. In quegli attimi al posto della figura del suo ragazzo vide invece Danny. Sì, si stava comportando esattamente come avrebbe fatto lui, e il riccio fu assalito da una profonda tristezza. Poi la rabbia si fece spazio dentro di sé, allora poggiò il computer sul divano e schizzò in piedi.

«No voglio, Federico, lasciami in pace! Io non ho fato niente, perché ti comporti così?»

Pronunciò le parole con sempre maggior agitazione. Federico restò in silenzio per dei minuti, forse riflettendo sulle ragioni del riccio oppure aspettando che la rabbia sbollisse un po'.

«Ok, va bene» pronunciò senza esserne completamente convinto. «Ma se quel tipo ti dà fastidio al bar devi dirmelo, ok?»

Michael si addolcì e annuì rapidamente, permettendo alla sua massa di boccoli di scuotersi su e giù.


Quella sera al bar Michael sperò davvero che Marco non si facesse vivo. Per la sua sanità mentale, prima di tutto. E invece l'uomo entrò tranquillamente nel locale, seguito dagli stessi amici della volta precedente - Andrea, il biondino e quella sorta di hipster. L'espressione sul volto di Marco mutò non appena vide Michael dietro il bancone: se prima era tranquilla e rilassata, dopo averlo visto sul suo viso si aprì un sorriso malizioso - quasi un ghigno. Il riccio deglutì a fatica e tentò di concentrarsi su altro.

Ovviamente non passò molto prima che Marco si avvicinasse al bancone, con la scusa delle ordinazioni.

«Ciao, Michael.»

«Ciao» salutò freddamente.

«Senti, ci porti quattro Tennent's alla spina?»

Il riccio annuì senza guardarlo e scrisse l'ordinazione su un foglietto. Poi si voltò per spillare la prima birra e quando si rigirò verso il bancone notò che Marco era ancora lì.

«Le porto io al vostro tavolo» gli disse, sperando che questo lo avrebbe fatto allontanare.

«Lo so» concluse lui ridendo leggermente. «Non posso stare qui?»

«S-Sì, certo» balbettò leggermente Michael.

Marco lo trovò adorabile. Come lo avrebbe trovato chiunque, d'altronde. E poi sapere che quel ragazzo era già fidanzato era un altro elemento dannatamente eccitante, per lui - come se il suo visetto angelico e quegli occhioni non lo fossero già abbastanza da fargli desiderare di scoparselo il prima possibile.

«Allora... ieri parlavamo di musica» cominciò Marco accendendosi una sigaretta. «Ti va di venire a casa mia per ascoltare qualcosa?»

La pazienza di Michael aveva un limite e quel limite fu superato tutto d'un tratto, con quella frase. Non era colpa di Marco, certo, quella era solo una richiesta innocua - forse - ma il riccio aveva accumulato troppo stress per quella storia, e perciò sbottò. Poggiò poco delicatamente l'ultimo boccale di birra sul vassoio e sbuffò esasperato.

Potremmo respirare sott'acqua {Midez, AU}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora